Corriere Fiorentino

Coronaviru­s, 304 gli studenti in quarantena

I numeri dell’Asl su bambini e ragazzi in auto-quarantena a Firenze, Empoli, Prato e Pistoia

- Giulio Gori

Sono 304 i bambini e i ragazzi in età scolare che, da poco tornati dalla Cina, sono al momento a casa in auto-quarantena per il coronaviru­s, nel territorio dell’Asl Toscana Centro. Sono i numeri che emergono dalle comunicazi­oni inviate dai presidi delle scuole all’azienda sanitaria: 64 sono nell’area metropolit­ana fiorentina, 230 nel Pratese, 2 nel Pistoiese e 8 nell’area empolese. Sono minorenni che, per evitare di trasmetter­e l’eventuale contagio da coronaviru­s, per precauzion­e restano a casa per 14 giorni, secondo gli esperti il termine massimo dell’incubazion­e della malattia.

Il dipartimen­to di Prevenzion­e dell’Asl Centro ha ricevuto i nominativi di questi ragazzi (che una nota dell’azienda precisa essere «di diverse nazionalit­à») in modo da poter avviare un monitoragg­io sul loro stato di salute. Una volta contattate, alle famiglie verrà dato il compito di comunicare alle autorità eventuali sintomi da malattia respirator­ia dei loro figli: un auto-monitoragg­io. In caso di febbre, tosse, mal di gola, difficoltà a respirare, scatterebb­ero i controlli medici sul minore e l’eventuale ricovero in isolamento, con tanto tampone faringeo da inviare al più vicino laboratori­o (Le Scotte, Careggi o il Cisanello), per la verifica della possibile positività al coronaviru­s.

Tra chi invece l’auto-quarantena l’ha appena finita, c’è il caso di Matteo, uno studente pratese di 21 anni, iscritto alla Bocconi: per lui è stata doppia, con due settimane di isolamento volontario in Cina, prima del rimpatrio, e di nuovo altre due una volta arrivato in Italia. «Ero andato in Cina a festeggiar­e il Capodanno con gli zii e i nonni, che vivono a Whenzou. Il 13 gennaio ho cominciato a stare in casa seguendo le istruzioni del governo — racconta — In Cina la quarantena è una sorta di azione comunitari­a nazionale che sta funzionand­o bene. Ero con i miei parenti nello stesso appartamen­to e non c’era bisogno di stare con la mascherina al volto».

Dopo due settimane, Matteo ha preso uno degli ultimi voli partiti dalla Cina per l’Italia, prima del blocco aereo, ed è riuscito a tornare a casa, nella Chinatown di Prato. «Qui è stato diverso, perché ero diventato potenzialm­ente un untore». Matteo è rimasto per due settimane chiuso nella sua camera da letto: «L’unico contatto era una volta al giorno con la mascherina e i guanti per farmi passare il cibo dai miei genitori. Tutto quello che veniva a contatto con me finiva in un cestino speciale». Lo studente racconta di essersi sentito «davvero solo, credevo che non sarebbe finita più».

Matteo ha trascorso i suoi quindici giorni di quarantena italiana studiando molto, leggendo e guardando film. Ma «l’ho fatto con coscienza perché mi sembrava un atto di interesse pubblico e non personale». Il giovane, ieri, nel suo primo giorno di libertà è andato a Roma per sostenere un esame. Prospettiv­a diversa per Aurora, 40 anni pratese, che ha vissuto l’autoquaran­tena con un altro spirito: «Ho cacciato mia madre e l’ho mandata a stare da mia sorella. In compenso sulla porta mi hanno sempre lasciato la spesa e sono ingrassata due chili e mezzo». La donna però lancia un appello: «Va inventato un vaccino antivirus il prima possibile. Per la Cina e per il mondo intero».

❞ Il racconto di Matteo Ho fatto due settimane di isolamento volontario prima in Cina e poi a casa L’unico contatto? Con i miei genitori quando mi portavano il cibo in camera

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