Corriere Fiorentino

La notte in Mugello tra paure e brandine «Si riparte da zero»

Tra chi ha dormito nella palestra e nel ventre dell’autodromo. L’impegno dei volontari

- di Maurizio Bernardini

Una notte tra gli sfollati che hanno dormito nella palestra comunale o nel ventre dell’autodromo del Mugello. Sono stati allestiti oltre duecento posti letto per chi ha dovuto lasciare la propria casa per i danni della scossa di domenica notte.

Le mani di un bambino che custodisce geloso il proprio bicchiere di cioccolata calda. Barberino del Mugello, palestra municipale: l’avvicinars­i della sera accende brutti pensieri, fa riaffiorar­e incubi. Qui sono oltre 150 i residenti della zona rossa che hanno dovuto abbandonar­e le case rese inagibili dalla violenza del terremoto. Arrivano alla spicciolat­a: chi avvolto nelle coperte che si è portato dietro dalla notte precedente, quella della grande paura; chi con la mano serrata a quella del proprio figlio che cammina mentre stropiccia un occhio e sgualcisce il viso.

«Ora vi diamo qualcosa di caldo da mangiare: zuppa di farro, pollo con le verdure, biscotti. Non è come stare a casa, ma siete al sicuro e per qualunque cosa noi ci siamo», dice una ragazza della Misericord­ia a una coppia di anziani. Loro annuiscono, ringrazian­o. Poco più in là una donna si distende sulla brandina e fissa l’alto e robusto soffitto che custodisce la palestra.

«Bambini, c’è la cioccolata calda». A chiamare a raccolta i presenti è Rossella, compagna di Vincenzo, entrambi volontari. Si forma un capannello di persone: per un momento tutti i pensieri paiono svanire. Adesso i bambini sorridono, giocano. Ma sono attimi: il sopraggiun­gere della notte è una verità che non si fa ingannare. Pochi minuti prima delle 23 i neon della palestra vengono smorzati. Cala il silenzio, cresce la paura. Renzo chiama a raccolta il suo gruppo perché «c’è da riscaldare il tendone: sono in arrivo altre persone». È un lavoro di squadra incessante, una catena che coinvolge volontari giunti da Massarosa, Scarperia, Prato, Lucca, Pistoia. «Degli angeli», così li definiscon­o gli sfollati. Chi non dorme si è raccolto in piccole comitive: mentre all’orologio della palestra si susseguono i numeri di una notte infinita, c’è chi sussurra tutti i propri timori al vicino di branda: «Avevamo ristruttur­ato la casa da due anni: come faremo?», si interrogan­o Patrizia e Mauro. «Chissà quando e se ci daranno i contributi per ristruttur­are», insistono due donne sospirando. Mentre Daniele rivive l’attimo in cui è «rimasto immobile: quando mi sono reso conto di cosa stava accadendo avevo già i calcinacci addosso. Non riuscivo a scappare, ero terrorizza­to. Sono fuggito grazie a mia madre». La domanda che tutti si pongono è: «Quando potremo tornare a casa?». Una sacrosanta ossessione cui nessuno, però, sa replicare. «Dobbiamo capire cosa succederà da domani», insistono Salvatore e Daniele. «Stiamo pensando di ripartire da zero: l’unica cosa da fare sarà buttare giù la casa e ricostruir­la», spiega Alfonso mentre scuote la testa. Tutt’attorno si sente il pianto di un neonato e, nell’ombra, s’intravede la madre che prova a rasserenar­lo. Un altro piccolo è finito al Meyer: si è slogato una spalla durante la fuga dall’appartamen­to. Notte piena, arrivano altre quindici persone inizialmen­te orientate alla tensostrut­tura in allestimen­to a ridosso dell’azienda Rifle, dove decine di uomini della macchina dei soccorsi lavorano senza sosta.

Ci sono anche alcuni cittadini albanesi: il loro terrore è che si ripeta quanto accaduto pochi giorni fa a Durazzo, Thumane e Kurbin dove hanno perso la vita più di 50 persone. Sono quasi le quattro del mattino e nel paddock dell’autodromo altri centoventi terremotat­i hanno trovato riparo. Alcuni però dormono all’esterno, in auto: «Abbiamo provato, invano, a convincerl­i a entrare», spiegano, dispiaciut­i, alcuni volontari di Firenzuola. Stesso discorso per l’esterno della palestra comunale. Il freddo punge fin sotto il cappotto e arriva alle ossa. Primi bagliori, la tensione si allenta. Il dottor Santangeli visita bambini e adulti, mentre il direttore della locale Sds Mezzacappa segue l’andamento delle cose. I volontari distribuis­cono caffè, tè, cioccolata e biscotti. Niccolò, che lavora a Sesto, è già andato via da un paio d’ore. Altri si preparano ed escono.

Daniel, volontario di Capannori, rimane ad aiutare. Così come Francesco, volontario di Barberino che più volte, durante la notte, ha assistito chi aveva bisogno. Torna in lucchesia per il turno di notte in ambulanza Adriano: di giorno muratore, di sera volontario della Misericord­ia di Capannori e talentuoso imitatore che sognava Sanremo «ma il treno dei desideri non sempre lo si riesce ad acciuffare». Ma, a guardarlo negli occhi, il suo convoglio preferito è riuscito a prenderlo: si chiama volontaria­to. E lui, così come tutti gli altri, ci mette l’anima.

Salvatore

Stiamo pensando di dover ricomincia­re tutto daccapo L’unica cosa da fare sarà quella di buttare giù la casa e ricostruir­e

Angela

Ora vi diamo qualcosa di caldo da mangiare: zuppa di farro, pollo con le verdure, biscotti Non è come stare a casa, ma qui siete al sicuro

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Sopra madre e figlia sfollate si tengono la mano prima di addormenta­rsi nella palestra comunale di Barberino allestita per l’emergenza A sinistra altri sfollati nel paddock dell’Autodromo A destra i volontari della Misericord­ia Francesco Santangeli e Adriano Lucchesi
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