LE CANCELLATE, LE PIAZZE DA STRAPPARE AL DEGRADO E IL MUSEO NOVECENTO
Caro direttore, ho letto attentamente il tuo editoriale del 3 marzo, in cui prendi la parte del conservatorismo più agguerrito e irrigidito in difesa delle cancellate aggiunte in epoca moderna al loggiato rinascimentale del Museo Novecento. Mi è assai dispiaciuto leggere di endemica scarsità di visitatori al Museo Novecento. È del tutto inopportuno utilizzare la parola «endemica» in questo periodo. Forse sarebbe meglio lasciare ai medici certi termini. I dati inoltre ti danno torto. Il museo sta bene. La partecipazione dei cittadini e dei turisti è aumentata del 30% negli ultimi due anni. Ciò non si deve a un budget milionario, a campagne di comunicazione di migliaia di euro, a mostre spettacolari e costosissime. Siamo un museo ecosostenibile, cioè economicamente sostenibile, in una città in cui la competizione tra musei è altissima. Eppure, in un sistema ad alta densità culturale, il Museo Novecento ha migliorato le sue prestazioni annuali. Questo è stato possibile grazie a un lavoro lento fatto di dedizione, di professionalità e di cura scientifica. Lavoriamo sodo per accogliere in un ambiente, ben organizzato e ordinato, gli appassionati dell’arte, quelli che vogliono essere aggiornati. La tua considerazione ha offeso prima di tutto i giovani curatori, i mediatori culturali, le aziende, i partner, il personale di sorveglianza, i grafici e gli editori, quanti si stanno impegnando ogni giorno per rendere la nostra istituzione un museo all’altezza della competizione. Certo, i nostri sono numeri irrisori rispetto alle grandi macchine museali, ma, come scriveva Fichte nella Missione del dotto, un giorno dopo l’altro il numero degli edotti aumenta, e il tempo è dalla nostra parte. Tuttavia, questo museo, partito come deposito di una bella collezione, l’unico in città per il Novecento e il Contemporaneo, ora è diventato un punto di riferimento nazionale e internazionale nella produzione di mostre scientificamente ben preparate e realizzate. Non sono interessato ai numeri ma alle persone, alla potenza liberatoria della creatività. Faccio però attenzione ai dati economici. Un museo che alla collettività è costato poco più di 400.000 euro (per la produzione di ventisette mostre in un anno tra personali e collettive, e molti eventi collaterali, oltre a cataloghi e performance varie) e che trascina quasi sessantamila persone al suo interno, è un miracolo di efficienza e serietà scientifica, di controllo della spesa e di virtuoso management. Lo capirai venendo in visita alla bellissima mostra di uno dei grandi maestri dell’arte contemporanea, Allan Kaprow che in una foto accoglie tutti con un grande abbraccio. Preferisco un abbraccio alle cancellate, che non mi piacciono da nessuna parte, così come le armi in casa, i muri ai confini, le vedette sul mare usate per bloccare migranti e ricacciarli indietro. Drogati e alcolizzati non si respingono con cancelli, si curano se necessario, si aiutano a ritrovare felicità, piacere e desiderio a stare al mondo senza distruggersi. Quello che descrivi sono gli effetti a valle. Il problema forse sta a monte. Meglio un barbone sotto il loggiato che la cancellata. Preferisco vedere mangiare un panino sotto il loggiato a un museo storpiato da un’inferriata. L’arte ci rende più sensibili, tolleranti, curiosi, intraprendenti, è provato scientificamente. Mi sono speso fino ad oggi in questo lavoro perché credo che l’arte aiuti in questa missione impossibile. Credo che il museo — la casa delle muse — debba essere sempre più aperto e accessibile, e che per questo si debba presentare già in facciata senza cancellate. Il museo non è una gabbia. Mura e sbarre sono prigioni per chi sta fuori e chi ci vive dentro. Basta impegnarsi ognuno a suo modo; noi al museo, tu al giornale, per diventare, giorno dopo giorno, cittadini migliori. Questo impegno lo pretendiamo anche dalla politica. Perché la trascuratezza, la sciatteria, la negligenza, l’in
L’editoriale del direttore Paolo Ermini sul Corriere Fiorentino del 3 marzo curia aumentano laddove mancano esempio e guida. Santa Maria Novella, via della Scala, via Palazzuolo, si stanno trasformando poco a poco in un quartiere vitale e creativo, senza necessariamente diventare un salotto per il privilegio di pochi. Non è la nostra ambizione, sappilo. Collaboriamo nei nostri ruoli per rendere collettiva la sete di bellezza, la voglia di creatività. Non mancheranno anche da parte nostra richieste di pulizia, decoro, sorveglianza, migliorie alla mobilità. Rendiamo più vivibile la piazza, più accessibile il museo. Fra pochi mesi la scalinata sarà restaurata in bellezza. Apriremo delle residenze per giovani artisti in via Palazzuolo. Dacci una mano a render ancora più apprezzabile questo magnifico spicchio di Firenze. Ovviamente c’è da tenere sotto controllo la piccola criminalità, chi non rispetta le regole del convivere civile. Gli esercenti sulla piazza, colpiti duramente dagli eventi globali di questi giorni, stanno già facendo molto per il decoro, e altro sono disposti a fare. I risultati arriveranno. La cancellata sarà solo il ricordo di una stagione poco coraggiosa e poco aperta, che non vuole rimettersi in gioco, che usa gli assoluti e l’irreversibilità. Parliamone al museo. Credimi, da qui, senza la cancellata, la piazza, un giorno, sarà ancora più bella e civile. Sergio Risaliti direttore artistico del Museo Novecento
La fluviale lettera di Sergio Risaliti vale una breve risposta. 1) Auguro al Museo Novecento di moltiplicare rapidamente i suoi visitatori, ma è stato l’assessore Sacchi a parlare dell’abbattimento della cancellata come uno degli strumenti per accrescerne il numero; io mi sono limitato a scrivere che non sarà per questa via che sarà risolto un problema endemico (dizionario Sabatini Coletti: diffuso, persistente) del museo. L’aumento percentuale degli ultimi anni è stato significativo, e fa piacere, ma teniamo conto che di fronte ai quasi 60 mila visitatori di cui parla Risaliti il museo napoleonico di Portoferraio ne contava l’anno scorso 51 mila. 2) Difendere la cancellata delle ex Leopoldine non vuole dire essere conservatori «agguerriti e irrigiditi», ma semplicemente non fare finta di ignorare il motivo per cui fu installata, e cioè un degrado dilagante; come per Santo Spirito, io dico: trovate una soluzione adeguata a risolvere il problema del degrado e poi sarete moralmente legittimati a togliere tutte le protezioni senza alzarne di nuove. 3) I barboni sono sempre stati accolti sulle soglie delle basiliche e anche delle chiese di campagna. Quando si parla di distruzione del decoro si fa riferimento non agli ultimi, ma ai primissimi, agli habitués dello sballo, primissimi nel calpestare il diritto di tutti alla convivenza civile e alla dignità dei luoghi comuni. Sul sagrato di Santo Spirito il limite è stato abbondantemente superato e da molto tempo. Vogliamo fare un bel bis? 4) La cancellata del loggiato di San Paolo non sarà comunque mai il simbolo di una stagione «poco coraggiosa» come scrive Risaliti. Ma quello di una lunga stagione in cui una classe intellettuale ripiegata sulle proprie ambizioni si guarda allo specchio e non vede i disastri culturali che produce. Anche sulle pubbliche piazze.