Il monumento a Dante (con l’aiuto del Vate)
«Illustre amico, la ringrazio infinitamente d’aver accettato di scrivere per l’edizione monumentale di Dante ch’io sto preparando, la vita del divino poeta e per regolarità mi permetto di riassumere le condizioni convenute». Leo S. Olschki il 13 ottobre 1909 scriveva a Gabriele D’Annunzio per sancire la collaborazione del Vate, in esilio a Arcachon per debiti, a quella che per lui era la sua maggiore impresa editoriale, che oggi Laura Melosi ricostruisce nel recente volume D’Annunzio e l’edizione 1911 della Commedia, edito da Olschki. Il curatore dell’opera era Giuseppe Lando Passerini, allora direttore del Giornale dantesco; la scelta iconografica per questo volume pregiatissimo, cadde sulle xilografie che adornavano l’edizione veneziana curata da Cristoforo Landino, uscita nel 1491 a Venezia. Era quello il momento dantesco a Firenze, tra il ritorno in auge delle Lecturae Dantis e il celebre Concorso Alinari, a cui parteciparono non pochi artisti del mondo dannunziano, come Duilio Cambellotti e Adolfo De Carolis. Il poeta di Alcione inviò il testo con una lettera, che iniziava: «Mio caro amico, non mi perdo in parole per giustificare il mio indugio. Ella troverà un accenno alla mia angoscia nella prosa che le mando. Parlare di Dante dicendo cose nuove con motti potenti è impresa disperata».