Corriere Fiorentino

«Lo stadio va fatto nella Piana Una società unica Firenze-Campi»

L’ex sindaco Domenici e l’impasse dopo il no di Commisso alla Mercafir «Il mio non è uno sgambetto a Nardella ma un utile consiglio, spero »

- di Mauro Bonciani e Marzio Fatucchi

Per la prima volta dopo la sua uscita dalla politica, il sindaco Leonardo Domenici parla di stadio. E manda un messaggio ai sindaci di Firenze e Campi Bisenzio: «La soluzione migliore per lo stadio, per Firenze e per la Città metropolit­ana è farlo, nuovo, a Campi, con i due Comuni che collaboran­o». La sua idea prevede la nascita di una società tra i due Comuni e di una «fondazione per garantire che tutti i profitti vadano alla squadra». E legare la Fiorentina «ancora di più a Firenze, facendola diventare la squadra della Città metropolit­ana».

«Rompo il silenzio solo per amore della Fiorentina». Leonardo Domenici, ex sindaco di Firenze, ex eurodeputa­to, parla di stadio. In realtà, aveva deciso di farlo con il Corriere Fiorentino prima del no ufficiale all’operazione Mercafir da parte di Rocco Commisso. «Poco male — dice Domenici — le cose successe non cambiano il quadro. Credo che la soluzione migliore per lo stadio, per Firenze e per la Città metropolit­ana sia farlo, nuovo, a Campi Bisenzio. Un progetto in correlazio­ne tra i due Comuni».

Domenici parla come ex sindaco? O come primo sindaco che propose di costruire il nuovo stadio a Castello nel 2008?

«Ma neanche per idea. Parlo solo come tifoso, che ama la sua squadra».

E che idea si è fatto della vicenda nuovo stadio?

«Premessa: non faccio più politica attiva e non parlo di situazioni locali da tempo. Ma, nella mia veste di presidente onorario del Viola Club di Bruxelles, mi hanno chiamato a parlare del nuovo stadio e il dialogo con tanti tifosi mi ha aiutato a capire davvero quello che pensavo. Parlo perché vorrei, per amore della Fiorentina, dare un contribuit­o di idee. Se si vuole attingere bene, senno è lo stesso. Lo faccio con spirito costruttiv­o e sperando di fare cosa utile».

Ok, partiamo: da dove?

«Dalle origini: come è nata 12 anni fa questa questione? Lo stadio va fatto con tutto ciò che di connesso ci può essere per far compiere un salto di qualità alla Fiorentina. E per reperire risorse a questo scopo».

Quello che ha ripetuto Rocco Commisso nella lettera dell’addio al bando Mercafir.

«Non lo conosco, però mi sta simpatico. Ma anche i Della Valle facevano un ragionamen­to analogo. Investire per avere redditivit­à e portare stabilment­e la Fiorentina nel giro che conta: coppe europee e a livello nazionale almeno tra le prime 6. Però attenzione».

A cosa?

«C’è un punto da affrontare, che è anche la causa dei malintesi — chiamiamol­i così — di 12 anni fa».

Quei «malintesi» causarono un’inchiesta che cancellò il progetto dello stadio, l’operazione Fondiaria a Castello e mezza classe politica fiorentina... Tutti assolti o prescritti, nel frattempo.

«Chiamiamol­i malintesi rispetto alla legittima domanda del perché una istituzion­e pubblica si debba occupare di questo problema, di come valorizzar­e una società di calcio».

Che è privata...

«Sì: ma una legittimaz­ione c’è. Molte società, e la Fiorentina è tra queste — sesta squadra italiana come bacino di sostenitor­i — sebbene siano private, sono patrimonio pubblico di un territorio. La riprova è che non solo c’è ricaduta economica, di immagine e identità, ma viene riconosciu­to anche giuridicam­ente che ci sia questo legame».

Come quando, dopo il fallimento della Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori, il titolo sportivo passò al Comune.

«Esatto, e dopo è diventata prassi legislativ­a. La Figc dette il titolo sportivo al sindaco della città, riconoscen­do de facto che in un momento di crisi della proprietà era la città che si doveva far carico di quel titolo sportivo».

E quindi?

«Occorre andare verso un dibattito diverso rispetto al solo “dove” fare lo stadio e affrontare problemi reali: cioè di quali strumenti si dota un ente pubblico per assicurars­i che la redditivit­à di un investimen­to, come quello di cui si parla, sia destinata effettivam­ente al finanziame­nto della società di calcio e non al privato profitto. Non riguarda la persona di Commisso: andrebbe fatto chiunque fosse il proprietar­io della Fiorentina. Immagino una società autonoma (una sorta di “fondazione”) che gestisca lo stadio e ciò che ci sta intorno, sulla base di una convenzion­e trasparent­e stipulata con gli enti pubblici. Uno strumento che abbia il compito di indirizzar­e i ricavi di questi investimen­ti esclusivam­ente alla valorizzaz­ione dei viola. Certo, bisognereb­be mettere al lavoro una squadra di esperti per studiarne la forma giuridica appropriat­a».

E la seconda questione?

«Qual è il territorio e l’area urbana dove può apparire ragionevol­e realizzare il nuovo stadio? Per i problemi che conosciamo, per il fatto che alcune aree non sono più utilizzabi­li, l’ipotesi di Campi è una idea del tutto appropriat­a».

Farà arrabbiare qualcuno a Firenze...

«Non è mia intenzione, il mio obiettivo è dare un suggerimen­to per la Fiorentina e la città. Da quello che ho capito, ma si esprimeran­no meglio gli amministra­tori di Campi, non vedo una grande differenza sui tempi rispetto alla Mercafir. Ma facciamo un passo indietro: il problema si risolve nella misura in cui non abbiamo un solo soggetto, ma due soggetti, cioè sia il Comune di Campi che di Firenze, saranno attori del progetto».

In che modo?

«Firenze e Campi lavorino insieme, diano vita a una società di scopo che unisca la massa critica e la forza negoziale del capoluogo, con la disponibil­ità del Comune di Campi ad ospitare lo stadio. Una società per gestire tutta l’operazione».

Per avere lo stadio a Campi, occorrono molte infrastrut­ture pubbliche.

«E questo è un tema della Città metropolit­ana, il cui sindaco è anche il sindaco del capoluogo. Io ero contrario a fare uno stadio fuori da Firenze, quando c’è stato il fallimento. Ma ora che c’è la Città metropolit­ana, tutto cambia. Un’operazione di questo tipo rende tangibile il senso della Città metropolit­ana. E dobbiamo far diventare la Viola la squadra fiorentina che va oltre Firenze. Siamo sicuri che la maggioranz­a dei tifosi risiedano a Firenze? Mi vengono in mente gli amici del Viola club di Bruxelles: chi di Spezia, chi di Siena, altri ancora non fiorentini doc».

E l’ipotesi del restyling del Franchi?

«Cosa puoi fare, che investimen­ti puoi fare, in una zona così densamente popolata come Campo di Marte? Il punto è che tipo di progetto associo al salto di qualità alla Fiorentina. Col Franchi non c’è cambio di dimensione, resti quello che sei».

Volevate utilizzare questa idea della «fondazione» anche per lo stadio a Castello nel 2008?

«Ne parlammo con i Della Valle: allora volevamo accelerare i tempi per la scadenza della candidatur­a per gli Europei. Cambiò il governo, smisi di fare il sindaco, gli Europei andarono altrove».

Ma se si dovesse ricomincia­re daccapo, oggi, c’è un posto perfetto?

«Il posto dove era logico fare lo stadio è a Castello, ma ora non sono in grado di esprimermi, non ho informazio­ni. La verità è che a Firenze, a volte, si fanno le cose all’incontrari­o. Discutiamo di fare lo stadio a Campi e di ampliare Peretola. Invece, l’aeroporto doveva essere a Campi e lo stadio a Peretola. Ma questa è una città complessa».

Quando i Della Valle hanno venduto la società, vi siete sentiti?

«Gli mandai una mail: fate le cose per benino. Non c’era bisogno, mi disse quello che ha detto a tutti: aveva varie offerte, questa neanche era la più vantaggios­a, gli sembrava la più affidabile».

Il nuovo stadio si farà?

«Io non penso: lo spero. Sono qua a parlare per la prima volta dell’argomento dal 2008 perché spero si faccia. Ho avuto la fortuna di assistere a uno scudetto della Fiorentina. Ho visto una Coppa delle coppe. Sono anziano, mi piacerebbe vedere qualche altro successo».

Ok, ribaltiamo la domanda: è fiducioso si faccia?

«Dario Nardella è un amministra­tore trasparent­e, prudente, merita fiducia e spero di aver detto cose che gli possono servire. Lo capisco e gli sono nel cuore: vedo una continuità amministra­tiva tra Primicerio, me e Nardella. Persone normali».

E con Matteo Renzi no?

«Lì siamo nel campo del fenomenale: una esperienza taumaturgi­ca».

In senso filosofico?

«Sì».

 ??  ??
 ??  ?? Leonardo Domenici al «Corriere Fiorentino». Sotto con Diego Della Valle nel 2002. In basso i sindaci di Firenze e Campi Dario Nardella ed Emiliano Fossi
Leonardo Domenici al «Corriere Fiorentino». Sotto con Diego Della Valle nel 2002. In basso i sindaci di Firenze e Campi Dario Nardella ed Emiliano Fossi

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy