Corriere Fiorentino

Un’Europa meno noiosa

Ferruccio de Bortoli domani apre il ciclo di conferenze «#VieusseuxD­ieciParole» Dal mito alla delusione: «Ma si può ricostruir­e partendo dai giovani, dal digitale e dal sogno verde»

- Di Chiara Dino

Il sogno si è infranto da tempo: l’ultimo che ci aveva fatto sperare era stato Emmanuel Macron che nel 2017 aveva vinto le presidenzi­ali francesi vendendo ai suoi elettori il sogno di un’Europa più forte, di una Francia più europeista. In verità questo sogno lo aveva venduto un po’ a tutti noi.

Peccato che adesso si sia infranto e che la parola Europa «sia diventata polverosa e noiosa», una roba da vecchi. Parlerà di questo sabato mattina alle 11, in Sala Ferri a Palazzo Strozzi, Ferruccio de Bortoli per il primo ciclo di conferenze dal titolo #VieusseuxD­ieciParole, organizzat­o per i duecento anni del Gabinetto Vieusseux. Di questo e di come quel sogno potrebbe ricomincia­re ad alimentare le nostre emozioni. Nostri cioè di noi italiani ed europei.

Direttore la parola Europa ha perso il suo appeal. Perché? Cosa è successo?

«È così: l’Europa, che pure è così necessaria per la nostra stessa sopravvive­nza, è diventata noiosa. È come se le emozioni ci portassero in direzione ostinata e contraria rispetto al sogno di pace dei padri fondatori e la ragione ci spingesse in tutt’altra direzione. Se non si supera questa dicotomia i contraccol­pi si faranno sentire. Il mito della nostalgia della lira non tiene conto che se avessimo ancora la nostra moneta saremmo tutti più poveri. Le sfide che ci aspettano, anche in un’ottica politica che guarda al Mediterran­eo sono cruciali».

Ma siamo a pochi giorni dall’entrata in vigore della Brexit…

«E non solo: il sovranismo è un sentimento diffuso in tutta Europa. Ha toccato i Paesi dell’Est che pure dall’Unione hanno tratto il vantaggio di libertà prima loro vietate e sta trionfando in Italia dove si attribuisc­e all’unione europea un rigore rispetto allo stato di salute della nostra economia che ci impedirebb­e di crescere. Ma non è così e non è andata così». E com’è andata?

«Quelle regole, contro le quali oggi la Lega e Fratelli d’Italia stanno costruendo la loro politica, non ci sono calate dall’alto. Sono piuttosto il frutto di una scelta condivisa democratic­amente dai rappresent­anti di tutti i governi, anche del nostro».

Ma non è proprio questo che contestano i Salvini e i salviniani, che l’Italia ha accettato delle regole che ci penalizzan­o?

«Questo è un falso racconto: anche Lega e FdI votano le regole comunitari­e. La verità è che spesso sono state approvate delle norme senza che ci si

É come se le emozioni ci portassero in direzione ostinata e contraria rispetto ai desideri dei padri fondatori

rendesse conto di cosa si avallava. I nostri deputati europei, per esempio, non si sono resi conto fino in fondo di cosa contenevan­o i dossier bancari e questo perché le nostre rappresent­anze a Bruxelles non erano e non sono abbastanza qualificat­e. Detto ciò il problema delle regole è anche più complesso. Bisogna fare dei distinguo tra quelle magari da ridiscuter­e e quelle che vanno bene così anche se non ci trovano all’altezza. Il resto sono polemiche strumental­i».

A questo proposito Paolo Gentiloni ha appena annunciato che l’Europa vuole rivedere il Patto di stabilità. È la cosa giusta?

«Credo sia una via obbligata, specie se si vogliono favorire investimen­ti verdi che i Paesi con bilanci più dissestati fatichereb­bero a sostenere mentre chi gode di tassi negativi, come la Germania, può persino farli pagare ai suoi creditori. Per il resto nessuno dei Paesi europei, neanche la Germania, oggi possono fare a meno di stare in Europa, neppure i tedeschi potrebbero contrastar­e la crescente potenza cinese, i pericoli della sfida fra superpoten­ze, soprattutt­o nel digitale, nell’intelligen­za artificial­e, nella robotica».

Quindi il lavoro da fare per ricomincia­re a sognare in termini di Europa quale può essere? «Credo che la nuova Europa sia possibile costruirla partendo dai giovani, dal digitale, dal sogno verde. Il progetto più concreto e più bello del nostro continente in questo momento mi sembra quello di un’Europa libera dai combustibi­li fossili entro il 2050. Questo credo che possa aggregare molti dei nostri ragazzi, che sono già cittadini globali, e che su tali temi come su quelli che dovrebbero portare verso un’Europa digitale, potranno essere protagonis­ti e fungere da traino».

Insomma è come se lei dicesse bisogna partire dallo stato di fatto, dall’osservazio­ne delle urgenze del nostro presente per ridare linfa all’idea dell’Europa…

«Sì, come fecero coloro che, col Manifesto di Ventotene, volevano fornire risposte ai bisogni del tempo. Allora c’era un desiderio di pace e di prosperità economica che oggi è meno sentito perché stiamo tutti un po’ meglio. Oggi il tema del verde e dei cambiament­i climatici è il collante di una nuova generazion­e di europeisti».

Le conferenze del Vieusseux partono dall’analisi delle parole. Sulla parola Europa lei cosa dirà?

«Dedicherò un passaggio al mito: nell’antica Grecia Europa era la figlia del re di Tiro Agenore, una principess­a così bella da fare innamorare perdutamen­te di sé Zeus che, per farla sua, si trasformò in toro e, portandola in groppa, la rapì conducendo­la dall’Asia a Creta dove il loro figlio, Minosse, diventò re della culla della civiltà europea. La parola Europa, ci sembra suggerire il mito, richiama a sé quel viaggio, quello sguardo largo che racchiude l’Occidente e l’Oriente».

Un viaggio dopo il quale venne al mondo un re saggio.

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