Dal progetto al via vai: i mister a Firenze non mettono più radici
Com’è dura aprire un ciclo: 4 cambi in 4 anni
Lo chiamavano «Progetto». Termine buono per descrivere il percorso che si vuol intraprendere seguendo tappe precise, viaggiando sicuri, con la meta ben stampata in testa. Teoria, appunto. Perché nel calcio, si sa, in realtà si vive alla giornata. Eppure, da queste parti, c’è stato un tempo in cui parlare di «progetti» non era poi così sbagliato. Basta pensare a due nomi: Cesare Prandelli e Vincenzo Montella. Il primo restò sulla panchina della Fiorentina per cinque stagioni: dal 2005 al 2010. Annate nelle quali i viola, dopo un ritorno in Serie A da brividi (con ben tre allenatori diversi, Mondonico, Buso e Zoff e una salvezza raggiunta soltanto all’ultima giornata) tornarono (davvero) tra i grandi. Basta pensare alle notti magiche di Champions, al successo di Anfield, alla beffa di Monaco. Poi, qualcosa si ruppe e, nei due anni successivi, un’altra girandola di tecnici: un anno e mezzo con Mihajlovic, la triste parentesi Delio Rossi, e la breve esperienza Guerini.
Due stagioni nelle quali, la Fiorentina, tornò bruscamente indietro ritrovandosi, ancora una volta, ad un passo dalla retrocessione. Venne quindi Montella, e il secondo, vero, ciclo targato Della Valle. Tre anni, tre quarti posti, una finale di Coppa Italia, una semifinale di Europa League. Come dire: la continuità paga.
Peccato che, da quel momento, a Firenze non si sia più costruito niente. Non a caso, chiunque osasse parlare di «progetto», veniva invitato a tacere. Bandito, quel termine. Tra i tifosi, e nella realtà dei fatti. Da Montella, a Montella. Negli ultimi quattro anni e mezzo la Fiorentina si è trasformata da raro esempio di società capace di programmare a tipica rappresentazione del calcio all’italiana. Allenatori, giocatori, dirigenti. Un via vai continuo che ha portato parecchio caos, e pochissimi risultati.
Dall’estate del 2015 ad oggi infatti, in panchina si sono alternati addirittura quattro allenatori. Si parte da Paulo Sousa, scelto dalla coppia Pradè/Macia per sostituire l’aeroplanino e protagonista di una delle più grandi illusioni della storia recente viola. Partito a cento all’ora, nel gennaio della sua prima annata a Firenze si ritrovò addirittura primo in classifica. Fu l’inizio della fine. Perché quel (tragico) mercato invernale fu la rappresentazione plastica di come, i Della Valle, non avessero più voglia di pensare in grande. Il resto si sa. La seconda parte di stagione in costante frenata, il ritorno di Corvino e la conferma (poco convinta) del portoghese. Poi, nel giugno 2017, ecco Stefano Pioli. Durato poco, anche lui. Un anno e mezzo poi, nella primavera scorsa, lo scontro duro con la proprietà, le dimissioni, il ritorno di Montella, l’arrivo di
Rocco Commisso, la decisione di andare avanti con Vincenzino per avviare il sogno americano. Come è andata, si sa. Ora tocca a Beppe Iachini. Contratto di un anno e mezzo con la (forte) sensazione che però, a giugno, si cambierà ancora. Con la speranza che, prima o poi, si possa finalmente (ri)aprire un ciclo.