L’AMUCHINA SULLE FAKE NEWS
Insieme al vertiginoso aumento di uomini, donne e bambini positivi ai test per il coronavirus, nelle ultime ore si sta registrando un’esplosione di notizie false, le cosiddette «bufale», altrettanto allarmante. Dal virus che si attacca sull’asfalto per 9 giorni (con relativo consiglio di utilizzare un solo paio di scarpe), alle bevande calde o alla Vitamina C che da soli sconfiggerebbero ogni contagio, fino ai messaggi di presunti medici amici di un cugino di una tal fidanzata che danno suggerimenti strampalati su come tenersi lontani dalla malattia: tutto viaggia attraverso i social network e i gruppi Whatsapp. E tutto contribuisce ad alimentare le fiamme — già abbastanza alte — della paura. Oltre all’igiene personale e pubblica, dunque, va salvaguardata anche l’igiene dell’informazione. In un momento così delicato, con la fragilità che si siede a tavola insieme a noi senza neanche chiedere il permesso, è soprattutto una questione di salute mentale. I giornali, le televisioni, le radio, i siti internet in questi giorni senza tempo stanno facendo un lavoro enorme per fornire tutte le notizie utili a chi è rintanato in casa aspettando che il Covid-19 venga sconfitto. Notizie di medicina, di servizio, di scuola, di sport, di cultura. Notizie a volte dure da leggere o ascoltare, altre — perché no? — più leggere. Ma pur sempre notizie: verificate attraverso fonti ufficiali, attendibili. Questo è il compito, non certo facile, di chi ha scelto l’informazione come mestiere. Ma è bene sottolineare un altro aspetto che in troppi, a torto, sottovalutano: chi ha un profilo social o partecipa a gruppi Whatsapp è a tutti gli effetti un «personaggio pubblico» e ha la responsabilità personale (e collettiva) di ciò che diffonde in rete. Quindi, un consiglio pratico: prima di condividere audio o testi che riguardano questioni mediche (e non solo), si impieghi almeno qualche minuto per fare una verifica su Google. Basta digitare il contenuto del messaggio più la parola «bufala» o «fake»: nella stragrande maggioranza dei casi ci si renderà conto — si spera — che diffonderlo diventa un potenziale danno per tutti. Proprio come uscire di casa senza un motivo in spregio ai decreti anti coronavirus.