La casa dell’infanzia e la tabaccaia-Cupido
Erano quasi bambini. Roberta sentì parlare di Luca. La sua amica Silvia, innamorata di lui, glielo descrisse. Timido, sensibile, statuario, riccioli come un angioletto del Botticelli ma più celestiali. Roberta faticava a capire l’entusiasmo dell’amica. Ma quando lo incontrò capì e ne fu travolta. Si sentiva inadeguata, il gruppo era pieno di ragazze belle ed estroverse, lei era timidissima, non aveva speranze. Eppure lui la guardava in un modo... Roberta si chiuse in bagno con Silvia e le confessò quello che provava. L’amica, tra le lacrime, le rispose di non preoccuparsi. Roberta e Luca si misero insieme. Procedevano nel mondo mano nella mano. Quando lui cercava di baciarla lei si ritraeva, perché sua mamma le aveva chiarito che se l’avesse fatto si sarebbero aperti scenari catastrofici. Dopo sette mesi lui la lasciò preferendole una biondina meno pessimista. Per due anni Roberta lo pedinò piangendo, poi si asciugò gli occhi e cambiò direzione. Eppure il pensiero di Luca non la abbandonava mai. Ci fu una festa in una discoteca. Lei odia le discoteche. Ma sapeva che ci sarebbe stato anche Luca e andò. Ballarono con una confidenza antica e istantanea. Stavano per baciarsi («Ho quasi 18 anni, perbacco»). Ma mentre le labbra si avvicinavano arrivò suo padre e la portò via. Luca riprese il suo posto di sepolto vivo nel cuore di Roberta. Ridendo e scherzando Roberta giunse alla
soglia dei 39 anni. Dopo qualche amore sbagliato ambiva a una vita di solitudine. Fumava come una turca. Capitò dal tabaccaio di fronte alla casa dove era nato e vissuto Luca. Disse di getto alla tabaccaia: «Ma lei per caso conosce quel Luca che abitava qui di fronte?». «Sicuro, viene tutti i giorni». «Allora me lo saluti, sono Roberta». «Ma certo, mi lasci il suo numero che glielo do». «Grazie, non mi sembra il caso, me lo saluti e basta». «No no, me lo dia, stia tranquillla che glielo faccio avere». Glielo dette. Sicuramente lui non avrebbe chiamato. E poi magari non era neanche lo stesso Luca. Per non parlare di lei: era sicura di essere la stessa Roberta? Invece lui chiamò. Fissarono un appuntamento. Il giorno e l’ora si avvicinavano. Mentre si provava mille vestiti si disse: «Non ti riconoscerà più. Guarda come ti calza male questo vestito. Sei un mostro. E poi siete due estranei. Che vi direte tutta la sera?». Lui arrivò, bello come il sole, con il portamento nobile e quel sottile senso dell’umorismo. Andarono al bowling e si divertirono tantissimo, come bambini, senza neanche parlare troppo della loro vita. «Va bene così, pensò lei, non posso chiedere altro al destino». Quando si sono sposati, hanno portato i confetti alla tabaccaia.