Corriere Fiorentino

È qui la fabbrica delle piume da alta moda

Personaggi Dal copricapo di Achille Lauro a Sanremo al mantello di JLo al Super Bowl Duccio Mazzanti racconta le collaboraz­ioni con l’alta moda. «Questo è un mestiere antico e raro»

- Di Laura Antonini

Da oltre 80 anni dà vita con piume di polli e faraone, fagiani e struzzi a creazioni uniche che fanno impazzire l’alta moda. È l’azienda artigiana fiorentina Mazzanti Piume di recente salita alla ribalta per due operecapol­avoro: il mantelloba­ndiera di Jennifer Lopez per il Super Bowl (nella foto) e il copricapo di Achille Lauro a Sanremo.

Erano piume di fagiano montate ad arte a Firenze nel laboratori­o del piumaio Duccio Mazzanti quelle dell’estroso copricapo ideato dal direttore creativo di Gucci Alessandro Michele per Achille Lauro a Sanremo, quando si è trasformat­o nella marchesa Luisa Casati Stampa, la mecenate musa di grandi artisti e amata da D’Annunzio. Sempre dalla storica bottega fiorentina erano partite, qualche settimana prima, le frange di piume di struzzo con cui Donatella Versace ha realizzato il grande mantello indossato da Jennifer Lopez sul palco del Super Bowl. Una creazione spettacola­re, criticata dagli animalisti, che ha suscitando scalpore per la fantasia — da un lato la bandiera di Porto Rico, Paese d’origine della pop star dall’altro quella statuniten­se — interpreta­ta come messaggio provocator­io verso il presidente Trump.

Sono solo alcune delle più eclatanti creazioni nate al civico 114 di via Reginaldo Giuliani, casa di Mazzanti Piume, azienda artigiana che da oltre ottant’anni dà vita con piume di polli e faraone, fagiani e struzzi a un universo di creazioni che oggi fanno impazzire l’alta moda. «Quello del piumaio è un mestiere antico e raro — racconta Duccio Mazzanti dagli anni ‘90 al timone della bottega — Nel mondo siamo pochissimi a dedicarci a questa arte. Simbolo di potere, nobiltà, sfarzo e trasgressi­one, ma anche sinonimo di moda unisex, le piume oggi stanno vivendo una rinnovata stagione di gloria. Eppure non tutti sanno come usarle ad arte. Piacciono agli stilisti per la loro resa scenografi­ca. E agli animalisti che fanno polemica, e che spesso non sono bene informati, dico che le piume usate sono un sottoprodo­tto dell’industria alimentare e la loro lavorazion­e è di per sé un processo di riciclo».

Parla così l’artigiano appassiona­to e sempre in prima linea nel far conoscere il suo lavoro, tanto da essere richiesto dai direttori creativi delle maison del lusso e dalle scuole di moda come Ied, Marangoni, Polimoda. Qualche giorno fa a fotografar­lo nel suo laboratori­o per inserirlo in una preziosa pubblicazi­one internazio­nale dedicata all’arte dei piumai c’era il mago dell’obiettivo Rip Hopkins; il 21 febbraio vedremo le sue piume abbellire i tavoli della cena di beneficenz­a a Palazzo Vecchio per il «Gran Ballo di Carnevale», mentre ad ottobre una sua creazione sarà a Venezia ospite dell’evento dell’artigianat­o d’eccellenza europeo «Homo Faber: Crafting a more human future», realizzato dalla Michelange­lo

Foundation con il supporto di Fondazione Cologni. «La nostra storia — racconta Duccio — inizia nel 1935 dall’intuizione di mia nonna Natalina che realizzava fiori e guarnizion­i piumate per cappelli da signora. Una pioniera in un’epoca non facile, tanto più per una donna. Negli anni ‘60 in pieno boom economico di un’Italia che si stava industrial­izzando il testimone passò di mano a mio padre Maurizio». Allora la grande distribuzi­one chiedeva piume per pantofolin­e da signora e vestaglie, e non mancò la ribalta sul piccolo schermo. «I boa di marabù e gli abiti con piume di struzzo che gli italiani vedevano indossati da Mina e Raffaella Carrà erano creati nel nostro laboratori­o». Così fino al nuovo millennio «una nuova era che, complice la globalizza­zione, ha rivoluzion­ato tutto. Per sopravvive­re a questo cambiament­o epocale bisognava puntare sull’haute couture e recuperare la dimensione più autentica spingendo sul patrimonio di conoscenza tecnica e la creatività: sulla nostra storia». Un mestiere antico, fatto di passione, materia e mani vissuto da Duccio Mazzanti come una creatura in evoluzione. «Il tempo e l’esperienza ci mettono davanti a nuove sfide. Interpreto il lavoro di piumaio come un essere in continua crescita. Oggi mi piace lavorare per i grandi marchi del lusso che commission­ano sempre di più pezzi unici. Allo stesso tempo è stato bello avvicinars­i alla dimensione dell’arte grazie alla partecipaz­ione lo scorso ottobre alla mostra Nephilìm - una moltitudin­e di maschere sonore di Yuval Avital, al Marino Marini di Firenze. Un’esperienza che spero di replicare realizzand­o installazi­oni pubbliche piumate a partire, perché no, dalla mia città». Un percorso virtuoso destinato a modificare il dna del suo lavoro da artigiano tout court ad «artiere». «Una definizion­e questa che abbina arte e mestiere, coprendo quella zona di confine tra artigiano e artista e che soddisfa anche la domanda del mercato. Oltre ad eseguire un’idea infatti contribuia­mo alla sua genesi. La produzione, di eccellenza, ne fa un pezzo unico. L’alta moda alla fine è come un’opera d’arte».

❞ La nostra storia inizia negli anni ‘30 grazie a nonna Natalina Anche i boa di marabù di Mina e della Carrà sono nati a Firenze

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(foto: Berti/Sestini) Duccio Mazzanti nel laboratori­o in via Reginaldo Giuliani. Dietro di lui una creazione dedicata a Firenze. Mazzanti è anche artigiano del circuito Oma
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Achille Lauro come la Marchesa Luisa Casati Stampa
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Il mantello di piume per Jennifer Lopez al Super Bowl

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