«Una buona notizia per piazza San Felice»
Caro Direttore, dai tempi di Francesco Gucciardini si dice che i fiorentini ( e gran parte degli italiani) stanno attenti solo al loro particulare. La lotta per impedire che il degrado abitativo e la salvaguardia dei negozi e delle attività storiche di Firenze ha trovato nella difesa di Piazza San Felice un punto importante. Lo sfratto decretato, con molta superficialità, dalla magistratura giudicante fiorentina, della Farmacia Pitti, famosa farmacia granducale risalente al 1804, è stata l’occasione per costituire un’ampia alleanza civica contro la prepotenza di persone spregiudicate che come i responsabili delle società «Palazzo San Felice srl» hanno dimostrato di essere: diventati proprietari della farmacia e del palazzo sovrastante dove vogliono realizzare un albergo hanno prima detto al consiglio di Quartiere n.1 che la farmacia non l’avrebbero mai sfrattata e poi quando hanno creduto che l’opinione pubblica si fosse distratta hanno chiesto al tribunale di Firenze che sancisse lo sfratto. A Roma, invece, una analoga situazione si era determinata per il «Caffè Greco» e il tribunale della capitale quello sfratto non lo ha concesso . La lettera che ti ha inviato Lapo Baroncelli, e pubblicata sul Corriere Fiorentino il 15 dicembre, è degna di assoluta considerazione: Baroncelli, anche nella sua veste di vice presidente degli industriali fiorentini, si schiera dalla parte di coloro che vogliono difendere, al massimo possibile, la storia e l’habitat umano del centro storico di Firenze. Baroncelli è divenuto affittuario, per trent’anni, di un palazzo del demanio situato in Piazza San Felice accanto alla farmacia e al Caffè Bianchi. Baroncelli dice che il Caffè Bianchi, gestito dalla solita famiglia dal 1921, deve rimanere così com’è . Questa affermazione, accompagnata da una netta presa di distanza dallo sfratto propinato alla farmacia dei granduchi d’Asburgo-Lorena è un fatto molto positivo. Dopo l’importante presa di posizione di Confcommercio quella di Baroncelli, a nome suo ma anche degli industriali, apre un capitolo nuovo nella vita del capoluogo toscano: opposizione, da parte di coloro che hanno a cuore il bene comune, a qualsiasi forma di speculazione che distrugga l’identità di una città storica. Si è ribaltato il pensiero pessimista di Guicciardini ? Speriamo di si. L’importante è che alle parole seguano i fatti. Le grandi marce cominciano sempre con piccoli passi: e, però, è fondamentale non fermarsi. Oltre al comitato San Felice l’azione di Confcommercio e degli imprenditori fiorentini può diventare un punto di svolta e di rilancio a Firenze ed in Italia per contrastare la speculazione parassitaria sulle città storiche salvandole da una lenta ma sicura estinzione civica e culturale. Infine se Lapo Baroncelli vuole entrare nel comitato San Felice, come già avvenuto per la Confcommercio e Federfarma, ben venga. Caro Direttore il Corriere Fiorentino è stato il giornale che ha fatto finora da cornice a questa lotta contro il prepotente degrado che ha investito Firenze. E di questo te ne sono grato anche a nome del comitato San Felice. Speriamo che in Palazzo Vecchio non abbiamo perso di vista quel che è stato scritto sul tuo giornale.
Ogni convergenza nella battaglia per la difesa dell’identità di Firenze, o —meglio— di quel che ne resta, è importante. Tanto più se, come nel caso di Lapo Baroncelli, coinvolge forze vive della città. Ma lo scambio di lettere tra Giovanni Pallanti e il vice presidente degli industriali fiorentini. è un’occasione preziosa per ribadire il senso di un impegno che fa della sopravvivenza della Farmacia di San Felice un obiettivo irrinunciabile. La libertà d’impresa (e di investire) è per noi un valore, ma qui c’è in gioco il destino di una città intera. Che rischia di essere completamente desertificata dalla rendita e dall’overtourism. Il centro di Firenze non ha bisogno né di nuovi Airbnb né di nuovi hotel, più o meno di lusso, ma di residenti. Senza i quali il cuore della città morirà. Se lo hanno capito anche gli industriali è un bel passo avanti. Però serve coerenza.