L’edicola che resiste: «Una scelta di cuore»
Via Pellicceria, attività centenaria. Di padre in figlio nonostante la crisi del settore
Un’edicola a conduzione familiare che da un quarto di secolo — ma l’attività è centenaria — resiste nonostante tutto: l’editoria in crisi, i giornali online, i residenti scomparsi, la stampa internazionale tanto ricercata dai turisti che non distribuisce più diversi quotidiani. E poi — beffa finale, in quello che dovrebbe essere uno dei «salotti del centro storico» — anche una bancarella di t-shirt calcistiche che nasconde, nella galleria di via Pellicceria, il chiosco di Mattia Ianni.
«Questo mese — racconta proprio lui — avrò un incontro con l’assessorato allo sviluppo economico e con quello al decoro urbano: un confronto costruttivo per ottenere più controlli». Già, perché dal 2006 per 12 mesi all’anno l’«ombra» del gigantesco stand rende ancora più difficile la sopravvivenza dell’edicola. Che è l’orgoglio della famiglia Ianni: «Mi sono laureato in ingegneria — spiega Mattia, 33 anni — ma ho fatto una scelta di cuore, continuando il lavoro di papà».
Del resto, Mattia «è cresciuto» dentro al chiosco del babbo Saverio («Da ragazzino ero invidiato: avevo figurine illimitate») e dal 2016 lo ha appunto ereditato. Ma siamo sempre più «connessi» e la «carta» arranca: «Anni fa vendevamo decine di copie del Wall Street Journal agli alberghi. Poi però hanno smesso di distribuirlo...».
E con quello, anche il London Times, il Daily Mail, il Sun: stampa anglofona che andava a ruba. Ma il chiosco di via Pellicceria è un’istituzione soprattutto per i fiorentini. E gli aneddoti si sprecano. C’è Carlo Conti che compra le figurine per il figlio («Fu paparazzato e la Panini gliele ha regalate tutte: ci ho rimesso un sacco di soldi», scherza), ci sono i ricordi del film «Hannibal» («La produzione ci scelse per le riprese») e di un’adolescente Asia Argento:
«Veniva con la mamma, l’attrice fiorentina Daria Nicolodi: leggeva Cioè».
Senza scordare la funzione di presidio sociale. Tanto che ormai è stato «adottato» dal rione: «Ricordo che compravo le medicine per una signora a cui portavo i giornali: mi offriva sempre il caffè, era come una nonna». Proprio per questi momenti, Mattia non molla: «Fare il giornalaio è come essere sempre in viaggio: parli con gente di tutti i tipi e di tutto il mondo. Oggi un tifoso dei Red Sox che ti prende in giro per il cappellino degli Yankees, ieri Giorgio Albertazzi che si lamenta per il mal di gola dopo uno spettacolo e domani chissà».