Caos tribunali, verso lo stop ai processi
Lo prevede la bozza del ministero. Braccio di ferro tra avvocati e Corte d’Appello
L’emergenza coronavirus manda in tilt anche i tribunali. Dopo due giorni di braccio di ferro tra avvocati che invocavano lo stop e la Corte d’Appello che riteneva l’astensione illegittima, il Governo ieri sera ha stabilito, in una bozza di decreto legge suscettibile di modifiche, lo stop delle udienze civili e penali fino al 31 maggio e lo svolgimento dei processi a porte chiuse.
Mercoledì l’Ocf, l’organismo congressuale forense, organismo di rappresentanza politica dell’avvocatura, aveva indetto l’astensione dalle udienze e da tutte le attività giudiziarie per quindici giorni, dal 6 al 20 marzo. Una sorta di sciopero per protesta contro la decisione di non prendere provvedimenti per tutelare la salute degli avvocati di fronte all’aumento dei casi di Coronavirus. E così le udienze in tribunale negli ultimi due giorni sono andate avanti negli ultimi giorni a singhiozzo, con alcuni giudici che hanno rinviato i processi, altri che hanno deciso di chiudere le aule al pubblico.
L’attività giudiziaria — avevano spiegato dall’Ocf — non si può sospendere solo nelle «zone rosse»e visto che stanno aumentando i casi di contagio tra avvocati e magistrati bisogna intervenire con misure adeguate. Giovedì sera era arrivata la risposta al termine di una riunione tenuta in videoconferenza tra tutti i distretti di Corte d’Appello d’Italia: l’astensione degli avvocati è illegittima e pertanto non saranno accordati rinvii di udienza. Così la presidente della Corte d’Appello di Firenze Margherita Cassano aveva disposto la regolare prosecuzione dell’attività giudiziaria tra le proteste degli avvocati.
«L’astensione proclamata da Ocf non appare motivo legittimante gli avvocati a disertare le udienze» — si legge nel documento inviato ai magistrati — nella misura in cui non spetterebbe né alla magistratura né all’avvocatura la valutazione della sussistenza di «gravi elementi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori».
Nei giorni scorsi la Giunta dell’Unione delle Camere penali aveva inviato una lettera al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per chiedere «risposte inequivoche» sulle misure a tutela degli «utenti della giustizia» in relazione all’emergenza sanitaria. «Quali differenze il governo ritiene sussistano, ai fini dell’obiettivo di contenimento della diffusione del coronavirus, tra uno stadio, un’aula scolastica, una sala cinematografica, e invece un Tribunale? — è la domanda che i penalisti hanno rivolto al ministro, sottolineando che «è giunto il momento di dare agli ‘utenti della Giustizia’ una risposta logicamente e scientificamente ineccepibile: perché non si può andare al cinema, ma si deve andare in udienza?». «Sin dal diffondersi di questa epidemia l’Unione delle Camere Penali ha ritenuto di schierarsi dalla parte di chi rifiuta allarmismi e isterie, e sceglie, come sempre, ragionevolezza e buon senso. Ma se avete deciso, e ne avrete avute tutte le ragioni, di chiudere le scuole di tutta Italia, dovete spiegarci perché non chiudere, salvi i processi urgenti ed indifferibili, i Tribunali».
Mosse e contromosse
L’organo congressuale forense mercoledì aveva indetto l’astensione dalle udienze, ma giovedì è stata dichiarata illegittima