Da Codogno a Pontremoli, infetta medici e infermieri Cinquanta in quarantena
Ha frequentato un gruppo musicale PONTREMOLI che si è esibito a Codogno. Si è sentito male, è andato alla Casa della salute, al pronto soccorso, poi ricoverato nel reparto di medicina. L’ospedale ora è in quarantena.
Rischia la vita il 55 enne livornese trovato positivo al Covid-19, tenuto in coma farmacologico nel reparto di rianimazione degli Ospedali Riuniti. È il bollettino medico che chiude una giornata convulsa in una Livorno che si è scoperta vulnerabile al coronavirus. Lo raccontano meglio di tutto le file che si allungano dall’entrata dell’ospedale lungo viale Alfieri, decine (saranno centinaia alla fine) di persone in attesa di entrare e costrette ad attraversare il check point istituito all’ingresso: due infermiere che pongono a tutti la stessa domanda: «Ha febbre, tosse, è stato fuori Livorno?» e poi via con un’abbondante dose di gel igienizzante sulle mani. Siccome siamo a Livorno c’è chi prova a scherzarci su: «Sembra la scena di Benigni e Troisi, quella del fiorino...». Ma di sorrisi, a dir la verità, ce n’è pochi, si pensa a quell’uomo che qualche piano più su lotta con la morte. E mentre si cerca di ricostruire come abbia fatto l’uomo ad ammalarsi, dove sia stato, la voce della sua morte viene smentita da fonti ufficiali più volte durante la giornata. È la stessa azienda sanitaria a fare chiarezza in tarda serata: «L’uomo si è recato a Bologna lo scorso 15 febbraio per partecipare ad un torneo sportivo e là avrebbe contratto il virus — spiega il direttore dell’ospedale, Luca Carneglia — Tre o quattro giorni dopo ha cominciato ad avvertire i primi sintomi». Il problema è che questa circostanza, al momento del suo ingresso al pronto soccorso, l’uomo non l’ha rivelata impedendo così l’attivazione del protocollo differenziale per i casi sospetti e il relativo, immediato, isolamento. L’Emilia è infatti uno dei luoghi che fa scattare la profilassi immediata: «Si sentiva già male da circa una settimana — continua Carneglia — e non migliorava nonostante la terapia cortisonica e antibiotica disposta dal medico curante». È stato lo stesso medico di base a prescrivere ulteriori esami inviandolo al pronto soccorso, la mattina del 2 febbraio: «Quando ha dichiarato di avere disturbi respiratori gli è stata fornita una mascherina chirurgica, al pre-triage è stato nuovamente interrogato sulla storia clinica, ma ha riferito di non essere stato in posti differenti dalla Toscana. Comunque, dati i sintomi, è stato posto immediatamente in isolamento per una nuova visita». Ancora una volta, stando alla ricostruzione medica, il paziente avrebbe negato di essersi allontanato dalla regione: «Così è stato dichiarato non sospetto e portato al pronto soccorso, con una mascherina, per aiutarlo nella respirazione». Ancora nessun tampone ma le condizioni del paziente peggiorano rapidamente, da quel momento l’uomo è stato portato in terapia intensiva. Il tampone effettuato ha dato, nella serata del 3 febbraio, esito positivo in attesa del secondo esame dell’Istituto superiore di sanità. «Il rischio non è stato annullato, ma è stato contenuto — conclude il direttore dell’ospedale — alla luce delle premesse che avevamo in quel momento, cioè di un quadro atipico a causa della mancanza del criterio epidemiologico, cioè della provenienza da zona a rischio». Le indagini condotte dal personale sanitario hanno ricostruito il quadro dei contatti stretti che l’uomo ha avuto nei giorni di malattia prima del ricovero, un percorso a ritroso che ha portato sulla scrivania del sindaco Luca Salvetti dodici ordinanze di quarantena: moglie e figlia dell’uomo, entrambe asintomatiche, il medico curante e nove ordinanze per il personale sanitario (2 medici, 2 tecnici, 2 infermieri e 3 addetti). «Per noi è scattata la fase 2, che vuol dire allerta, per questo ho attivato il Centro operativo comunale e l’unità di crisi; stiamo studiando piani per garantire i servizi essenziali qualora il livello di allerta salisse ancora. Rinnovo l’invito alla calma — dice il sindaco — Questa situazione non deve diventare una caccia all’untore».
❞ Il direttore sanitario Il paziente non ha detto che veniva da Bologna e il medico di famiglia lo ha mandato al pronto soccorso Ora quarantena per 9 operatori sanitari