«Prestiti, grandi aziende peggio di famiglie e Pmi»
Boccuzzi (Iccrea): dalle Bcc nessuna stretta
Se il mancato credito è il primo problema delle imprese, soprattutto delle piccole imprese che costituiscono il tessuto toscano, il credito deteriorato — ovvero i soldi prestati a famiglie e aziende che poi non sono state in grado di restituirli — è uno dei principali problemi delle banche, eredità pesante della lunga crisi. «Fra il 2018 e il 2019 Iccrea ha smaltito circa 6 miliardi di crediti deteriorati — dice il vice direttore generale del gruppo del credito cooperativo Giovanni Boccuzzi — L’ultima operazione di cessione degli Npl (non performing loan, ndr) si inquadra in una complessiva azione di derisking per ridurre l’incidenza dei crediti deteriorati che Iccrea sta conducendo ormai da due anni, anche alla luce delle prospettive che si erano delineate con la costituzione del Gruppo e delle azioni concordate con la Bce. Viviamo una situazione simile a quella degli gruppi bancari, dovuta ad
un lungo periodo di crisi profonda che si è riproposta sulla qualità degli attivi. In altri Paesi sono stati autorizzati ben altri strumenti, anche in termini di aiuti di Stato alle banche, mentre in Italia la pulizia la stiamo facendo da soli. Fra i diversi strumenti a nostra disposizione, rientra anche questa operazione di cessione di Npl assistita dalla garanzia statale per la tranche senior, alla quale hanno partecipato 9 Bcc toscane sulle 15 aderenti al gruppo Iccrea».
Le piccole aziende lamentano che le banche non fanno loro credito. Quanti crediti deteriorati sono riconducibili a Pmi toscane?
«Il 14,4% riguarda impieghi alle famiglie, il 34,8% alle Pmi e il 50% ad aziende di maggiori dimensioni, soprattutto dei settori costruzioni e immobiliare. Questo comparto pesa per il 40% sul totale degli Npl derivanti dal manifatturiero. Questi numeri la dicono lunga sul cattivo credito: le Pmi e le famiglie, sia produttrici che consumatrici, sono interessate marginalmente».
Allora perché le banche non danno i soldi alle piccole aziende?
«In realtà le Bcc toscane mantengono una significativa attività di finanziamento. A fronte di uno stock di impieghi del gruppo Iccrea pari a 90,7 miliardi, la quota toscana è di circa 10,7 miliardi. Il 60% va alle imprese e di questa quota il 44% va alle Pmi. Il 39% è destinato alle famiglie consumatrici. Allo stock di impieghi fatti direttamente dalle Bcc toscane vanno aggiunti circa 900 milioni erogati dalle strutture del gruppo. Noi non registriamo riduzioni: nei primi 6 mesi del 2019 le Bcc toscane hanno fatto nuovi finanziamenti per 703 milioni di euro, a cui si aggiungono 120 milioni da parte delle strutture centrali. La raccolta delle Bcc toscane è pari a circa 13 miliardi ed è destinata agli impieghi sul territorio — prevalentemente ai nostri soci — per l’80%: questo spiega il nostro modello di business, fondato sul drenaggio di denaro sul territorio verso il quale lo reimpieghiamo per sostenerne la crescita».
Se le grandi aziende sono più rischiose, perché vengono premiate quando si stabiliscono i criteri per la concessione dei prestiti?
«Che un’azienda sia piccola o grande la valutazione nella concessione credito va basata comunque sulla capacità di restituzione. È evidente che ha ragione chi dice che il deteriorato delle banche dipende solo marginalmente dalle famiglie. Per la concessione del credito, soprattutto quando si opera nel medio-lungo termine, vanno valutate le
❞ Nei primi sei mesi del 2019 le Bcc toscane hanno fatto nuovi finanziamenti per 703 milioni
prospettive e la qualità dei piani industriali, oltre che il flusso di cassa nell’immediato. La banca non è chiamata a fare strategie di diversificazione attraverso plafond dedicati a imprese grandi o piccole, deve valutare i piani industriali e la capacità di restituzione. Il tessuto produttivo italiano e soprattutto toscano fa sì che il canale principale per l’approvvigionamento di denaro resti quello bancario, al contrario di quanto accade nei paesi anglosassoni. Le Bcc hanno consolidato da anni il rapporto con territorio: naturalmente anche noi siamo chiamati a fare selezione e ad operare nel rispetto della sana e prudente gestione, ma i nostri numeri mostrano che per vocazione siamo vicini al territorio».
Nei giorni scorsi si è perfezionata la fusione fra Banca
Cras e Bcc Umbria: dobbiamo attenderci ulteriori aggregazioni?
«Attraverso la costituzione del gruppo bancario cooperativo, la riforma ha inteso creare un meccanismo efficace per sostenere meglio l’operatività sul territorio. Il contratto di coesione fa sì che la capogruppo sostenga le singole Bcc e le indirizzi verso lo sviluppo, offrendo loro opportunità di crescita anche in un contesto di mercato che impone nuovi investimenti. Noi lavoriamo per rafforzare le banche locali, ma lungi da noi stabilirne la struttura. Le grandi e le piccole banche hanno le stesse possibilità di fare bene. Anzi, con il gruppo alle spalle, anche una banca piccola o piccolissima può essere competitiva sul proprio territorio di riferimento».