Il viaggio della salvezza per i mufloni
Da prede a invasori. Sono i mufloni dell’Elba, diventati una colonia di migliaia di esemplari. L’Ente Parco ha chiesto l’abbattimento di 500 esemplari. I volontari della Lav ne salveranno intanto 13: 2 i primi portati via mare al Centro di recupero di Semproniano.
Non appena aperta la cassa di legno in cui sono stati trasportati, i due mufloni corrono all’impazzata all’interno dell’area che gli è stata assegnata all’interno del Crasm, il Centro Recupero Animali Selvatici di Semproniano. Danno testate alla recinzione, hanno lo sguardo disorientato e impaurito. Ma sono salvi, ignari di essere sfuggiti a morte certa. «C’è voluto un anno e mezzo per riuscire a portarli qui — spiega Alessandro Torlai, presidente dell’associazione Irriducibili Liberazione Animale — È stata lunga ma ce l’abbiamo fatta».
I due esemplari provengono dall’isola d’Elba e là il loro destino sembrava segnato. L’ente Parco Arcipelago Toscano ha un problema con i mufloni all’Elba, nato negli anni ’70 quando questi animali furono portati sull’isola per farne prede di caccia. Gli animali hanno proliferato e sono diventati migliaia. L’ente parco ha previsto l’abbattimento per 500 esemplari. È stata la Lav (lega antivivisezione) a lanciare per prima l’allarme ed è stata l’associazione Irriducibili Liberazione Animale a raccogliere la sfida, che si è attivata, ha parlato con tutte le parti in causa, ha trovato i fondi e alla fine riuscirà a salvare 13 esemplari.
Storia Arrivati negli anni ‘70 come prede di caccia, oggi gli animalisti provano a portarli via
Due sono quelli arrivati sabato scorso al Crasm, gli altri arriveranno. «Non è stato semplice però: per questi due mufloni ci sono voluti due anni», rimarca Torlai, raccontando di come la burocrazia possa essere più fitta dei boschi che ricoprono questo versante dell’Amiata. Una volta ottenuto il permesso dal Parco per trasferire i mufloni, l’associazione ha trovato diversi ostacoli, partendo dall’accordo saltato con la ditta che doveva occuparsi delle catture. La soluzione l’ha offerta il responsabile del canile di Roccastrada Matteo Galdi, a cui è stato affidato il compito di catturare gli animali attraverso delle gabbie trappola con il cibo dentro, come il mais. «Il muflone vede il mais, si avvicina e lo catturiamo — ha spiegato Galdi — Per fare questo, però, bisogna che abbia fame». Dopodiché, i mufloni vengono sistemati in gabbie sicure, trasportati via mare su un traghetto e una volta sbarcati a Piombino prendono la via dell’Amiata. Altra questione sono stati i nodi economici e logistici. Torlai, membro della commissione regionale toscana a tutela degli animali, ha parlato con alcuni consiglieri a Firenze, come Monia Monni e Francesco Gazzetti, riuscendo a trovare sia il sostegno economico da privati cittadini e altre associazioni (Enpa, Lida Firenze, Gabbie vuote Pro Animals) sia la soluzione alla destinazione, offerta da Marco Aloisi, direttore del Crasm.