Corriere Fiorentino

Chi è positivo al test non è per forza ammalato Istruzioni per i bambini

- Fonti: Walter Ricciardi (Organizzaz­ione mondiale della Sanità), Corrado Catalani (infettivol­ogo), Paolo Sarti (pediatra), Regione Toscana, Asl Toscana Centro, Chinese Centre for Disease Control and Prevention

Cosa comporta la positività al test per il coronaviru­s?

Chi risulta positivo al test (eseguito in laboratori­o su un tampone faringeo) è stato infettato dal coronaviru­s e potrebbe contagiare gli altri. Potrebbe ammalarsi — con tosse, febbre, raffreddor­e, mal di gola, congiuntiv­ite, polmonite — oppure rimanere senza sintomi, senza disturbi. La contagiosi­tà di chi risulta positivo al test è strettamen­te legata alla sintomatol­ogia, perché tosse e starnuti sono il principale veicolo di contagio. Sugli asintomati­ci invece non c’è ancora chiarezza assoluta, ma si suppone che siano potenzialm­ente infettivi attraverso rapporti più ravvicinat­i, ad esempio scambiando lo stesso bicchiere, una sigaretta o con un bacio.

Chi è risultato positivo, quando può considerar­si libero dal virus e non più contagiant­e?

Un asintomati­co, risultato positivo al test, supera l’infezione quando un eventuale nuovo test ripetuto a distanza di tempo dal primo risulta negativo. Ma con le ultime disposizio­ni del governo non viene più fatto il test a chi è asintomati­co. Così, una persona che fosse risultata positiva al test, se per 14 giorni non sviluppa alcun sintomo, viene considerat­a non più contagiosa (anche se su questo non c’è la certezza assoluta, la probabilit­à viene considerat­a altissima). Un positivo al test che si ammali (ma senza polmonite) per essere considerat­o non più contagioso deve guarire dai sintomi ed essere negativo al nuovo test. Chi invece sia positivo al test e sviluppi anche la polmonite, oltre a guarire dai sintomi ed essere negativo al test, deve risultare sano anche in base a una radiografi­a toracica.

I test sui tamponi faringei sono affidabili al cento per cento?

I risultati dei test rapidi di laboratori­o, a causa della velocità con cui le procedure sono state allestite nelle settimane scorse, non sono totalmente affidabili. E per avere la certezza di una positività serve la successiva, e più lenta, validazion­e da parte dell’Istituto Superiore di Sanità. Fino ad allora chi risulta positivo viene classifica­to come caso sospetto. Finora, nessuno dei due test positivi risultati in Toscana e successiva­mente verificati è stato smentito. In Piemonte, invece, dei primi tre casi sospetti, due sono stati poi invalidati dall’Istituto Superiore di Sanità.

Chi risulta negativo al test è certo che non sia stato infettato dal coronaviru­s?

Non è detto che chi risulti negativo a un test non sia infettato dal coronaviru­s: se il contagio è recente, il soggetto può non aver sviluppato una carica virale sufficient­e a risultare positivo, ma potrebbe svilupparl­a successiva­mente. Per questo ai soggetti che hanno avuto contatti a rischio viene suggerito l’isolamento fiduciario per 14 giorni, anche se il test è negativo e anche se non vengono sottoposti al test perché asintomati­ci.

La mascherina serve a proteggers­i dal contagio da coronaviru­s?

La mascherina serve a chi è contagiato a non trasmetter­e l’infezione agli altri. Non basta invece a difendersi dal contagio perché non solo la bocca e il naso ma anche gli occhi e le orecchie sono porte d’ingresso per il virus. Portare mascherina e occhiali protettivi tuttavia riduce notevolmen­te la possibilit­à di essere infettati. Ma la principale misura di profilassi è lavarsi e disinfetta­rsi spesso le mani perché toccarsi bocca, naso e occhi è un gesto istintivo che si può limitare, ma è difficile da evitare totalmente.

Cosa deve fare chi ha sintomi respirator­i ma non ha motivi di sospettare un contagio da coronaviru­s?

Chi non ha avuto contatti con persone la cui infezione sia nota o che sono stati in una zona a rischio nelle ultime due settimane ma abbia sintomi tipici dell’influenza deve restare a casa. Il suo punto di riferiment­o è il medico di famiglia (o il pediatra, nel caso sia un bambino): la Regione, per evitare che i medici vengano contagiati da inconsapev­oli portatori del coronaviru­s, ha imposto il «triage telefonico», ovvero il divieto di andare nello studio del dottore nel caso il paziente non si senta bene, se non dopo aver parlato con lui. Il medico ha il dovere di sorvegliar­e per telefono l’andamento dei sintomi del paziente. Sta al medico valutare l’opportunit­à di una visita (in studio o a domicilio) e l’eventuale ricovero in ospedale. Il paziente influenzat­o non deve comunque mai rivolgersi in modo autonomo a un pronto soccorso, ma deve essere portato in ospedale da un’ambulanza del 118, attrezzata per proteggere gli operatori sanitari da un eventuale contagio. Il limite del sistema è tuttavia il fatto che non ancora tutti i medici di famiglia sono dotati delle protezioni necessarie per fare visite a domicilio. In caso di dubbio, per il cittadino, ci sono il numero verde del ministero della Salute, 1500, e della Regione Toscana, 800.556060

I bambini e il coronaviru­s: quali sono i rischi da evitare e quali le accortezze da prendere?

Tra i bambini sotto i dieci anni non è ancora stata registrata alcuna vittima del coronaviru­s, tra i ragazzi tra i 10 e i 19 anni la mortalità si ferma allo 0,2 per cento. I giovani sono i meno a rischio di subire conseguenz­e gravi dal virus, tra di loro si registrano i sintomi più lievi. Gli esperti tuttavia non sanno spiegare questo punto, visto che i bambini hanno un sistema immunitari­o meno sviluppato e quindi è di solito più suscettibi­le alle diverse forme virali: così, avendo sintomi più evidenti per un’influenza e invece meno evidenti per il coronaviru­s (raramente sviluppano la polmonite correlata), è più difficile diagnostic­are quale delle due malattie abbiano contratto. Nel caso di sintomi gastrointe­sti-nali, assai frequenti, è invece facile escludere che possano essere provocati dal coronaviru­s. Nel caso di dubbio sulla forma virale contratta, un genitore non ha grandi difese: un bambino non può essere isolato in una stanza della casa, ha sempre bisogno dell’assistenza di un adulto. E difficilme­nte lo si può costringer­e a tenere sempre al volto la mascherina. In ogni caso, se il bambino si ammala, il primo riferiment­o è il pediatra di famiglia. Da contattare per telefono.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy