IL PREZZO DELLE SOTTRAZIONI
Idati sulle iscrizioni alle superiori in Toscana non presentano eclatanti novità, ma confermano tendenze inquietanti. La prima è l’emorragia di iscritti ai classici, oggi l’8,3 per cento dei futuri liceali, rispetto al 9,3 del passato: su numeri piccoli, anche un uno virgola ha il suo peso. Il declino dell’indirizzo di studi più radicato nella tradizione umanistica non è recente: già negli anni ’70 la frase «Si vede che lei ha fatto il classico», un tempo espressione di ammirazione, aveva assunto una sfumatura sarcastica, quasi una constatazione dell’assenza di senso pratico nell’interlocutore. Resta il fatto che i licenziati del classico ottengono i migliori risultati anche nelle facoltà scientifiche.
Se il classico declina, aumenta la percentuale degli iscritti agli altri licei, ma quali? In primo luogo gli scientifici, lontani dall’originaria impostazione di Gentile, che li vedeva come un liceo non sradicato dalla tradizione umanistica. Ormai quasi la metà degli iscritti opta per l’indirizzo delle scienze applicate o per quello sportivo, in cui il latino latita: di fronte alla scelta, pochi studenti preferiscono la sintassi dei casi al drippling o al coding. Il risultato è che la classe dirigente del futuro sarà costituita da avvocati, medici, magistrati che non conoscono il rosa-rosae, che aiuta ad aprire la mente e qualche volta serve anche nel lavoro...
L’altro motivo di allarme è il calo delle iscrizioni ai professionali, conseguenza di uno strano paradosso: le riforme scolastiche degli ultimi decenni hanno mirato da un lato a delicealizzare i licei, dall’altro a deprofessionalizzare i professionali, penalizzando le discipline tecnico-pratiche. Mancando la possibilità di un inserimento a breve nel lavoro, col conseguimento della qualifica statale, molti scelgono i tecnici o addirittura i licei considerati più facili. Eppure il nostro sistema produttivo avrebbe un disperato bisogno proprio di operai specializzati.
Un dato positivo è costituito dall’aumento degli iscritti agli alberghieri, in una regione ad alta vocazione turistica come la nostra. Ma anche qui c’è il rischio che chi entra in queste scuole sia convinto di poter divenire, senza una robusta dose di umiltà e di autodisciplina, un nuovo Cracco. L’Italia ha bisogno di meno chef e più cuochi, meno stilisti e più sarti, meno artisti incompresi e più onesti artigiani. Il vero compito della scuola sarebbe di riuscire a farlo capire agli studenti, prima che a pensarci sia la vita, troppo tardi.