Uffizi, una vittoria storica contro i bagarini del web
La Corte federale dell’Arizona ha decretato ufficialmente il divieto di utilizzo dei domini uffizi.com, uffizi.net, e altri simili, da soggetti che non siano la Galleria degli Uffizi. Una storica vittoria del museo fiorentino contro i bagarini on line.
Sul campo di battaglia (legale) dell’Arizona, gli Uffizi vincono, anzi stravincono, contro i «vampiri di internet». Metafora del direttore Eike Schmidt per definire chi si è appropriato ingiustamente del nome e del marchio del museo italiano più famoso nel mondo. La sentenza è arrivata ieri (ma la vittoria era nell’aria, come anticipato dal Corriere
Fiorentino il 16 gennaio): dopo anni di tribunali e avvocati, la Corte federale dell’Arizona ha decretato il divieto di utilizzo dei domini
uffizi.com, uffizi.net, uffizigallery.com, uffizigallery.net, uffizigallery.org e altri simili, da parte soggetti che non siano i «veri» Uffizi. Dal museo esultano per «una storica vittoria giudiziaria contro il bagarinaggio online». Si tratta infatti di siti internet che erano stati sfruttati per vendere biglietti del museo a prezzi maggiorati, usando «da parassiti» il nome «Uffizi» per «ingannare i visitatori» e incassare le commissioni. Il direttore Eike Schmidt parla di «vittoria storica non solo per gli Uffizi e per il Ministero dei Beni Culturali, ma anche per la dignità dei cittadini onesti: abbiamo assestato un colpo devastante contro i vampiri della rete che per anni, come parassiti, hanno illegalmente e in malafede sfruttato il nostro patrimonio e la nostra immagine. Ma non solo: questi siti pirata infatti hanno tratto in inganno visitatori di tutto il mondo». Anche dal Ministero a Roma commentano con soddisfazione la sentenza, attraverso Twitter: «È la prima volta che un tribunale emette una sentenza di questo tipo: vittoria storica per i #museitaliani». La prima volta nel mondo. La querelle giudiziaria tra le Gallerie degli Uffizi e la società BoxNic Anstalt, che in Arizona aveva registrato numerosi domini contenenti il nome degli Uffizi, è stata lunga e complessa. E interessava «somme enormi», quelle sui quali gira il fenomeno del bagarinaggio online. La società per anni ha usato quei domini «a proprio esclusivo profitto», spiegano dal museo, esercitando di fatto «un’attività di secondary ticketing». Ma la Corte Federale dell’Arizona ha messo un punto definitivo dichiarando il «superiore diritto del museo» italiano rispetto alla società ad usare nome, marchio e logo degli Uffizi. Giudicando BoxNic Anstalt colpevole di «cybersquatting», ovvero l’occupazione abusiva di spazio informatico, «trademark infringement and dilution», ovvero la violazione e sfruttamento del marchio, e anche di «unfair competition», concorrenza sleale. Adesso ha 15 giorni per trasferire agli Uffizi la registrazione dei domini dei quali si era appropriata.