La solitudine dei capolavori (è una quarantena turistica)
Sale vuote agli Uffizi e all’Accademia. E la cassiera usa i guanti da ospedale
«Infermiera o cassiera?». Il turista ironico coglie l’occasione del vuoto che si trova intorno per scherzare con l’addetta alla biglietteria: le mani della ragazza, compresse nella guaina strettissima e bianca opaca di un paio di guanti da ospedale, non passano inosservate. «No, non me l’ha ordinato il direttore — sorride lei, — è una mia iniziativa personale, di precauzione».
La biglietteria degli Uffizi al tempo del coronavirus non va a rilento, è quasi inoperante. Calma piatta. Con il deserto fuori, sotto le logge. Nessuno nemmeno in fila alla cassa. Un metal detector risuona nel silenzio generale al primo che si dimentica di togliersi la cintura. È il primo di quattro che ieri alle 12.15 mettono mano al portafogli per prendere le 20 euro del biglietto.A metà giornata, normalmente un orario di punta per i flussi di visitatori, contiamo cinquanta persone in tutto il museo. Il dieci per cento dei quali indossa la mascherina antivirus.
Lo «state tutti a casa», l’America che ci mette in quarantena turistica: l’effetto «vuoto» è lampante. In direzione se ne sono accorti giovedì: fino al giorno prima la media ingressi era superiore a febbraio 2019. Poi il crollo improvviso.Il direttore Eike Schmidt si trova ad Amsterdam er una fiera dell’antiquariato. «Aspettare e resistere» è l’ordine di scuderia. Aspettare che passi o si calmi l’allarme sociale. E che i visitatori — sperano — possano tornare copiosi. Ma c’è anche l’attesa «degli aggiornamenti» e delle «novità su procedure e precauzioni» come raccontano dal museo. La regola aurea delle 920 presenze contemporanea di massima è un dato puramente accademico, come lo sono i 22 metri quadrati a testa che dividendo lo spazio complessivo per la capienza limite del museo, sono concessi dalla matematica a ogni visitatore. Altro che il «metro di distanza» consigliato dai virologi. Nel corridoio a ferro di cavallo si sente l’eco. Solo davanti alla Venere di Botticelli o al Tondo Doni di Michelangelo ha un senso ricordare alle persone di tenere una certa distanza. Lì fino a tre-quattro persone alla volta si trovano sempre. «Ma sta al buon senso delle persone mantenersi entro certi limiti» dice la custode seduta nella
Sala 41, quella di Michelangelo e Raffaello.
Gli Uffizi così vuoti non si vedevano da tanto tempo. Come la Galleria dell’Accademia. Tra i due sta messo meglio il museo di via Ricasoli: almeno lì una sala completamente vuota come quella del Trittico Portinari di Hugo van der Goes agli Uffizi non c’è. Ma il David non si è mai sentito tanto solo e poco fotografato come in questi giorni. Nella sala del Colosso, la prima che si incontra, entrando, all’ora di pranzo c’è solo un giapponese solitario che contempla indisturbato il Ratto delle Sabine del Giambologna. Le parole pronunciate dai custodi sono «fiacca», «noia», «relax» e soprattutto «almeno c’è più aria per noi». Perché il tema della salubrità dell’ambiente è ancora tutto da risolvere, ma almeno — sospirano — col museo vuoto si respira tutti meglio.
«Tutto il mondo è deserto e le persone sono impaurite e disorientate» commenta la direttrice da poco re-insediata, Cecilie Hollberg. «Abbiamo preferito rimandare a tempi migliori la festa di compleanno di Michelangelo e dell’associazione Amici della Galleria dell’Accademia prevista il 6 marzo con un concerto dell’Accademia del Maggio». Il suo ultimo pensiero è per il personale che «si sta comportando in maniera esemplare».
I direttori Schmidt: «Aspettare e resistere». Hollberg: «Le persone sono disorientate»