Corriere Fiorentino

«Una notte a ricordare chi avevamo incontrato»

Il viaggio a Singapore, poi i primi malesseri. La moglie in ansia: «A chi lo avremo attaccato?»

- di Giulio Gori e Jacopo Storni

«È stato terribile quando mi hanno chiamato per dirmi che mio marito aveva il virus». Parla la moglie dell’uomo che è ricoverato a Ponte a Niccheri. «Ho passato la notte a chiedermi a chi ora potremmo averlo attaccato».

Il coronaviru­s è arrivato a Firenze. Un uomo di 63 anni che vive in Oltrarno è risultato contagiato dopo gli esami sui tamponi svolti a Careggi e alle Scotte e, poi, confermati dallo Spallanzan­i. Il paziente è ora ricoverato a Ponte a Niccheri con una seria polmonite. L’uomo non è stato in Cina nelle ultime settimane, né risultereb­bero contatti con qualcuno che ci è stato di recente. È stato invece a Singapore e nelle Filippine in vacanza, ma è tornato in Italia ormai dal 6 gennaio. Ora venti persone sono in quarantena e in attesa del risultato del tampone perché entrate in contatto con lui. Compreso il figlio, che frequenta le superiori al Poggio Imperiale, dove una scuola intera attende il test del ragazzo.

«Non ho dormito tutta la notte per chiedermi da chi mio marito possa avere contratto il coronaviru­s — racconta la moglie — e a chi ora potremmo averlo attaccato noi. Viaggiamo solo in auto, lavoriamo in uffici dove siamo soli, non usiamo mezzi pubblici, siamo stati a Singapore e nelle Filippine ma siamo tornati il 6 gennaio. È una cosa inspie-gabile». Il 13 febbraio, il 62 enne ha iniziato a non sentirsi bene. Il giorno dopo si è rivolto a un ambulatori­o privato per una lastra al torace, con la quale gli è stata diagnostic­ata una polmonite. SaIl bato 22, con le sue condizioni che peggiorava­no, si è invece rivolto a una guardia medica. «Stava male, avevamo avuto dal medico un antibiotic­o, non ha funzionato — ricorda la donna, che lunedì mattina ha accompagna­to il marito al pronto soccorso — Lunedì alle 23.30 mi hanno chiamato dall’ospedale per dirmi che mio marito aveva il coronaviru­s. È stato terribile».

62enne, che col camping gestito con la moglie sulla Costa degli Etruschi tiene aperta l’attività ricettiva tra aprile e ottobre, malgrado non stesse bene sarebbe stato di recente a cena fuori con gli amici a ristorante. E mentre la moglie ha manifestat­o i sintomi apparenti di un’influenza, che sono spariti in pochi giorni, le condizioni di salute dell’uomo sono peggiorate. Tanto che all’alba di lunedì ha chiamato un’ambulanza che l’ha portato alle 7,30 di mattina al pronto soccorso di Santa Maria Nuova. Secondo le nuove regole dell’Asl, i casi sospetti di coronaviru­s dovrebbero essere portati dal 118 direttamen­te a Ponte a Niccheri, che ha un reparto di malattie infettive. Ma i soccorrito­ri hanno scelto Santa Maria Nuova perché non hanno ravvisato gli estremi di un rischio di contagio. Una volta al pronto soccorso, però c’è stata la decisione di chiamare una seconda ambulanza per portare il paziente a Ponte a Niccheri dove è stato ricoverato in isolamento al reparto di malattie infettive diretto dal dottor

Pierluigi Blanc. Le condizioni di salute del paziente sono «stabili»: ha una polmonite seria, ma respira in modo autonomo, non è intubato. Lunedì, i tamponi col test sull’eventuale positività al coronaviru­s sono stati mandati ai laboratori di virologia di Careggi e delle Scotte di Siena, che hanno dato responso positivo. Così, ieri a mezzogiorn­o, dopo i controesam­i dello Spallanzan­i di Roma, il commissari­o straordina­rio per il caso coronaviru­s Angelo Borrelli ha potuto ufficializ­zare il primo caso fiorentino.

In reparto, all’unità di crisi dell’Asl Toscana Centro e nella task force della Regione c’è una sola certezza: il paziente non può aver contratto il virus durante il viaggio in Asia, perché non può aver sviluppato la malattia dopo quasi due mesi d’incubazion­e. Tanto più che all’epoca a Singapore e nelle Filippine non c’erano focolai. Le preoccupaz­ioni riguardano invece il possibile contagio dei famigliari, e non solo: per la moglie (anche in relazione ai sintomi influenzal­i dei giorni scorsi) e per il figlio, che frequenta le superiori al Poggio Imperiale, sono stati disposti quarantena e tampone. Nella task force regionale, è stato deciso di attendere i risultati sul ragazzo per capire se sia necessario fare il tampone ai compagni di classe. «Speravo che ci dicessero velocement­e il risultato, ma ancora niente, sono preoccupat­a — dice ancora la moglie, che sarà in quarantena per due settimane — Dalla Asl ci hanno detto che non possiamo uscire, ci hanno fatto grande allarmismo, ci hanno chiesto con chi siamo stati in contatto negli ultimi giorni, li abbiamo informati degli ultimi spostament­i». Sono una ventina le persone in quarantena e in attesa dei risultati del test: medici e operatori sanitari entrati in contatto col paziente, gli amici della cena al ristorante e anche un dipendente del campeggio (anche se su quest’ultimo non è stato disposto il tampone). Sull’origine dell’infezione, sul paziente zero e sull’eventuale catena del contagio, invece, ancora non si sa nulla.

A Ponte a Niccheri L’uomo ha una grave polmonite. Isolamento per i famigliari e una ventina di persone

Indagini in città Si cerca di ricostruir­e i suoi spostament­i tra ristoranti e strutture mediche

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