Pisa va alle origini del «Don Giovanni»
Al Verdi «L’empio punito», coloratissimo e rock
Se non ci fosse stata l’opera di Mozart e Da Ponte la figura di Don Giovanni non sarebbe probabilmente entrata nella sfera del mito, ma è anche vero che il loro Don Giovanni rappresentò l’esito sommo di una lunghissima tradizione. La prima incarnazione musicale di quel mito fu L’empio punito, opera in tre atti data a Roma nel 1669; soggetto e libretto di Pippo Acciaiuoli, natali romani ma nobile schiatta fiorentina, e musica di Alessandro Melani, pistoiese, appartenente a una famiglia allora ben nota di musicisti (il fratello Jacopo scrisse Il Podestà di Colognole, l’opera che inaugurò, nel 1657, il Teatro della Pergola di Firenze). La vicenda è, in sostanza, quella nota: cambiano intreccio e nomi (il protagonista si chiama Acrimante, Bibi è il suo servo, Tidemo è l’antenato del Commendatore), ma in scena ci sono il banchetto funesto (con tanto di sei statue-commensali) e lo sprofondare negli inferi di Acrimante. Opera dalle forme e dai contenuti tipicamente barocchi, L’empio punito torna ora a rivivere sulle scene come opera inaugurale della stagione del Teatro Verdi di Pisa, a 350 anni da quella prima rappresentazione (12 ottobre ore 20,30, il 13 ore 15,30): ne sono protagonisti l’orchestra Auser Musici e il suo direttore Carlo Ipata, il regista Jacopo Spirei, che firma lo spettacolo con le scene e i costumi di Mauro Tinti e il disegno luci di Fiammetta Baldiserri, e un cast che annovera le voci importanti del controtenore Raffaele Pe (Acrimante), di Raffaella Milanesi (Atamira), Roberta Invernizzi (Ipomene), Giorgio Celenza (Bibi) e Alberto Allegrezza (Delfa); con loro, i giovani cantanti vincitori del bando «Accademia barocca». Il nuovo allestimento, coprodotto con l’Associazione Teatrale Pistoiese (il 19 ottobre sarà presentato a Pescia), è la prima parte di un percorso dedicato alla figura di Don Giovanni e che culminerà, nel gennaio 2020, nella proposta del noto capolavoro di Mozart. «È un progetto che coltivo da 10 anni — dice il maestro Ipata — e completa, dopo Il Girello di Jacopo Melani, il percorso intrapreso con Auser Musici sull’opera fiorentino-romana degli anni ’60 del ‘600». In un ironico video che circola su YouTube, il direttore artistico della stagione lirica pisana Stefano Vizioli chiede perdono per aver scelto lo sconosciutissimo Empio punito, e ancor di più per proporlo in una veste «colorata, moderna, rockettara». L’empio è una «commedia surreale», dice il regista Spirei, e ha «una teatralità in fondo vicinissima a noi: anche per questo abbiamo deciso di utilizzare metodi tecnici del teatro del ‘600, con scene dipinte ed elementi bidimensionali, però trasportandoli all’interno di una sensibilità schiettamente contemporanea, con suggestioni che vanno dall’arte contemporanea al cinema fino alla comicità e poesia surreale dei Monty Python. Il nostro Acrimante, una specie di barone di Munchausen bello e dannato, ci porterà all’inferno ma facendoci ridere e divertire».
Dal ‘600 a oggi «Una commedia surreale con una teatralità molto vicina a noi»