Edizioni doc
Editoria I progetti di Sara Reggiani e Leonardo Taiuti fondatori della Black Coffee «Puntiamo sugli esordienti e riscopriamo chi merita. Joy Williams è l’esempio perfetto»
Esordienti, riviste: la letteratura della Black Coffee
Che le riviste letterarie siano il vivaio in cui gli editori cercano i nuovi autori è un fatto noto, che rischia però di far perdere di vista il punto centrale: il fatto che le riviste arrivano a un pubblico selezionatissimo, composto da lettori forti e addetti ai lavori, costituendo, quindi, una vera avanguardia. A ricordarlo ai lettori italiani ci ha pensato la casa editrice indipendente Black Coffee, fondata a Firenze nel 2017 dai due traduttori ed esperti di letteratura anglosassone Sara Reggiani e Leonardo Taiuti, che si è fatta notare portando anche da noi la rivista letteraria Freeman’s, dove il celebre editor John Freeman scova talenti da tutto il mondo (e ospita, sovente, giovani autori già affermatissimi). Un caso unico, sia pure in un Oaese – e in una città – dove è in atto una vera primavera delle riviste: «In Italia — raccontano — le riviste letterarie sono tante e molto valide, ma spesso sono il prodotto di un contesto amatoriale e restano precarie. È vero che stare ai margini del mondo editoriale permette un lavoro di selezione che non risponde agli interessi del mercato; tuttavia siamo convinti che, per fare una rivista che duri, trovare un editore disposto a investire sia una buona soluzione (per coerenza noi pubblichiamo una rivista statunitense: usufruendo dei nostri canali di distribuzione può contare su un buon livello di visibilità; Iperborea pubblica The Passenger che è addirittura finita in classifica). In generale crediamo che le riviste potrebbero lavorare a più stretto contatto con le case editrici, capire insieme a loro cosa manca, cosa c’è già, cosa serve, per creare davvero qualcosa di originale, di utile. Anche per questo dall’anno scorso ci siamo impegnati ad aiutare Firenze RiVista: un festival così è un’occasione preziosa di confronto e scambio fra chi si occupa di cultura».
Uno degli aspetti che logora maggiormente gli editori indipendenti italiani è la distribuzione, e in particolare lo stato di monopolio gruppi-distributori-catene di vendita…
«Proprio per sottrarci alle dinamiche della grande distribuzione inizialmente ci siamo affidati a DirectBook, che con un piccolo fisso annuale ci garantiva la presenza in catena, ma lasciava a noi il compito di stringere rapporti con le librein rie indipendenti e occuparci delle spedizioni. Fino a poco tempo fa pubblicavamo solo cinque libri l’anno e ci è sembrato un buon compromesso perché ci permetteva di gettare le basi della casa editrice senza restare soffocati dal mercato. Costava però non poca fatica gestire i rapporti con tutte le librerie, spedizioni incluse… Correvamo come pazzi per star dietro a tutto quanto. Eravamo sfiniti. Così qualche mese fa ci siamo arresi all’evidenza che le nostre ambizioni avevano trasformato un piccolo progetto una realtà dal grande potenziale, e abbiamo deciso di passare a una distribuzione canonica con ALI, che si occupa sia delle catene che delle indipendenti. I frutti già si vedono, le vendite stanno aumentando perché è aumentata la disponibilità dei titoli. Che possiamo dire quindi? Ancora in Italia non esiste un’alternativa e l’editore non ha molta scelta se vuole raggiungere un pubblico vasto»
Le novità in arrivo per Black Coffee sono infatti molte, a partire dal prossimo numero di «Freeman’s».
«Sì, in programma c’è il ritorno di Mary Miller, che dopo la raccolta Happy Hour torna con un romanzo, Biloxi, il suo secondo. Per il Salone, in vista delle elezioni americane di quest’anno, pubblicheremo un libro particolare proprio di John Freeman, Dizionario della dissoluzione, dove suggerisce vie per ricostruire una società sana, esortando a compiere piccoli atti di ribellione quotidiana dettati da gentilezza, generosità e ottimismo, a partire dalla riappropriazione del linguaggio, ovvero della capacità di immaginare e descrivere un mondo migliore. In anteprima, avremo poi il romanzo d’esordio della nostra prima canadese, Claudia Dey, Heartbreaker».
Nel mercato odierno, malato di velocità, le novità sono fondamentali, ma la vera forza di una casa editrice non resta forse il catalogo?
«Basti dire che tra i nostri titoli più rappresentativi citeremmo Il corpo che vuoi di Alexandra Kleeman, il romanzo con cui abbiamo avviato le pubblicazioni: giovane scrittrice, esordio letterario, temi forti raccontati da un punto di vista originale… Poi di certo Boy Erased, il memoir di Garrard Conley che racconta la storia di un ragazzo gay cresciuto a pane e Bibbia che viene mandato a ‘disintossicarsi dall’omosessualità’ in un centro di rieducazione: grazie al film hollywoodiano è, oggi, il più venduto della nostra casa editrice. E poi c’è Joy Williams, che ci rappresenta perché, oltre a occuparci degli esordienti, ci piace tradurre opere di autori mai arrivati in Italia o comunque ingiustamente dimenticati, che non hanno avuto la luce che avrebbero meritato. Joy Williams è l’esempio perfetto: arrivata in Italia col suo romanzo premio Pulitzer (I vivi e i morti, pubblicato nel 2009 da Nutrimenti), è stata sottovalutata e accolta con freddezza, ma in America è considerata una delle più grandi scrittrici viventi, specialmente nella forma breve, e noi abbiamo deciso di tradurre la sua antologia, L’ospite d’onore,
che racchiude quarantasei racconti scelti scritti nell’arco di mezzo secolo».
❞ In arrivo il «Dizionario della dissoluzione» di John Freeman in cui suggerisce piccoli atti di ribellione per una società sana
❞ Il libro più venduto è «Boy Erased» di Garrard Conley: storia di un ragazzo gay e la terapia per disintossicarsi dall’omosessualità