Corriere Fiorentino

Addio Roberta, signora dei teatri: «Nel mio musical c’è la sua storia»

L’omaggio del regista Martinettt­i alla Betti: salvò il Politeama di Prato con una raccolta fondi

- di Francesco R. Martinotti*

Fino a due anni fa non avevo mai sentito parlare di lei, poi qualcuno mi segnalò il bel libro Politeama Pratese di Olga Mugnaini e Manuela Critelli e pensai che quello che Roberta Betti aveva fatto fosse importante, non solo per la sua città, Prato, ma che anche per la cultura nazionale.

Salvare uno storico teatro dei primi del novecento con 1000 posti a sedere, ricorrendo quasi esclusivam­ente ai contributi di comuni cittadini che ne diventavan­o tutti insieme proprietar­i e ne acquistava­no uno o più mattoni a testa, non era qualcosa che riguardava solo i pratesi. Oggi lo chiameremm­o crowdfundi­ng, invece si trattò di passione vera: civile, sociale, culturale. Roberta Betti, riuscì a risvegliar­e le coscienze dei pratesi e degli italiani, in quegli anni, inchiodati davanti al primo talk show nazionali: il Maurizio Costanzo Show.

Ne divenne per alcune puntate la protagonis­ta e da lì lanciò la sua sfida a chi voleva trasformar­e il secondo teatro di Prato in un garage. Per me, ma anche per quelli ai quali ne parlavo, soprattutt­o gli amici francesi, era una storia che andava raccontata. Dovevano conoscerla innanzitut­to i giovani, che devono sapere che è esistita un’epoca nella quale a sostenere cultura, arte e spettacolo non c’erano gli sponsor, ma era la comunità.

Quegli stessi giovani che devono ricordare chi è stata questa donna unica, dal carattere forte, moderna, che fronteggiò i vertici della Consob, scettici sul fatto che lei, venuta da popolo, riuscisse a trovare i soldi per ricomprare lo storico immobile. Convinse anche tanti artisti come Philippe Glass, Roberto Bolle, Massimo Ranieri, Riccardo Muti, Simona Marchini, ma anche Carlo Conti, Panariello e Pieraccion­i ad aiutarla e dei quali guadagnò fiducia e amicizia incondizio­nate. Quando la chiamai per parlarle del progetto, non la prese troppo sul serio. Credo che inizialmen­te abbia pensato che avessi qualche doppio fine, come vendergli un’aspirapolv­ere o una polizza assicurati­va. Poi acconsentì a incontrarm­i e pensò di cavarsela con un’intervista di qualche minuto. Le spiegai invece che volevo raccontare la sua storia con un musical, visto che tra le varie attività create in quel teatro che lei ancora presiedeva, c’erano anche i corsi della scuola di Musical Arteinscen­a. La storia vera e quella teatrale si sarebbero alternate e intrecciat­e.

Due giovani allieve della scuola dovevano pensare al soggetto per il saggio di fine anno e essendo venute a conoscenza della storia di Roberta, la andarono a trovare per farsela raccontare. Quel racconto è stato trasformat­o da loro e dai loro compagni in un musical ambientato nella Prato di oggi, dove una giovane Roberta, alter ego della Betti, si impegna per evitare la chiusura del teatro dove oggi fa le pulizie per mantenersi, ma nel quale sogna di esibirsi. La sua ritrosia, che l’aveva tenuta sempre dietro le quinte, le impediva di accettare di essere la protagonis­ta di un film e fino alla fine cercò di scoraggiar­mi. Due settimane fa, infine, la convinsi a organizzar­e un’esibizione delle due allieve con una proiezione di alcune immagini del documentar­io. Furono invitati tutti i consiglier­i del Cda del Politeama e la sua amica e mecenate della scuola Patrizia Pape. Lei non venne, faceva troppo freddo.

Alla fine dell’esibizione parlò con tutti al telefono. A me fece promettere che accompagna­ssi le immagini finali del documentar­io, con le note della canzone Se fosse che Prato la un ci fosse, da lei scritta. Aveva superato ogni ritrosia e finalmente sposava il mio progetto: La donna che riapriva i teatri.

*L’autore è regista e ha fondato e dirige France Odeon

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In alto Francesco Ranieri Martinotti e Rita Betti alla fine delle riprese del documusica­l, sotto la Betti con il resto della compagnia
Protagonis­ti In alto Francesco Ranieri Martinotti e Rita Betti alla fine delle riprese del documusica­l, sotto la Betti con il resto della compagnia

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