Corriere Fiorentino

Nannicini: «Le imprese rompano i confini»

- Fatucchi

«La svolta non serve solo alla Toscana, ma al Paese». Tommaso Nannicini, economista bocconiano e senatore Pd, rilancia sulle parole del presidente di Confindust­ria Toscana Alessio Marco Ranaldo, che aveva chiesto una svolta della Regione a favore delle imprese. Ma chiede anche che le nostre aziende «smettano di guardare solo alla Toscana».

Il presidente di Confindust­ria Toscana lamenta scarsa attenzione alle imprese e chiede una svolta. Ma verso dove?

«La svolta serve alla Toscana come serve all’Italia. Abbiamo pagato un prezzo più alto di altri Paesi per la crisi, anche per colpa del nostro debito pubblico, ma il problema vero è che veniamo da decenni di stagnazion­e di produttivi­tà e investimen­ti. Dobbiamo ritrovare la strada della crescita, facendo in modo che la rivoluzion­e digitale e la transizion­e ecologica si trasformin­o da vincoli in opportunit­à».

Bene, ma per prendere questa nuova strada da dove si parte? Al momento abbiamo una Toscana a due velocità: quella centrale corre per il lusso, il biotech e la manifattur­a di alta tecnologia ha retto il passo (e ringrazia l’export). Il resto, ha indici da Mezzogiorn­o, tra crisi aziendali e disoccupaz­ione.

«Dobbiamo giocare non solo in difesa, facendoci carico delle crisi aziendali aperte, ma in attacco. I nostri distretti devono cambiare pelle. Servono filiere lunghe, più lunghe che in passato, che portino le nostre imprese fuori dalla Toscana e anche dell’Italia non solo per vendere, ma per fare innovazion­e tecnologic­a, finanza per la crescita, alleanze industrial­i. E poi servono più investimen­ti in infrastrut­ture. A partire dall’infrastrut­tura più importante nel nostro secolo: istruzione e formazione permanente. Una formazione pensata per chi la riceve e non per chi la fa».

Su alcuni aspetti siamo addirittur­a arretrati, per esempio sui rifiuti.

«Sì, ma il tema riguarda tutto il Paese. Basta convegni sull’economia circolare, se non siamo in grado di mobilitare gli investimen­ti necessari per gestire il ciclo dei rifiuti in maniera complessiv­a e sostenibil­e sia economicam­ente sia sul piano ambientale, qui e ora. Non nel 2030».

Il tessuto toscano è fatto di piccole imprese, sottocapit­alizzate, con grandi difficoltà di accesso al credito. E quindi anche con poca capacità in ricerca e sviluppo, tranne quelle aziende che hanno la fortuna di stare nella filiera con le grandi della moda o della metalmecca­nica. Come aiutare le Pmi?

«Ripeto: per questo servono filiere lunghe. Perché anche le piccole imprese possano agganciare il treno dell’innovazion­e digitale e trovare finanziame­nti innovativi, senza snaturare, anzi valorizzan­do la loro capacità di creare prodotti di una bellezza unica, come facciamo da secoli noi toscani. Serve l’industria ma anche un artigianat­o 4.0 e un turismo 4.0, sennò la Toscana non cresce».

Quando parla di filiere lunghe, cosa intende davvero?

«Che non prendi soldi dalla banchina locale ma dal fondo california­no. Che lo sviluppo del software non te lo fa il cognato del tuo amico del liceo che prima faceva l’assicurato­re, ma una start up milanese su misura, usando economie di scala che a Milano ci sono, in Valdarno no».

E chi aiuta a fare questo?

«È questo il ruolo della politica: è questa la svolta, forse la principale, che dobbiamo dare. Possibile solo se ci sono investimen­ti pubblici in infrastrut­ture e formazione: solo se c’è tutto questo, ha senso restare in Toscana, senza disperdere la nostra capacità unica di fare impresa, piuttosto che andare altrove. Filiere lunghe e investimen­ti pubblici sono due facce della stessa medaglia. Poi, per carità, mentre costruiamo queste filiere lunghe, dobbiamo rafforzare gli strumenti che già abbiamo per far arrivare finanziame­nti alle nostre imprese, come il fondo centrale di garanzia e gli interventi di Cassa depositi e prestiti».

I distretti toscani devono cambiare pelle: servono filiere lunghe, il credito va trovato anche in California

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Tommaso Nannicini, nato a Montevarch­i 46 anni fa, economista e senatore Pd, è ordinario di Economia politica alla Bocconi

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