Corriere Fiorentino

ORGOGLIO GAY VIA AL QUEER FESTIVAL

Cinquant’anni di diritti, lotte, sfide sociali e politiche alla rassegna fiorentina Si inizia stasera con il film «The Spark» di Benoît Marocco sulle origini del «Pride» In programma anche il biopic su Mapplethor­pe. Proiezioni e mostre fino al 20

- Marco Luceri

Pensare a tutto quello che non puoi lasciarti indietro. Sembra essere questo lo spirito che anima la diciassett­esima edizione del Florence Queer Festival (da oggi al 20 ottobre al cinema La Compagnia), la tradiziona­le kermesse diretta da Roberta Vannucci e Bruno Casini dedicata ai film e alla cultura visiva lesbo, gay, bisex, e transgende­r. Già, perché molti sono i titoli che cercano di ricostruir­e una storia che forse più di altre ha bisogno oggi di una sua sistematiz­zazione, come dimostra il bel piglio con cui il regista quarantenn­e Benoît Marocco (sarà presente in sala) ha ricostruit­o le origini del «pride» in The Spark, il film che apre il festival: è la storia della rabbia dei clienti dello «Stonewall Inn», un bar gay a New York; è qui che ha tutto avuto inizio nel 1969 ed è il punto di partenza per raccontare cinquant’anni di lotta per l’uguaglianz­a, i diritti e l’amore; la storia della lotta del movimento Lgbto+ dal 1969 a oggi, che dopo gli scontri a Stonewall si trasformò in una lotta militante, che da New York si diffuse poi in tutto il mondo. E sempre la Grande Mela — sporchissi­ma e undergroun­d come quella del Joker con Joaquin Phoenix – è lo scenario in cui è ambientato il biopic dedicato a Robert Mapplethor­pe, famoso per i suoi scatti di nudi in black&white, scomparso giovanissi­mo nel 1989 per colpa dell’Aids, ma non troppo tardi per trasformar­e il suo lavoro in leggenda, anche grazie ai suoi sodali, da Patti Smith a Andy Warhol, che dal mitico Chelsea Hotel (ancora al 222 sulla 23esima a Manhattan, anche se ora è un tristissim­o luxury hotel) lo fecero volare nell’empireo delle star maledette. Dalle strade alle pagine scritte: in

Vita e Virginia riscopriam­o una grande scrittrice della modernità Virginia Woolf nella celebrazio­ne audace di un legame sentimenta­le non convenzion­ale che portò due donne a sfidare impenetrab­ili barriere sociali pur di poter stare insieme (nel cast Gemma Arterton), e il cui amore trovò sublimazio­ne nel romanzo Orlando (1928). Giusto allora l’accosta

mento a The Archivette­s, documentar­io sulla nascita del Lesbian Herstory Archives, il più grande archivio al mondo sulla storia e cultura lesbica: racconto di una squadra di volontarie che per 40 anni si sono dedicate alla raccolta e all’archiviazi­one di informazio­ni e notizie sul tema per sconfigger­e la paura dell’oblio. A chiudere il cerchio — con uno sguardo alla nostra città — la mostra curata da Bruno Casini e Luca Locati Luciani, Over the

Rainbow 1969-1989. Vent’anni di clubbing e culture Lgbt+ da New York a Firenze, che attraverso riviste, foto e memorabili­a, ricostruis­ce il possibile rapporto di connession­e tra i movimenti di Stonewall Inn e i gruppi di lotta fiorentini.

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Gallery Dall’alto: «Mapplethor­pe» di Ondi Timoner, «Vita e Virginia» di Chanya Button e una delle immagini della mostra «Over The Rainbow» a cura di Bruno Casini e Luca Locati Luciani

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