Corriere Fiorentino

«Non trattateci come un virus A noi giovani l’odio fa più male»

Massimilia­no Jiang, nato a Wenzhou e cresciuto a San Donnino: sono italiano

- Giulio Gori

«Non trattateci come un virus». Il video, diffuso giovedì sul web, in cui un fiorentino offende due turisti asiatici e li tratta come untori, per la comunità cinese in Italia è stato un colpo durissimo. «Fa venire i brividi».

A dirlo è Massimilia­no Martigli Jiang, cinese di nascita, italiano di adozione, che giovedì ha reagito a quelle immagini pubblicand­o in rete, sui profili social di Ugic (Unione giovani italo-cinesi), un testo scritto con un amico che contiene un appello a restare umani: «Il pregiudizi­o e la diffidenza ci faranno diventare di nuovo estranei, estranei che non siamo, perché siamo umani che ogni giorno lottano per ottenere una serena vita e sprazzi di felicità qui in Italia. Non cambiare le tue abitudini: la diffidenza e il pregiudizi­o uccidono più delle armi da guerra».

Nato in Cina, arrivato in Italia quando aveva sette anni e mezzo, poi adottato da una famiglia italiana, Massimilia­no, 29 anni, è un impiegato in un’azienda chimica (italiana), vive a San Donnino. Parla con un marcato accento fiorentino, «è la mia prima lingua, il cinese lo so poco. Quando sono stato adottato, ho voluto mantenere il doppio cognome, ma mi sento italiano». Eppure, «la ferita provocata dalle offese che un fiorentino come me rivolge a dei cinesi come me, per quanto faccia male, non mi sorprende. Mi è già successo molte volte di sentirmi chiamare “cinese” da sconosciut­i, senza alcun motivo, in modo sprezzante, mi è successo qualche volta di sentirmi insultare da ignoranti razzisti con il classico “cinese di m…”. Per cui c’era da aspettarse­lo che la vicenda del coronaviru­s avrebbe ingigantit­o queste forme di inciviltà. E se il virus continuerà a diffonders­i le cose peggiorera­nno, andrà sempre peggio».

L’unica speranza, dice, è la sanità italiana, «ottima». Massimilia­no, militante dell’Ugic, spiega che la ferita che si è aperta, anche ieri, alla luce dei cartelli davanti ai negozi romani col «vietato l’ingresso ai cinesi», «fa male soprattutt­o a noi giovani. Molti adulti immigrati dalla Cina sono meno integrati, spesso parlano male l’italiano, non seguono le vicende che succedono qui. Quindi certe cose per loro possono scivolare via. Ma per chi qui ci è cresciuto, ha fatto la scuola, ha il lavoro, ha gli amici, per chi insomma è italiano, come noi giovani di origine cinese siamo, è qualcosa di insopporta­bile».

Anche all’Osmannoro, in un pronto moda di via Ponte a Giogoli, mentre gli adulti sono chini a lavorare senza sosta, un ragazzo che parla un italiano quasi impeccabil­e confessa: «Se abbiamo visto quel video? Da ieri non si parla d’altro. A parte il fatto che quelle offese fanno male, in molti ora abbiamo paura della reazione degli italiani. Dov’è il limite, fino a dove si può arrivare?».

Sono sempre i giovani i più sensibili al problema: nella Chinatown pratese di via Pistoiese, in uno dei pochissimi bar che non è frequentat­o da asiatici, la barista discute del video, «una cosa vergognosa», dice, poi lancia una rasoiata ai clienti tra il serio e il faceto: «Se il virus ci stermina tutti, ce lo siamo meritati».

La ferita

Sono fiorentini come me che offendono cinesi come me. Ma purtroppo non mi sorprende

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Massimilia­no Jiang Martigli fa parte della polisporti­va Yihua Sport dove giocano italiani e cinesi

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