RICOMINCIARE DAI NOSTRI MUSEI
Da dove ricominciare? Non può esserci domanda migliore per chi, con senso civico, voglia impegnarsi oggi a fronteggiare un processo di disgregazione del tessuto economico e sociale del Paese che sembra inarrestabile.
Dal patrimonio storico, artistico e culturale. Non può esserci risposta migliore per chi intenda valorizzare quanto di più straordinario e unico possiede il Paese, punto di partenza obbligato per la ricostruzione di un perduto senso della comunità. Il valore della tradizione e dell’arte che la celebra costituisce un elemento identitario irrinunciabile e un formidabile canale di relazione e comunicazione con gli altri. Fruirne, per chi di quella tradizione è parte, significa consolidare l’appartenenza e al contempo aderire a un insieme di valori universali che non divide ma unisce. Farne fruire chi a quella tradizione non appartiene consente di creare un ponte e generare uno scambio, fondamentale momento di una reciproca comprensione. Gestire bene il patrimonio è allora un atto di responsabilità dello Stato, verso di sé e verso gli altri. Nell’assolvimento di questa responsabilità, i musei rappresentano un elemento nevralgico, anche considerando il profondo mutamento che il ruolo del museo ha avuto negli ultimi anni. Da entità destinata alla mera conservazione, esso è divenuto, sovente, luogo di scambio culturale, di studio e di ricerca scientifica, di formazione, talvolta di offerta ricreativa e talvolta ancora di elaborazione artistica. A ciò si aggiungano il continuo articolarsi delle reti di comunicazione e il progressivo differenziarsi delle modalità di fruizione dei fondi museali. Si riapre, nel contempo, il dibattito sull’imprenditorialità degli enti museali che ha diviso studiosi e operatori. I musei infatti (o meglio, quelli maggiormente attrattivi) tendono sempre di più a diventare anche (in parte) imprenditori, con tutto ciò che ne segue, o ne potrebbe seguire, in termini di «promozione» dei beni culturali, di offerta di «servizi aggiuntivi», di «esternalizzazione» delle attività, di esportazione transitoria di opere. Attività, quest’ultima, che espone ogni Stato alla tensione tra doveri di condivisione, protezione dei beni e tutela dell’interesse nazionale: il controverso, recente, caso del prestito dell’Uomo Vitruviano richiesto dal Louvre ne manifesta un punto di emersione. Fino alla realizzazione di vere e proprie «filiali» all’estero. Tutti elementi che concorrono verso l’esigenza di individuare misure di rinnovamento delle forme giuridiche e gestionali, le quali consentano un’efficace governance dei musei, tenendo conto a tal fine anche delle esperienze maturate in altri Paesi e delle profondissime diversità che vi sono tra museo e museo. I musei statali, in primo luogo.
Sono passati alcuni anni dalla riforma con la quale il ministro Franceschini, nel 2014, ha avviato una fase nuova nella organizzazione del sistema museale statale, rivedendo i meccanismi di governo delle strutture e rafforzando gli spazi di autonomia per migliorare efficienza e qualità di gestione. Il processo di adattamento al nuovo assetto non poteva essere agevole, come ha dimostrato la vicenda giudiziaria che ha riguardato la scelta di alcuni direttori, cui si è finanche contestato il vizio di non essere cittadini italiani. È tempo per un primo bilancio, da farsi peraltro tenendo conto della multiformità della presenza museale nel territorio. La realtà dei musei comunali innanzitutto, che alimenta un reticolato di offerta culturale e dà spazi e forma a esperienze artistiche legate al territorio, esaltando la vitalità locale. Cresce anche l’importanza dei musei privati, particolarmente capaci di intercettare forme artistiche innovative e svolgere una rilevante opera pedagogica, ennesima conferma che non si può rinunciare, nel garantire interessi pubblici e diritti sociali, al ruolo dei privati.
A questo quadro composito è dedicato un convegno che si terrà il 24 e il 25 gennaio a Firenze, in collaborazione tra l’Università di Firenze, la Fondazione Cesifin, l’Università Paris I Sorbonne et ed il Gridauh, che, anche grazie a un approccio comparatistico e all’apporto di importanti direttori di musei, si propone di analizzare il complesso sistema museale nella sua capacità di contribuire alla realizzazione degli obiettivi di servizio pubblico che gli sono propri. Nella sua capacità, insomma, di aiutarci a ricominciare.
La partecipazione al convegno è gratuita e riservata a chi confermerà la presenza entro domani; iscrizione on line su www.cesifin.it