MAGGIO, UN «DON PASQUALE» TROPPO KITSCH
Norina una semplice giovane graziosa e furba? Nel Don Pasquale di Donizetti in scena al Teatro del Maggio, una nuova produzione, il regista Andrea Bernard ne fa una disinibita e provocante spogliarellista, e forse anche qualcosa di più, che si esibisce in un peep-show: intona «Quel guardo il cavaliere» mentre si dimena, body attillatissimo, boa di struzzo e stivaloni, dentro a una cabina di vetro per sollazzare la vista dei vogliosi clienti. E che con i suoi giochi di seduzione non risparmia neppure il dottor
Malatesta, vestito in doppio petto fucsia. Momenti che se volevano ambire alla categoria dell’erotico, questo risulta pari a zero. Tutto lo spettacolo risulta di un greve gusto kitsch, e cerca di essere spiritoso senza riuscire ad esserlo (quando Don Pasquale s’immagina già sposato e con prole, uno schermo proietta le immagini di una famiglia felice a tavola, secondo gli stereotipi più melensi e banali). E tanto, troppo è il continuo sciamante movimento in scena di comparse e figuranti. Non è questione tanto dell’ambientazione in sé per sé, gli interni di uno smoderato casinò negli anni
Settanta (con tanto di tavolo della roulette, slot machine, schermi di sorveglianza) perché le scene di Alberto Beltrame, i costumi di Elena Beccaro e le luci di Marco Alba onestamente la soddisfano: quanto piuttosto dell’aver fatto di tutta la vicenda una triste storia squallida di gente vendicativa e senza scrupoli, di avidi libidinosi, di mantenuti, lestofanti e papponi. Si travisa così il senso del Don Pasquale, dramma buffo, si perde il senso della sua comicità lieve, spesso intrecciata a una patina sentimentalmalinconica; e quanto avviene sulla scena finisce
❞ La regia travisa il senso dell’opera di Donizetti Convince invece il cast
col non trovare corrispondenza con il senso e il significato dell’opera. Va un po’ meglio sul versante strettamente musicale, anche se Antonino Fogliani nulla propone di più che una direzione sicura, marcata e spiccia, più attenta all’incalzare del passo narrativo e meno alle sfumature; l’Orchestra del Maggio la segue con un certo impegno, così come il Coro risponde con convinzione. Buono il cast dei solisti, a cominciare dalla Norina di Marina Monzò, personalità spiccata, voce che corre bene seppur con qualche limite in zona acuta; Nicola Ulivieri è un Don Pasquale ben immedesimato e padrone della parte nei suoi più diversi aspetti, Davide Luciano un Malatesta dotato di timbro sicuro e disinvoltura scenica. Maxim Mironov è un Ernesto di agile prestanza fisica, canta con gusto e fluidità, ma la sua voce risulta troppo esile. Valido il Notaro del giovane Francesco Samuele Venuti. Stasera l’ultima replica.