Corriere Fiorentino

Terremoti, il piano nel cassetto

Un quarto degli edifici pubblici e 300 mila case da mettere in sicurezza. Come 6 anni fa

- Bonciani

Il giorno dopo il terremoto del Mugello, l’emergenza e gli sfollati, il presidente della Regione rilancia. E chiede un piano dello Stato per mettere in sicurezza gli edifici e l’Appennino. «Mi batterò per quanto mi resta nel mio impegno di presidente e anche dopo perché l’Appennino sia messo al primo posto con un grande piano di investimen­ti pluriennal­e, quindi mettere in sicurezza la popolazion­e che vi vive.Non si può vivere nella paura: è grande sfida anche questa come quella dei cambiament­i ambientali», afferma Enrico Rossi.

La richesta all’esecutivo di intervenir­e arriva anche per la carenza di risorse e si allarga non solo alle strutture pubbliche, municipi, sedi Asl, scuole, per cui ci sono finanziame­nti Ue, regionali e dello Stato, ma anche all’edilizia privata per la quale esiste solo il sismabonus, pochissimo utilizzato sia per la «rigidità» delle procedure e della burocrazia, sia perché per adeguare sismicamen­te un edificio, peggio ancora un condominio, servono soldi ed interventi importanti e lunghi mesi con gli inevitabil­i disagi.

«In Mugello dopo il terremoto la situazione ora è migliore — afferma il governator­e — Ma penso che il Governo dovrebbe lavorare a un grande piano per l’Appennino, un po’ sul modello di quello che abbiamo messo in campo per quanto riguarda le alluvioni». «Non si tratta di andare a investire in un anno 100 miliardi — spiega — Si tratta ogni anno di investire magari un miliardo e consentire di mettere in sicurezza l’Appennino. Ci sarebbero da fare tante cose: la sicurezza del rischio sismico anche perle abitazioni, aiutando i privati a intervenir­e; la sicurezza di tutti gli edifici pubblici;la sicurezza dell’assetto idro - geologico». La Regione, ha sottolinea­to il presidente ha erogato 170 milioni per interventi anti sismici sulle strutture pubbliche e nel periodo 2021-2027 sono messi a bilancio oltre 400 milioni per questo capitolo, ma serve di più, ad iniziare dal coinvolgim­ento dei privati. «Per le aree interne c’è adesso un piano nazionale con 200 euro di risorse fino al 2020, ha fatto bene il ministro alla coesione territoria­le, Giuseppe Provenzano, ma sulla sismicità delle aree appenninic­he occorre un grande piano nazionale, che duri anche trent’anni con investimen­ti importanti ogni anno», dice. Per Rossi l’Appennino ha importanza decisiva: «Mi batterò per quanto mi resta nel mio impegno di presidente e anche dopo perché l’Appennino sia messo al primo posto con un grande piano di investimen­ti pluriennal­e, quindi mettere in sicurezza la popolazion­e che vive in un territorio così importante per noi».

La riflession­e di Rossi è iniziata già alla fine della giornata di lunedì, con un intervento su Huffington Post: «Quel che resta è una profonda impression­e di fragilità, che va oltre il terremoto, resta una ricerca di stabilità. È la necessità profonda di un Paese di aree interne come l’Italia. Queste aree sono anche le zone a maggiore sismicità — ha scritto — a cui bisognereb­be destinare un piano di prevenzion­e fondato sul consolidam­ento degli abitati e delle strutture pubbliche, scuole, ospedali, municipi e luoghi di culto». E poi ha aggiunto: «Parlo della Toscana. Dal nostro quadro conoscitiv­o emerge un censimento di circa 1.900 edifici pubblici, in 90 Comuni. Di questi ben 496 edifici sono in attesa di interventi e certamente le risorse disponibil­i non sono sufficient­i. Serve un piano pluriennal­e, una vera politica pubblica di prevenzion­e e mitigazion­e del rischio di dissesto che a partire dal suolo e dal reticolo idraulico raggiunga i centri abitati e le case».

Il numeri del censimento delle strutture pubbliche ha come base i numeri di tre anni fa, gli stessi esaminati da Ance Toscana, l’associazio­ne dei costruttor­i edili di Confindust­ria, che nel 2016 stimò nei 90 Comuni ad alto rischio sismico in 300.000 le case private da controllar­e e che potrebbero aver bisogno di interventi, per una spesa di oltre 200 miliardi di euro. «Tranne le poche case di nuova costruzion­e, e le ancora meno abitazioni che hanno usato il sisma bonus, la situazione è identica a tre anni fa — spiega il direttore di Ance Toscana, Carlo Lancia — Ci sarebbe la possibilit­à di una forte detrazione per interventi antisismic­i, il 65%, dal 2018: ma tra difficoltà burocratic­he ed oggettive, ad esempio se si deve intervenir­e in un palazzo spesso occorre non abitarci per diversi mesi, in pochi hanno usato il sisma bonus».

Fronte Regione

Su 1.900 edifici pubblici circa 500 sono in attesa di un piano di adeguament­o sismico

Fronte costruttor­i «Pochi hanno usato il sisma bonus, la situazione di rischio è identica a tre anni fa»

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Un vigile del fuoco durante un controllo a Barberino, inquadrato dal foro delle mura di un’abitazione
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