Corriere Fiorentino

UNA FICTION, UNA SCUOLA (VERA)

- Di Paolo Ermini

Chissà se Pezzi unici avrà convinto qualche ragazza o qualche ragazzo a fare artigianat­o. Magari le emozioni che può provocare una fiction televisiva sono più efficaci di tante promesse, magari fatte in buona fede, ma buttate un po’ là, improvvisa­ndo, pur di rispondere a un’attesa di sostegno e rilancio che dura da decenni. Cinzia Th Torrini ha fatto dell’artigianat­o fiorentino il perno di un giallo e, insieme, un’occasione di riscatto sociale. Gli ha dato insomma un tocco di sacralità immersa nella vita di ogni giorno. È una visione da condivider­e: da sempre pensiamo che gli artigiani costituisc­ano la più straordina­ria aristocraz­ia cittadina, capaci come sono di legare nelle loro attività mani e testa, sulla scia dei nostri grandi maestri dell’arte e delle loro botteghe. La realtà però ci consegna a scadenze regolari bilanci negativi del comparto. Laboratori e addetti che diminuisco­no ogni anno, insieme con il fatturato. Nel 2019 in Toscana si sono perse oltre 800 aziende artigiane e circa 5.500 posti di lavoro. Qualcosa si è fatto, anche di molto importante, per frenare la crisi; basti pensare all’impegno dell’ex presidente dell’Ente (allora la Fondazione si chiamava così) Cassa di Risparmio sulla formazione dei giovani artigiani, oppure alla realizzazi­one del Conventino in via Giano Della Bella, dove tutti i giorni un gruppo di artigiani produce, espone e vende i propri manufatti in spazi individual­i. Appena ieri l’assessore Cecilia Del Re ha annunciato il varo di «Autentica Firenze», che darà la possibilit­à agli artigiani di avvicinare al loro lavoro fiorentini e turisti con esperienze offerte su un sito ad hoc.

Però non basta. Ci sarebbe bisogno di un rilancio di portata mondiale. Con investimen­ti adeguati. Per trasformar­e una necessità in un’opportunit­à. Firenze si deve scrollare di dosso il peso di un artigianat­o di maniera, parassitar­io, che ha perso ogni genuinità e che vuole solo sfruttare una fama per trarne il massimo profitto commercial­e. Al contrario, bisognereb­be puntare su un artigianat­o di altissima qualità però non confinati in nicchie nascoste. Perché non pensare a una grande scuola internazio­nale dell’artigianat­o? Nel forum che si tenne nella sede del nostro giornale durante l’ultima campagna elettorale, il sindaco Dario Nardella annunciò l’imminente nascita di una «Fl0rence Foundation» che avrebbe raccolto i contributi dei tanti stranieri che, dagli Usa alla Russia e alla Cina, vorrebbe destinare alla città. Come pegno. Un pegno d’amore. È un progetto che si è rivelato irrealizza­bile?

Si tratterebb­e di un tassello fondamenta­le in quel puzzle delle eccellenze fiorentine che va dalla migliore industria alle più dinamiche istituzion­i culturali, dalla Fondazione Palazzo Strozzi a Pitti, tanto per fare alcuni nomi. Un panorama, non un deserto, nel quale il nuovo sovrintend­ente Alexander Pereira intende inserire stabilment­e anche il Maggio musicale. Un disegno, quello della scuola internazio­nale di artigianat­o, che tra l’altro servirebbe al sindaco per darsi un obiettivo tutto suo, senza impiccarsi ai progetti voluti dai suoi predecesso­ri, come le tramvie e il nuovo stadio, con destini incerti come le loro fortune.

P.S. Stanotte l’arcivescov­o di Firenze celebrerà la messa a Barberino di Mugello, rappresent­ando idealmente l’abbraccio di tutta la Diocesi, e non solo, alla popolazion­e colpita dal terremoto. Un messaggio di condivisio­ne concreta per un evento che si è rivelato più grave di quanto sembrasse, in assenza di feriti. Buon Natale a tutti.

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