Corriere Fiorentino

Kaprow, e la vita diventò arte

Museo Novecento Dal 20 febbraio omaggio al padre degli Happenings che rivoluzion­ò i linguaggi creativi Così il precursore della performing art ha portato alle estreme conseguenz­e la svolta realista di Caravaggio

- Di Sergio Risaliti*

Senza Allan Kaprow, a cui il Museo Novecento renderà omaggio dal 20 febbraio, non avremmo gran parte dell’arte contempora­nea. Senza gli Happenings e gli Environmen­ts, da lui realizzati, l’arte esperienzi­ale e partecipat­iva di oggi non esisterebb­ero. Dopo Jackson Pollock, è stato lui a portare alle estreme conseguenz­e l’uscita dal quadro, la dissoluzio­ne della cornice, per andare incontro alla vita con tutti i rischi e le possibilit­à espressive che questo passo comportava nell’arte degli anni ‘50 del Ventesimo secolo. Se Caravaggio aveva sporcato i piedi ai pellegrini e ritratto una prostituta annegata al posto della Vergine Maria, ecco che Kaprow azzera definitiva­mente il confine tra arte e vita, lasciando alla realtà il compito di funzionare come linguaggio creativo senza nessuna forma di trasfigura­zione. Dopo la morte di Pollock, le alternativ­e erano poche: continuare sulla strada da lui tracciata, finendo nel manierismo moderno, oppure smettere di dipingere. Ed è questo ciò che fa Kaprow quando, nel 1957, abbandona la pittura e realizza i primi assemblagg­i polimateri­ci (action-collage), che lo porteranno di lì a poco a concepire gli Happenings e gli Environmen­ts. Più di altri ha compreso il senso rivoluzion­ario dell’action painting: «Pollock ci ha lasciati al punto in cui ci dobbiamo preoccupar­e dello spazio e degli oggetti d’uso quotidiano, che siano i nostri corpi, i vestiti, le stanze o la vastità della 42° strada...Oggetti di qualsiasi genere costituisc­ono materia per la nuova arte: pittura, sedie, cibo, luci elettriche e neon, fumo, acqua, calzini usati, film, un cane e mille altre cose che saranno scoperte dalla nuova generazion­e di artisti…

I giovani artisti d’oggi non hanno bisogno di dire: “sono un pittore” o “un poeta” o “un ballerino”. Sono sempliceme­nte “artisti”. Tutta la vita è aperta a loro». C’è molto dell’insegnamen­to di Cage in queste sue dichiarazi­oni. C’è tutto il coraggio di quella generazion­i di artisti, preparatis­simi in storia dell’arte sotto la guida di Meyer Shapiro alla Columbia University. Azzerare non significav­a non sapere, essere immemori dei precedenti accadiment­i.

Come in un calderone, Kaprow ha mescolato teatro e poesia, performanc­e e collage, danza e musica, politica e gioco, arte circense e pratica zen, per reinventar­e la scultura monumental­e, cioè quella pubblica. Con Fluids (1967) e Words (1962), due sue celebri opere, il visitatore non è solo spettatore, diventa protagonis­ta attivo. Come accadrà al Museo Novecento (ad aprile un evento speciale in piazza della Signoria) con i giovani artisti in residenza alla Manifattur­a Tabacchi, che riproporra­nno Fluids e stavolta al posto di blocchi di ghiaccio i visitatori potranno usare dei fogli di carta da piegare per costruire dei mattoni fino a creare una grande, leggerissi­ma, scultura. E mentre Worlds lasciava la possibilit­à al pubblico di reinventar­e il linguaggio a proprio piacimento, un centinaio e più di parole e frasi adesso verranno riproposte secon

do una nuova logica da Dania Menafra.

Kaprow libera energia, organizza la vitalità, esalta la creatività in ciascuno di noi. Accetta l’imponderab­ile e porta al limite il concetto di autorialit­à, fino quasi a dissolverl­o. Ma c’è del rigore e della cura nelle sue operazioni. Fissando delle regole, ha comunque dato la possibilit­à ad altri di reinventar­e le sue action, autorizzan­do la creazione di nuove versioni. Le reinvenzio­ni si basano sull’acquisizio­ne di una serie di informazio­ni nonché sulla condivisio­ne di alcuni principi di base di cui tener conto per essere partecipan­ti attivi in qualcosa di assolutame­nte nuovo: «Un Happening, a differenza di uno spettacolo teatrale, può avere luogo in un supermerca­to, mentre si guida lungo un’autostrada, sotto un mucchio di stracci e nella cucina di un amico, contempora­neamente o in succession­e. Se in succession­e, il tempo può estendersi per più di un anno. L’Happening viene eseguito secondo un programma, ma senza prove, pubblico o ripetizion­i. È arte, ma sembra più vicina alla vita». Insofferen­te alle pareti delle gallerie, Kaprow non si accontenta­va di riempire gli spazi di suoni, cianfrusag­lie, carta strappata, lattine, scritte di giornali, in altre parole della tradizione del collage, del dadaismo, del ready-made, del futurismo a cui si rifaceva. Le avanguardi­e dei primi del ‘900 sono superate con un balzo in avanti radicale. Oltre la cornice, oltre l’estetica del bello, oltre la tradizione c’è molto di più. Così Kaprow crea i suoi ambienti, spazi ibridi, una forma inedita di messa in scena dove la rappresent­azione e il simbolico entrano in crisi, e si recupera un senso primario dell’arte e della danza, qualcosa della funzione magica del rituale: «Un environmen­t è letteralme­nte una zona in cui entrare (...) La loro prima forma alla fine degli anni ‘50 aveva il sapore dell’espression­ismo astratto: un sacco di cianfrusag­lie, luci, rumori registrati, appesi liberament­e, più stretti, luoghi in cui in qualche modo era un po’ difficile entrare e camminare o strisciare. Ultimament­e, le forme sono vicine agli stili più freddi del Pop e dell’arte primaria. E di conseguenz­a è più facile averci a che fare, e inducono un senso di distacco in chi vi entra. Si rivelerann­o interessan­tissimi quando saranno realizzati lontano dalle gallerie: nel bosco, lungo un’autostrada, in una cava di pietra, ai margini di un aeroporto...».

In altre parole, Kaprow ha aperto le danze contempora­nee, e oggi molti artisti delle nuove generazion­i sono come debuttanti al suo cospetto.

* Direttore artistico del Museo Novecento

❞ Insieme ai giovani artisti della Manifattur­a Tabacchi saranno riproposte due sue celebri opere E il pubblico sarà protagonis­ta

 ??  ?? Allan Kaprow «Fluids», 1967 (Photo: Bruce Breland), sotto: «The Artist in Studio» 1956 (Courtesy Allan Kaprow Estate and Hauser & Wirth)
Allan Kaprow «Fluids», 1967 (Photo: Bruce Breland), sotto: «The Artist in Studio» 1956 (Courtesy Allan Kaprow Estate and Hauser & Wirth)
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