SU VERSO FIESOLE, PER RESPIRARE L’ARIA DI RESINE SILVESTRI
«Tra le più belle delle tante belle strade della bella Fiorenza», scriveva, con deliberato abuso di «beautiful», Ruskin, a margine delle Passeggiate fiorentine, parlando delle sue salite alla volta di Fiesole, per via San Domenico. Salita ben nota a chi presta o ha prestato servizio nella Misericordia, dato che in via San Domenico c’è la clinica Prosperius (un tempo i viaggi erano invece in via Fratelli Rosselli) che ha trovato buona aria per i suoi pazienti, qui dove la strada comincia a salire, tra edere e sbuffi di siepi e squarci panoramici irti di pini e cipressi.
Via fin troppo amena, se vogliamo, per un santo la cui eredità, partita con belle intenzioni, finì per altra e più aspra china: l’Ordine dei Predicatori nacque dopo un suo viaggio per la Provenza, in cui vide la diffusione dell’eresia albigese, onde estirparla con la parola; finì per farlo con la corda e col fuoco. A Firenze non vi fu tuttavia gran traccia dei foschi momenti inquisitorî: da noi, i seguaci di quel Domenico che una sua suora (se non infatuata, almeno incantata) descrisse come «di corpo proporzionato e snello, viso assai bello, capelli e barba biondi, occhi luminosi», arrivarono già nel 1219, a due anni dalla fondazione dell’ordine, per prendersi una chiesetta fuori le mura, in mezzo a una vigna, e pensarono alla crescita più che alla repressione. Sancta Maria inter Vinea: il luogo dove sorse Santa Maria Novella. Proprio da quel monastero, ormai grande e potente, si staccò nel 1406 un riformatore, il beato Giovanni Dominici, che volle fondare un suo «conventino» a debita distanza. Dopo lunghe perorazioni, il vescovo di Fiesole gli concesse un appezzamento a metà strada che crebbe, anche come spedale, col nome di San Domenico, ed ebbe un’importanza testimoniata dall’aver avuto come novizî Sant’Antonino e il Beato Angelico. La strada ne prese il nome, e anche i suoi vanti — come la Villa delle Lune, oggi casa di riposo — col tempo si piegarono alla legge della carità, facendosi luoghi d’accoglienza o di cura; se alla prima fonte una lapide ci parla di visite di Leonardo e Ficino, Lorenzo il Magnifico e Agnolo Poliziano, Pico della Mirandola e Mino da Fiesole (più, in un’aggiunta, Anatole France e Arnold Böcklin), oggi, con buona pace di Ruskin, qua si ascende per guarire, e una volta inspirata l’aria balsamica per le resine silvestri, s’imbocca lesti il vialetto del Prosperius o delle altre cliniche.