UNA FICTION, UNA SCUOLA (VERA)
Chissà se Pezzi unici avrà convinto qualche ragazza o qualche ragazzo a fare artigianato. Magari le emozioni che può provocare una fiction televisiva sono più efficaci di tante promesse, magari fatte in buona fede, ma buttate un po’ là, improvvisando, pur di rispondere a un’attesa di sostegno e rilancio che dura da decenni. Cinzia Th Torrini ha fatto dell’artigianato fiorentino il perno di un giallo e, insieme, un’occasione di riscatto sociale. Gli ha dato insomma un tocco di sacralità immersa nella vita di ogni giorno. È una visione da condividere: da sempre pensiamo che gli artigiani costituiscano la più straordinaria aristocrazia cittadina, capaci come sono di legare nelle loro attività mani e testa, sulla scia dei nostri grandi maestri dell’arte e delle loro botteghe. La realtà però ci consegna a scadenze regolari bilanci negativi del comparto. Laboratori e addetti che diminuiscono ogni anno, insieme con il fatturato. Nel 2019 in Toscana si sono perse oltre 800 aziende artigiane e circa 5.500 posti di lavoro. Qualcosa si è fatto, anche di molto importante, per frenare la crisi; basti pensare all’impegno dell’ex presidente dell’Ente (allora la Fondazione si chiamava così) Cassa di Risparmio sulla formazione dei giovani artigiani, oppure alla realizzazione del Conventino in via Giano Della Bella, dove tutti i giorni un gruppo di artigiani produce, espone e vende i propri manufatti in spazi individuali. Appena ieri l’assessore Cecilia Del Re ha annunciato il varo di «Autentica Firenze», che darà la possibilità agli artigiani di avvicinare al loro lavoro fiorentini e turisti con esperienze offerte su un sito ad hoc.
Però non basta. Ci sarebbe bisogno di un rilancio di portata mondiale. Con investimenti adeguati. Per trasformare una necessità in un’opportunità. Firenze si deve scrollare di dosso il peso di un artigianato di maniera, parassitario, che ha perso ogni genuinità e che vuole solo sfruttare una fama per trarne il massimo profitto commerciale. Al contrario, bisognerebbe puntare su un artigianato di altissima qualità però non confinati in nicchie nascoste. Perché non pensare a una grande scuola internazionale dell’artigianato? Nel forum che si tenne nella sede del nostro giornale durante l’ultima campagna elettorale, il sindaco Dario Nardella annunciò l’imminente nascita di una «Fl0rence Foundation» che avrebbe raccolto i contributi dei tanti stranieri che, dagli Usa alla Russia e alla Cina, vorrebbe destinare alla città. Come pegno. Un pegno d’amore. È un progetto che si è rivelato irrealizzabile?
Si tratterebbe di un tassello fondamentale in quel puzzle delle eccellenze fiorentine che va dalla migliore industria alle più dinamiche istituzioni culturali, dalla Fondazione Palazzo Strozzi a Pitti, tanto per fare alcuni nomi. Un panorama, non un deserto, nel quale il nuovo sovrintendente Alexander Pereira intende inserire stabilmente anche il Maggio musicale. Un disegno, quello della scuola internazionale di artigianato, che tra l’altro servirebbe al sindaco per darsi un obiettivo tutto suo, senza impiccarsi ai progetti voluti dai suoi predecessori, come le tramvie e il nuovo stadio, con destini incerti come le loro fortune.
P.S. Stanotte l’arcivescovo di Firenze celebrerà la messa a Barberino di Mugello, rappresentando idealmente l’abbraccio di tutta la Diocesi, e non solo, alla popolazione colpita dal terremoto. Un messaggio di condivisione concreta per un evento che si è rivelato più grave di quanto sembrasse, in assenza di feriti. Buon Natale a tutti.