SE LA TOSCANA È IL TRATTINO DEL DERBY SALVINI-MELONI
Cronaca, cronaca politica. Dai palazzi romani, ma anche dalle piazze (e da qualche retrobottega ) di tutta Italia. Per capire che cosa ci è successo nell’ultima settimana. E cosa c’è da aspettarsi da quella successiva
Si rincorrono, si studiano, sono in aperta competizione, si fanno pure i dispetti. Matteo Salvini e Giorgia Meloni si stanno contendendo da mesi lo scettro di capo della coalizione di centrodestra nonché di leader dei sovranisti italiani. I due discutono su tutto, dai candidati da scegliere alle prossime elezioni regionali all’opportunità o meno di fare un «governo di unità nazionale» (Salvini dice sì ma senza Conte, Meloni dice no punto e basta).
E, a proposito di scortesie per gli ospiti, in Liguria, Fratelli d’Italia sta corteggiando con una certa insistenza un consigliere regionale che ha appena lasciato la Lega, facendo infuriare i vertici leghisti; a gennaio in Emilia-Romagna la Lega ha candidato nelle sue liste per il consiglio regionale l’ex capogruppo di Fratelli d’Italia, scatenando le ire dei meloniani che hanno gridato alla «campagna acquisti» a loro danni. A Viterbo l’anno scorso Fratelli d’Italia ha scippato un assessore e un consigliere comunale alla Lega. E via così.
Anche in Toscana la competizione è aperta, anche se per il momento l’ostilità fra alleati non è così esagerata. Certo sarà interessante vedere quanto prenderà alle prossime elezioni regionali Fratelli d’Italia (a scapito della Lega?), qui guidata dal deputato Giovanni Donzelli, diventato nel frattempo uomo-macchina di Giorgia Meloni. Per il momento, però, Salvini e Meloni continueranno a farsi i dispetti. Il primo vorrebbe rivedere il patto che c’è sulla Puglia, dove al momento tocca a Fratelli d’Italia indicare il candidato governatore, la seconda non si schioda dalla proposta di Raffaele Fitto.
In questo scambio, peraltro, c’entra la Toscana: Salvini è pronto a rinunciare alla scelta del candidato governatore, offrendolo a Fratelli d’Italia, che però mantengono delle perplessità, visto che da queste parti la competizione con il centrosinistra è di nuovo complicata (capita quando ci metti mesi a scegliere un candidato e a individuare una strategia adeguata, anche in presenza di un momento favorevole).
I due leader si stanno logorando a vicenda, modello Highlander (ne resterà solo uno)? Il primo, da ministro dell’Interno, ha trasformato il suo mandato nel primo governo Conte in una nevrosi quotidiana, con la perenne denuncia di un’invasione mai avvenuta e di un assalto giornaliero ai confini italici. La seconda, capito che le strade erano due (diventare ancora più estremisti o rappresentare la destra ma senza ruttare per acquistare credibilità), ha cercato quantomeno di aggiustare il tiro. Una prova si è avuta qualche giorno fa, dopo la strage xenofoba di Hanau per mano di un estremista di destra. Due tweet a confronto: «Orribile strage a Hanau in Germania, una preghiera per i morti innocenti, un pensiero per i feriti e le famiglie delle vittime della follia omicida, un abbraccio di solidarietà al popolo tedesco», ha scritto Salvini mancando il punto, che invece è stato colto da Meloni: «Quello che è accaduto ad Hanau è disumano. Cordoglio e vicinanza al popolo tedesco, colpito da un crimine orribile che ci lascia sconcertati e che condanniamo con fermezza. Nella nostra Europa non c’è nessuno spazio per terrorismo, razzismo e xenofobia». Per Salvini, evidentemente, non valeva la pena circoscrivere la strage usando parole precise (no a «terrorismo», «razzismo», «xenofobia»). Il che la dice lunga su certi tic politici del salvinismo. Certo, quella di Fratelli d’Italia potrebbe essere solo furbizia tattica in attesa che l’alleato leghista si vada via via ridimensionando.
In ogni caso, non significa che il partito di Meloni non abbia grossi problemi da risolvere. Uno su tutti: la classe dirigente. Alcuni fatti di cronaca giudiziaria ci dicono che, al netto del necessario e doveroso garantismo, la destra conservatrice deve prestare molta attenzione alla selezione del proprio personale politico, come dimostrano l’arresto di Roberto Rosso, ex assessore regionale in Piemonte in quota Fratelli d’Italia, e la recente inchiesta in Calabria che coinvolge anche un consigliere regionale del partito di Meloni, Domenico Creazzo, finito ai domiciliari: per entrambi, arrivati da poco in Fratelli d’Italia e con storie politiche diverse alle spalle, l’accusa è di voto di scambio. Insomma, Meloni continua a crescere, i sondaggi la danno oltre il 12%e il rischio di imbarcare chiunque ora è molto alto. Succede a tutti i partiti che crescono. È successo al Pd di Matteo Renzi, è successo alla stessa Lega nel Mezzogiorno. Sta accadendo adesso agli italici affratellati.