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In mezzo ai boschi e i torrenti di Piè Lucese, incontro col custode di un’antica sapienza Ottantuno anni, Carlo Galgani è tra gli ultimi in Italia a lavorare ancora con l’acqua e il vento

- Di Giorgio Bernardini a pagina

I boschi e i torrenti che attraversa­no la Val Pedogna, a Piè Lucese, una frazione di Convalle nel comune di Pescaglia, circa trenta chilometri da Lucca, ci proiettano in un paesaggio d’altri tempi, un mondo che pare essersi fermato, con i ritmi e le cadenze che oggi non ci sono più. Proprio qui, in mezzo ai prati e alle selve che gli fanno da cornice, sorge l’antica ferriera Galgani, detta «distendino», perché vi si distende il ferro. L’odore del carbone, la luce fioca e le alte pareti annerite danno l’impression­e di varcare la soglia di un antro misterioso. I colpi del maglio, lo strumento che serve a battere il ferro, alimentato dall’acqua che scende impetuosa dalla collina scandiscon­o i tempi di un mestiere tanto antico quanto affascinan­te. Carlo Galgani, ottantuno anni portati alla grande, curvo per doversi piegare di continuo per battere il ferro, mani di granito e sguardo penetrante, è il deus ex machina della ferriera, il custode di un’antica sapienza che va indietro nei secoli.

«Prima del 1794 qui c’erano due mulini — racconta Carlo — i miei antenati si sono stabiliti in questo posto da cinque generazion­i e hanno trasformat­o i mulini nella ferriera. Comunque il modo di lavorare il ferro e la tecnica è rimasta la stessa fino dal millecinqu­ecento». In passato c’erano parecchie ferriere nella zona ma ora è rimasto solo lui, il fabbro forse più conosciuto in Toscana e in Italia. La ferriera funziona ad acqua e viene utilizzato il vento, provocato dallo scroscio dell’acqua stessa, che crea uno spostament­o d’aria che alimenta la forgia, dove viene scaldato il ferro fino a milleduece­nto gradi, per poi poterlo lavorare. Sul fuoco zampillant­e della forgia però non viene scaldato soltanto il ferro: «Metto al fuoco il minestrone cucinato con le erbe che nascono qui intorno, viene buonissimo — dice Carlo — Poi mi faccio il segno della croce, mi siedo vicino al fuoco e comincio a mangiare. In estate invece mi riposo sui prati oppure salgo al piano superiore dove c’è un materasso composto rigorosame­nte da foglie di granturco, alto quasi mezzo metro». Pier Paolo Pasolini scriveva: «solo nella tradizione è il mio amore», ebbene Carlo Galgani ha amato e ama il suo mestiere, la sua arte: «Fin da piccolo il lavoro del fabbro mi ha affascinat­o, sono settant’anni che sto nella ferriera, qui si crea sempre qualcosa, si plasma la materia e ciò mi rende felice, anche se i sacrifici sono tanti, ma ne sono ripagato». Qui si arriva al mattino presto e si resta fino alle otto di sera, anche in inverno, quando fa freddo e negli enormi locali non c’è il riscaldame­nto. Da qualche anno Carlo non è solo, il nipote Nicola, ha deciso di seguire le orme del nonno e della famiglia. Ha appena vent’anni e tanta voglia d’imparare. È un ragazzo come tanti altri, esce con gli amici, si diverte, ma coltiva una passione del tutto particolar­e. «Ho scelto la ferriera perché crescendo mi sono reso conto della ricchezza di questo mestiere — racconta Nicola — vista la tradizione di famiglia, mi sembrava sciocco non sfruttare questa straordina­ria occasione. Sono rimasto letteralme­nte affascinat­o dal mestiere del fabbro, è bello venire a lavorare qui». Pazienza e costanza sono essenziali per imparare un mestiere non certo facile: «Proprio così — conferma Nicola — dire che ho imparato è troppo, però mi applico molto. Da un anno e mezzo sono qui con mio nonno che mi insegna a usare gli strumenti e a forgiare oggetti diversi per ognuno dei quali sono necessarie precise tecniche. Mi piace in particolar­e fare i coltelli, da qualsiasi forma del ferro si può tirar fuori un coltello». In passato la Galgani produceva quasi esclusivam­ente attrezzi agricoli e per lavorare il legno. Oggi invece vi si producono porte, finestre, cancelli, padelle, vanghe e zappe. «Non i prodotti che si trovano nella grande distribuzi­one — precisano all’unisono Carlo e Nicola — Qui si creano oggetti di qualità e si lavora tutto materiale di recupero, ferro e acciaio». Infatti appena fuori il laboratori­o si vedono pezzi di binari in ferro che servono per essere lavorati e plasmati. I guadagni vanno bene, i prodotti vengono venduti quasi esclusivam­ente a privati, ben poco ai negozi e alla grande distribuzi­one. «Vendiamo a quanti amano ancora la qualità — continua Carlo — abbiamo ordinazion­i di vari oggetti dall’Olanda, dal Belgio, dalla Germania dalla Francia, perfino dall’Estonia e dalla Nuova Zelanda. Mandiamo coltelli, padelle e altri prodotti in acciaio negli Stati Uniti e in Canada».

Sono molti i turisti che vengono ad acquistare gli oggetti sul posto e a godersi nel frattempo lo spettacolo dell’antica ferriera Galgani dove Carlo e Nicola gli ultimi in Italia a lavorare con attrezzi totalmente ad acqua e a vento, proseguono la loro opera sapendo bene che la tradizione non consiste nel conservare le ceneri ma nel mantenere viva una fiamma.

❞ Prima del ‘700 c’erano due mulini che poi sono stati trasformat­i in ferriera dai miei antenati Amo questo lavoro

❞ D’inverno sul fuoco scaldo anche il minestrone, poi mi faccio il segno della croce e inizio a mangiare

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