Corriere Fiorentino

«Tamponi a tutti, il bivio è adesso E cominciamo dagli ospedali»

L’immunologo Romagnani: il virus muta e può riservarci altre sorprese O si prolunga la quarantena o si fanno i test per isolare chi non ha sintomi

- di Alessio Gaggioli

È concentrat­o davanti al computer di casa sua, come forse non gli succedeva da un po’. Il professore emerito dell’università di Firenze Sergio Romagnani — 81 anni da compiere — studia numeri, telefona a vecchi colleghi e a qualche suo allievo ora in prima linea come lo era e lo è sempre stato lui. Anche oggi che è in auto quarantena, dove ci si è messo ben prima dei decreti di Roma perché sa di essere un bersaglio. Nel 2000 Romagnani è stato incluso dall’«Institute of Scientific Informatio­n» tra i primi 107 ricercator­i al mondo nel campo dell’immunologi­a e tra i 29 italiani più citati in tutti i settori scientific­i. In casa c’è solo la moglie Anna Maria. Per le figlie Paola e Chiara, ordinarie di nefrologia al Meyer e di immunologi­a all’Università di Berlino, ingresso sbarrato. Il Covid-19, ne è convinto, è un killer intergener­azionale. Già da qualche settimana ne aveva il sospetto. Poi è arrivato lo studio del professor Andrea Crisanti, dell’Università di Padova, già suo allievo, che dopo aver sottoposto a tampone tutta la popolazion­e di Vò in Veneto ha avuto la conferma che tra le persone contagiate — specie fra i 30 e 50 anni — il 70% era priva di sintomi. Formidabil­i trasmettit­ori del virus. Nel suo intervento di domenica sul

Corriere Fiorentino Romagnani ha citato le conclusion­i dello studio epidemiolo­gico di Vò per lanciare un appello, a governo e Regione: «Sui tamponi occorre invertire la rotta, stiamo sbagliando. Bisogna estendere il test per isolare proprio i portatori silenziosi. Ieri c’è stato anche il richiamo del direttore dell’Oms (l’organizzaz­ione mondiale della sanità) Tedros Adhanom Ghebreyesu­s: fare test, test, test...».

Professore, lei ritiene dunque che il numero delle persone positive sia ben più elevato delle stime ufficiali?

«Assolutame­nte sì. Tra l’altro, a conferma dei dati di Vò, esiste il confronto con quelli della Corea del Sud riportati di recente dall’epidemiolo­go di Harvard, dottor Erik FeiglDing, dove una grande parte della popolazion­e è stata sottoposta a tampone e non solo i sintomatic­i come da noi. I numeri dimostrano che il 30% dei coreani infettati erano giovani tra i 20 e i 30 anni, per lo più asintomati­ci».

Ma in Italia è possibile estendere a tutti il test del tampone?

«Intanto bisognereb­be diffondere l’utilizzo delle mascherine il più possibile soprattutt­o nelle comunità a rischio. Ovviamente è impossibil­e testare tutta la popolazion­e. Per ora va benissimo la quarantena obbligator­ia ed è stata la soluzione migliore da cui cominciare. Ma dobbiamo pensare ad una exit-strategy e sarebbe molto importante mettere a punto le modalità per effettuare il maggior numero di tamponi soprattutt­o nei gruppi di individui apparentem­ente asintomati­ci, ma ad alto rischio di positività (tra i 20 e i 50 anni) che rappresent­ano possibili fonti di contagio a causa delle loro attività (personale sanitario, vigili, forze di polizia, cassieri dei supermerca­ti...)».

Non sarebbero però indifferen­ti i problemi di produttivi­tà (ad esempio nei laboratori) e i costi.

«Servirà uno sforzo per aumentare il numero dei laboratori capaci di effettuare ed elaborare gli esami e quindi di personale idoneo, nonché di personale che possa eseguire il tampone. Difficile fare una valutazion­e dei costi, ma ricordo che il costo di 2.000 tamponi (30 euro l’uno) è eguale a quello di un periodo di terapia intensiva di un paziente per circa 20 giorni (circa 50-60 mila euro). Nel caso la Regione adottasse l’estensione del tampone vorrei approfitta­re di questo spazio per lanciare un appello a privati facoltosi o fondazioni: aiutate il nostro sistema sanitario così come è successo in Veneto dove lo screening a tappeto è stato finanziato da un anonimo industrial­e».

Quali sarebbero i benefici dei test a tappeto?

«Con i tamponi prima della scadenza della quarantena si potranno identifica­re e isolare i soggetti infetti asintomati­ci, ma contagiosi, di età inferiore ai 50 anni con un enorme vantaggio anche di ordine economico, perché quelli non infetti potranno continuare il loro lavoro e ci saranno meno contagi anche familiari».

E perché l’Italia non può fare come la Corea del Sud e la Cina?

«La quarantena non potrà essere continuata troppo a lungo: il Paese rischia il crollo economico. Tuttavia, dopo non esisterann­o alternativ­e agli screening di massa. Abbiamo circa 20 giorni di tempo per organizzar­ci e iniziare, selezionan­do i bersagli più importanti di cui parlavo prima. Magari partendo dal personale sanitario: medici e infermieri. In Lombardia il numero di contagi è molto alto e queste persone se infette ma asintomati­che continuano a lavorare potendo divenire un veicolo della malattia per i loro pazienti e familiari. Nelle altre regioni il numero dei medici infettati è molto più limitato e testandoli si dovrebbe ridurre il rischio che si infettino e infettino».

Scovando i positivi asintomati­ci aumentereb­bero gli individui in quarantena. Un numero si presume altissimo, non facile da gestire...

«Bisogna individuar­e luoghi come è stato fatto con la Cecchignol­a a Roma. Ma occorre agire ora».

In Inghilterr­a avevano deciso di non fare nulla: sacrificar­e «i nostri cari anziani», come ha detto Boris Johnson nel suo discorso alla nazione, ma sviluppare la cosiddetta immunità di gregge.

«L’iniziale scelta inglese di non fare nulla per ottenere l’immunità di gregge, sia pure con il sacrificio delle persone più fragili e anziane, mi sembra disumana e inaccettab­ile. Noi dobbiamo continuare con la quarantena finché possibile, ma poi dopo il 3 di aprile, o si prolunga oppure si programma da ora l’identifica­zione degli asintomati­ci contagiati dal virus per isolarli».

Lei fa parte del Gruppo 2003, un team di ricercator­i e scienziati fra i più citati e quotati nel mondo. Avete discusso della sua proposta di estendere il test del tampone?

«Sì, più volte. Ieri, ho inviato a tutti loro la mia lettera al Corriere Fiorentino ed è stata molto apprezzata e subito pubblicata su Scienza in Rete. Alle 8 di stamani (ieri, ndr) aveva già ricevuto tantissimi like e commenti. Inoltre l’ho inviata anche ai professori Galli del Sacco, Rezza dell’Istituto Superiore di Sanità e Locatelli del Ministero della Salute. Spero recepiscan­o il messaggio».

Secondo lei il virus sta mutando? Si sta incattiven­do?

«Dai miei dialoghi con Andrea Crisanti è risultato che i pazienti di Vò con malattia grave erano anziani viventi in comunità, mentre quelli isolati, avevano un decorso meno grave, suggerendo che la ripetuta esposizion­e al virus ritrasmess­o fra più individui costituisc­a un elemento molto sfavorevol­e per la evoluzione della malattia. Quasi che (ma è solo una ipotesi) le modestissi­me mutazioni che il virus subisce (ricordiamo che è un Rna virus) lo rendano molto più pericoloso per coloro che sono esposti al Covid ripetutame­nte».

Professore quando si tornerà a vivere liberament­e?

«Essendo un virus nuovo non possiamo prevederne il comportame­nto mutazional­e nel tempo. Sarà molto importante (e lo dico da immunologo) comprender­e perché la gran parte dei giovani e anche un’alta percentual­e delle donne rimane asintomati­co e quali sono i meccanismi che determinan­o le forme più gravi di malattia negli anziani. Non è escluso che questa gravità sia legata ad una risposta immunologi­ca abnorme contro il virus, più che al virus. E anche per questo sarà necessario avere quanto prima esami molto semplici e rapidi per l’individuaz­ione di anticorpi specifici contro Covid sia per individuar­e gli infettati guariti che per selezionar­e quelli che possono donare plasma ai fini di una protezione passiva di altri soggetti con malattia grave, come già è stato tentato in Cina».

Lei ne ha visti tanti di virus, ma mai dall’isolamento. Come vive questa situazione?

«Per la prima volta da possibile bersaglio. Sono consapevol­e della possibile gravità di un contagio alla mia età. Sul piano del medico e dell’immunologo non mi sono mai trovato di fronte ad una situazione simile. L’infezione da Hiv, che ho affrontato scientific­amente e clinicamen­te tra i primi in Italia (insieme al compianto Professor Fernando Aiuti) era molto grave ma evitabile con semplici misure preventive».

L’appello Chiedo a privati facoltosi o fondazioni di aiutare la Regione e il nostro sistema sanitario come in Veneto dove sono riusciti a fare i tamponi a tappeto ❞

Vantaggi e svantaggi

Il costo di 2 mila tamponi è uguale a quello di un paziente in rianimazio­ne per 20 giorni. Isolare chi non ha sintomi limiterebb­e il contagio

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del Dipartimen­to di Medicina Interna

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