UN’ASSURDITÀ ANTISTORICA
Sono sinceramente stupefatto dalla superficialità con cui qualcuno ha voluto porre l’ipotesi della dismissione del «Centro Marino Marini» dalla sede del Tau di Pistoia per una mai immaginata e antistorica unificazione a San Pancrazio a Firenze.
Una contesa fra due strutture museali non competitive e complementari fra loro.
Mi permetto di intervenire sulla questione, avendo vissuto direttamente la formazione dei due «poli» e, ancor prima, il riavvicinamento di Marino a Pistoia e a Firenze: riavvicinamento a cui si adoperò umanamente l’architetto Lorenzo Papi che, a Forte dei Marmi, riuniva al suo cenacolo Marino Marini, Henry Moore ed Eugenio Montale: tre «M» che facevano grande quella stagione.
Cominciamo da Firenze. Ricordando come, nel riprender contatto con la città che aveva frequentato da giovane, all’Accademia, ebbe subito un pugno in faccia: voleva regalare un suo «Cavaliere» in bronzo, a condizione che fosse posto sul Ponte Vecchio, a fronte del busto del Cellini, sull’altro lato del ponte. Vi fu una sollevazione mediatica che addolorò profondamente il maestro: una ferita che solo qualche tempo dopo Nello Bemporad — allora soprintendente ai monumenti preposto alla realizzazione dei «Grandi Uffizi» — riuscì a rimarginare, collocando una «Pomona» del maestro all’uscita di allora, sulla manica corta della Galleria.
Non solo, ma avviando i grandi lavori di recupero del compendio monumentale di San Pancrazio, abbandonato dai militari e oggetto della tesi di laurea di Marco Dezzi Bardeschi, sostenuta con Piero Sanpaolesi.
Il rapporto fra Marino Marini, Bemporad e Lorenzo Papi (allora in studio con Bruno Sacchi) si fece sempre più stretto, così da convincere l’amministrazione comunale di Firenze a immaginare un museo monografico delle opere del grande maestro a lui intitolato, a cui avrebbe lasciato gran parte delle sculture. Fu così che il Museo Marini fu realizzato nella prima metà degli anni Ottanta, con un allestimento museografico allora d’avanguardia.
Ma Pistoia — città natale di Marino — non era stata da meno, tanto che il maestro volle donare una sua splendida scultura alla città che fu sistemata nel cortile di Palazzo di Giano, sede del comune, dove ancor oggi è possibile goderla. Ma l’allora giovane sindaco di Pistoia, Vannino Chiti, appena succeduto a Renzo Bardelli, volle fare molto di più: su suggerimento di Giuliano Gori (già «genius loci» per l’arte contemporanea e creatore del tempio dell’Arte Ambientale
nella Fattoria di Celle) volle affrontare il restauro della Magione dei Cavalieri del Tau, destinandolo ad ospitare l’opera grafica di Marino (scomparso da poco nel 1980) che la vedova, confidenzialmente la «Marina» ( la ticinese Mercedes Pedrazzini), avrebbe consegnato a lavori finiti.
Ebbi l’onore di quell’incarico e della direzione dei lavori, che furono portati a termine in brevissimo tempo; nonostante il sopraggiungere, in coincidenza di nuove rigorose norme antisismiche difficilmente applicabili ai monumenti. Ricordo che Marina Marini seguiva settimanalmente i lavori (era venuta ad abitare a Pistoia apposta), così come il sindaco e l’amico Gori. Per Marina, il sindaco volle che si disponesse anche un piccolo alloggio a disposizione, a conferma di quanto questa «destinazione d’uso» a Centro di Studi, conservazione e promozione dell’opera di Marino, fosse consustanziale con la sede pistoiese del Tau.
Terminati i lavori di restauro di quella singolare architettura in «pietra forte» (assai insolita per la cultura architettonica pistoiese), collegata alla Cappella dov’è uno dei più importanti cicli di affreschi tardo medievali della Toscana, fu il momento dell’allestimento e dell’avviamento del Centro — ormai «Centro Marini al Tau» —; l’impegno passò a Lorenzo Papi e Bruno Sacchi, che ne curarono la sistemazione definitiva.
Il Comune di Pistoia ne avviò l’attività culturale, con un organico preposto ad hoc, che si è sempre egregiamente adoperato per le finalità della Fondazione: un soggetto giuridico, costituitosi nel novembre 1983 e riconosciuto con Decreto Prefettizio bell’agosto 1985. Una bella ed efficiente struttura, ricca di una gipsoteca, di dipinti, sculture e disegni; di una biblioteca specializzata, monografie, cataloghi, riviste, fototeca, diateca, videoteca; dunque, istituzionalmente preposta ad assicurare la conservazione, la tutela e la valorizzazione dell’opera di Marino Marini, secondo la volontà della Marina (vedova ed erede). Un patrimonio notificato ai sensi del Codice dei beni culturali, inamovibile, di cui il Ministero dei beni culturali non vorrà certo consentire lo smembramento e l’allontanamento dalla città di Pistoia.
Del resto, l’assurdità dell’ipotesi di compattare le due realtà deriva dal fatto che non c’è sovrapposizione fra la natura delle opere e del materiale conservato: il centro pistoiese nacque, sostanzialmente, per la conservazione dell’opera grafica di Marino e delle opere «minori», con l’intento di promuoverne gli studi e la didattica. E in tal senso si è espresso, in questi tre decenni, l’impegno del comune di Pistoia e di chi ha condotto il Tau; ponendo attenzione e rispettando quello spirito propulsivo degli ultimi anni di Marino con la sua città e con l’indomabile volontà effettuale della Marina. Sarebbe davvero un atto barbarico, contrario al buon senso, alla volontà di chi ha voluto questo centro (la «Marina» in primis) e a tutti coloro che in questi decenni si sono adoperati per la realizzazione e crescita culturale.
Diciamo con Socrate: «Esiste un solo bene, la conoscenza, ed un solo male, l’ignoranza».
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Un artista per due città Intervengo perché ho seguito in prima persona la formazione dei due poli
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Diverse e complementari Le due realtà non sono in competizione, anzi si completano a vicenda per la natura dei lavori