DUE SIGNIFICATI DIETRO LA SCELTA
(p.e.) Finalmente la nomina è arrivata: gli Uffizi possono ricominciare il cammino sotto la guida di Eike Schmidt che il ministro Franceschini ha confermato alla direzione del più importante museo italiano. È una decisione arrivata dopo una lunga stagione di incertezza, di ordini, contrordini e qualche sbandamento.
Il ritorno ai Beni culturali del padre della riforma ha rimesso un po’ di ordine in un panorama che l’infelice stagione del ministro Bonisoli aveva sconvolto con la controriforma che aveva azzerato i consigli di amministrazione dei grandi musei e tolto autonomia ad alcuni di essi, come la Galleria dell’Accademia, accorpata per poche settimane proprio agli Uffizi. Ora si torna alla situazione precedente. E in questo contesto la permanenza di Schmidt a Firenze ha due significati. Innanzitutto è il riconoscimento del lavoro da lui svolto, che critiche pregiudiziali (e interessate) hanno cercato di sminuire fin da subito. Le parole di apprezzamento rivolte in più occasioni a Schmidt da un uomo della statura di Antonio Paolucci confermano l’inconsistenza di chi ha dipinto il direttore degli Uffizi come un manager tutto sbilanciato sul fronte del marketing a svantaggio della tutela del patrimonio culturale. Miserie. La conferma di Schmidt suona poi come una spinta ad andare avanti sulla strada tracciata, con coraggio e determinazione. C’è da completare il nuovo allestimento del Corridoio Vasariano che Schmidt ha voluto liberare dai ritratti per restituirlo alla sua funzione di collegamento tra i palazzi del potere mediceo, aprendolo alla città, e poi c’è da portare avanti l’impresa delle imprese: i Nuovi Uffizi, nonché la costruzione della pensilina di Isozaki all’uscita di piazza del Grano. Se Schmidt riuscisse a liberare il piazzale dalla gigantesca gru che compete in altezza con la Torre d’Arnolfo meriterebbe un monumento. Auguri.