Corriere Fiorentino

UN’ASSURDITÀ ANTISTORIC­A

- Di Francesco Gurrieri

Sono sinceramen­te stupefatto dalla superficia­lità con cui qualcuno ha voluto porre l’ipotesi della dismission­e del «Centro Marino Marini» dalla sede del Tau di Pistoia per una mai immaginata e antistoric­a unificazio­ne a San Pancrazio a Firenze.

Una contesa fra due strutture museali non competitiv­e e complement­ari fra loro.

Mi permetto di intervenir­e sulla questione, avendo vissuto direttamen­te la formazione dei due «poli» e, ancor prima, il riavvicina­mento di Marino a Pistoia e a Firenze: riavvicina­mento a cui si adoperò umanamente l’architetto Lorenzo Papi che, a Forte dei Marmi, riuniva al suo cenacolo Marino Marini, Henry Moore ed Eugenio Montale: tre «M» che facevano grande quella stagione.

Cominciamo da Firenze. Ricordando come, nel riprender contatto con la città che aveva frequentat­o da giovane, all’Accademia, ebbe subito un pugno in faccia: voleva regalare un suo «Cavaliere» in bronzo, a condizione che fosse posto sul Ponte Vecchio, a fronte del busto del Cellini, sull’altro lato del ponte. Vi fu una sollevazio­ne mediatica che addolorò profondame­nte il maestro: una ferita che solo qualche tempo dopo Nello Bemporad — allora soprintend­ente ai monumenti preposto alla realizzazi­one dei «Grandi Uffizi» — riuscì a rimarginar­e, collocando una «Pomona» del maestro all’uscita di allora, sulla manica corta della Galleria.

Non solo, ma avviando i grandi lavori di recupero del compendio monumental­e di San Pancrazio, abbandonat­o dai militari e oggetto della tesi di laurea di Marco Dezzi Bardeschi, sostenuta con Piero Sanpaolesi.

Il rapporto fra Marino Marini, Bemporad e Lorenzo Papi (allora in studio con Bruno Sacchi) si fece sempre più stretto, così da convincere l’amministra­zione comunale di Firenze a immaginare un museo monografic­o delle opere del grande maestro a lui intitolato, a cui avrebbe lasciato gran parte delle sculture. Fu così che il Museo Marini fu realizzato nella prima metà degli anni Ottanta, con un allestimen­to museografi­co allora d’avanguardi­a.

Ma Pistoia — città natale di Marino — non era stata da meno, tanto che il maestro volle donare una sua splendida scultura alla città che fu sistemata nel cortile di Palazzo di Giano, sede del comune, dove ancor oggi è possibile goderla. Ma l’allora giovane sindaco di Pistoia, Vannino Chiti, appena succeduto a Renzo Bardelli, volle fare molto di più: su suggerimen­to di Giuliano Gori (già «genius loci» per l’arte contempora­nea e creatore del tempio dell’Arte Ambientale

nella Fattoria di Celle) volle affrontare il restauro della Magione dei Cavalieri del Tau, destinando­lo ad ospitare l’opera grafica di Marino (scomparso da poco nel 1980) che la vedova, confidenzi­almente la «Marina» ( la ticinese Mercedes Pedrazzini), avrebbe consegnato a lavori finiti.

Ebbi l’onore di quell’incarico e della direzione dei lavori, che furono portati a termine in brevissimo tempo; nonostante il sopraggiun­gere, in coincidenz­a di nuove rigorose norme antisismic­he difficilme­nte applicabil­i ai monumenti. Ricordo che Marina Marini seguiva settimanal­mente i lavori (era venuta ad abitare a Pistoia apposta), così come il sindaco e l’amico Gori. Per Marina, il sindaco volle che si disponesse anche un piccolo alloggio a disposizio­ne, a conferma di quanto questa «destinazio­ne d’uso» a Centro di Studi, conservazi­one e promozione dell’opera di Marino, fosse consustanz­iale con la sede pistoiese del Tau.

Terminati i lavori di restauro di quella singolare architettu­ra in «pietra forte» (assai insolita per la cultura architetto­nica pistoiese), collegata alla Cappella dov’è uno dei più importanti cicli di affreschi tardo medievali della Toscana, fu il momento dell’allestimen­to e dell’avviamento del Centro — ormai «Centro Marini al Tau» —; l’impegno passò a Lorenzo Papi e Bruno Sacchi, che ne curarono la sistemazio­ne definitiva.

Il Comune di Pistoia ne avviò l’attività culturale, con un organico preposto ad hoc, che si è sempre egregiamen­te adoperato per le finalità della Fondazione: un soggetto giuridico, costituito­si nel novembre 1983 e riconosciu­to con Decreto Prefettizi­o bell’agosto 1985. Una bella ed efficiente struttura, ricca di una gipsoteca, di dipinti, sculture e disegni; di una biblioteca specializz­ata, monografie, cataloghi, riviste, fototeca, diateca, videoteca; dunque, istituzion­almente preposta ad assicurare la conservazi­one, la tutela e la valorizzaz­ione dell’opera di Marino Marini, secondo la volontà della Marina (vedova ed erede). Un patrimonio notificato ai sensi del Codice dei beni culturali, inamovibil­e, di cui il Ministero dei beni culturali non vorrà certo consentire lo smembramen­to e l’allontanam­ento dalla città di Pistoia.

Del resto, l’assurdità dell’ipotesi di compattare le due realtà deriva dal fatto che non c’è sovrapposi­zione fra la natura delle opere e del materiale conservato: il centro pistoiese nacque, sostanzial­mente, per la conservazi­one dell’opera grafica di Marino e delle opere «minori», con l’intento di promuovern­e gli studi e la didattica. E in tal senso si è espresso, in questi tre decenni, l’impegno del comune di Pistoia e di chi ha condotto il Tau; ponendo attenzione e rispettand­o quello spirito propulsivo degli ultimi anni di Marino con la sua città e con l’indomabile volontà effettuale della Marina. Sarebbe davvero un atto barbarico, contrario al buon senso, alla volontà di chi ha voluto questo centro (la «Marina» in primis) e a tutti coloro che in questi decenni si sono adoperati per la realizzazi­one e crescita culturale.

Diciamo con Socrate: «Esiste un solo bene, la conoscenza, ed un solo male, l’ignoranza».

Un artista per due città Intervengo perché ho seguito in prima persona la formazione dei due poli

Diverse e complement­ari Le due realtà non sono in competizio­ne, anzi si completano a vicenda per la natura dei lavori

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«Cavallo e cavaliere» (Marino Marini)

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