La notte in Mugello tra paure e brandine «Si riparte da zero»
Tra chi ha dormito nella palestra e nel ventre dell’autodromo. L’impegno dei volontari
Una notte tra gli sfollati che hanno dormito nella palestra comunale o nel ventre dell’autodromo del Mugello. Sono stati allestiti oltre duecento posti letto per chi ha dovuto lasciare la propria casa per i danni della scossa di domenica notte.
Le mani di un bambino che custodisce geloso il proprio bicchiere di cioccolata calda. Barberino del Mugello, palestra municipale: l’avvicinarsi della sera accende brutti pensieri, fa riaffiorare incubi. Qui sono oltre 150 i residenti della zona rossa che hanno dovuto abbandonare le case rese inagibili dalla violenza del terremoto. Arrivano alla spicciolata: chi avvolto nelle coperte che si è portato dietro dalla notte precedente, quella della grande paura; chi con la mano serrata a quella del proprio figlio che cammina mentre stropiccia un occhio e sgualcisce il viso.
«Ora vi diamo qualcosa di caldo da mangiare: zuppa di farro, pollo con le verdure, biscotti. Non è come stare a casa, ma siete al sicuro e per qualunque cosa noi ci siamo», dice una ragazza della Misericordia a una coppia di anziani. Loro annuiscono, ringraziano. Poco più in là una donna si distende sulla brandina e fissa l’alto e robusto soffitto che custodisce la palestra.
«Bambini, c’è la cioccolata calda». A chiamare a raccolta i presenti è Rossella, compagna di Vincenzo, entrambi volontari. Si forma un capannello di persone: per un momento tutti i pensieri paiono svanire. Adesso i bambini sorridono, giocano. Ma sono attimi: il sopraggiungere della notte è una verità che non si fa ingannare. Pochi minuti prima delle 23 i neon della palestra vengono smorzati. Cala il silenzio, cresce la paura. Renzo chiama a raccolta il suo gruppo perché «c’è da riscaldare il tendone: sono in arrivo altre persone». È un lavoro di squadra incessante, una catena che coinvolge volontari giunti da Massarosa, Scarperia, Prato, Lucca, Pistoia. «Degli angeli», così li definiscono gli sfollati. Chi non dorme si è raccolto in piccole comitive: mentre all’orologio della palestra si susseguono i numeri di una notte infinita, c’è chi sussurra tutti i propri timori al vicino di branda: «Avevamo ristrutturato la casa da due anni: come faremo?», si interrogano Patrizia e Mauro. «Chissà quando e se ci daranno i contributi per ristrutturare», insistono due donne sospirando. Mentre Daniele rivive l’attimo in cui è «rimasto immobile: quando mi sono reso conto di cosa stava accadendo avevo già i calcinacci addosso. Non riuscivo a scappare, ero terrorizzato. Sono fuggito grazie a mia madre». La domanda che tutti si pongono è: «Quando potremo tornare a casa?». Una sacrosanta ossessione cui nessuno, però, sa replicare. «Dobbiamo capire cosa succederà da domani», insistono Salvatore e Daniele. «Stiamo pensando di ripartire da zero: l’unica cosa da fare sarà buttare giù la casa e ricostruirla», spiega Alfonso mentre scuote la testa. Tutt’attorno si sente il pianto di un neonato e, nell’ombra, s’intravede la madre che prova a rasserenarlo. Un altro piccolo è finito al Meyer: si è slogato una spalla durante la fuga dall’appartamento. Notte piena, arrivano altre quindici persone inizialmente orientate alla tensostruttura in allestimento a ridosso dell’azienda Rifle, dove decine di uomini della macchina dei soccorsi lavorano senza sosta.
Ci sono anche alcuni cittadini albanesi: il loro terrore è che si ripeta quanto accaduto pochi giorni fa a Durazzo, Thumane e Kurbin dove hanno perso la vita più di 50 persone. Sono quasi le quattro del mattino e nel paddock dell’autodromo altri centoventi terremotati hanno trovato riparo. Alcuni però dormono all’esterno, in auto: «Abbiamo provato, invano, a convincerli a entrare», spiegano, dispiaciuti, alcuni volontari di Firenzuola. Stesso discorso per l’esterno della palestra comunale. Il freddo punge fin sotto il cappotto e arriva alle ossa. Primi bagliori, la tensione si allenta. Il dottor Santangeli visita bambini e adulti, mentre il direttore della locale Sds Mezzacappa segue l’andamento delle cose. I volontari distribuiscono caffè, tè, cioccolata e biscotti. Niccolò, che lavora a Sesto, è già andato via da un paio d’ore. Altri si preparano ed escono.
Daniel, volontario di Capannori, rimane ad aiutare. Così come Francesco, volontario di Barberino che più volte, durante la notte, ha assistito chi aveva bisogno. Torna in lucchesia per il turno di notte in ambulanza Adriano: di giorno muratore, di sera volontario della Misericordia di Capannori e talentuoso imitatore che sognava Sanremo «ma il treno dei desideri non sempre lo si riesce ad acciuffare». Ma, a guardarlo negli occhi, il suo convoglio preferito è riuscito a prenderlo: si chiama volontariato. E lui, così come tutti gli altri, ci mette l’anima.
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Salvatore
Stiamo pensando di dover ricominciare tutto daccapo L’unica cosa da fare sarà quella di buttare giù la casa e ricostruire
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Angela
Ora vi diamo qualcosa di caldo da mangiare: zuppa di farro, pollo con le verdure, biscotti Non è come stare a casa, ma qui siete al sicuro