«Tamponi e isolamento, a Vo’ abbiamo fatto così»
Il professor Crisanti (università di Padova): «C’è un gigantesco sommerso di portatori sani»
Test a tappeto, come farli e quali benefici. Lo spiega il professor Andrea Crisanti che li ha fatti in Veneto.
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Non appena è emerso il primo caso Veneto, a Vo’ Euganeo, ha testato a tappeto tutta la popolazione locale sul coronavirus. Ha individuato un numero altissimo di positivi asintomatici, che così sono stati messi in quarantena. Riuscendo a ridurre drasticamente la diffusione del contagio. Protagonista dell’esperimento è il virologo Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia dell’Università di Padova, scienziato di fama internazionale. E uno dei suoi maestri, l’immunologo Sergio Romagnani, sulla base di quella ricerca ha lanciato alla Toscana e all’Italia un appello per ampliare i requisiti di chi deve essere sottoposto al test. «Questi test a tappeto dovevano essere fatti quando sono apparsi i primi casi, per limitarne la diffusione — spiega il professor Crisanti — Ora è più difficile, ma c’è sempre la possibilità di poter ricorrere a questo modello una volta che i casi torneranno a calare».
Professor Crisanti, come nasce l’idea di testare tutta la popolazione di Vo’ Euganeo?
«È nata per una combinazione: perché a Vo’ Euganeo si è verificato il caso 1 del Veneto e perché proprio in quel momento il governatore Luca Zaia suggerì l’ipotesi di un’ampia mappatura del contagio. È stato sulla base di questi due fattori, il limitato contesto epidemiologico e un input istituzionale che siamo partiti con la nostra ricerca».
Cosa avete fatto?
«Come Università di Padova
abbiamo sottoposto al tampone circa 3.000 persone. Sono emersi 89 casi positivi, ovvero il 3 per cento della popolazione di Vo’, un’enormità. Il contagio era estremamente diffuso, molto più di quanto ci saremmo aspettati. Però abbiamo anche notato che il 70 per cento delle persone testate era asintomatiche».
E queste informazioni come sono servite?
«I positivi sono stati messi in isolamento a casa, sono stati messi in condizione di non contagiare più nessuno. Il risultato è che al secondo test, fatto alcuni giorni dopo, solo altre 8 persone su 3.000 erano positive. Di fatto abbiamo abbattuto la propagazione del contagio del 90 per cento, rispetto ai modelli attesi. L’effetto è stato spettacolare».
Come è stato possibile fare così tanti test, visto che ci vogliono in media cinque ore per concluderne uno?
«All’Università di Padova abbiamo un laboratorio che analizza dai 1.200 ai 1.800 campioni al giorno, e impiega tre ore per ogni tampone. Si tratta di una realtà che già prima del caso coronavirus era il riferimento nazionale sui virus emergenti. Quindi eravamo preparati».
Ritiene fattibile oggi un test a tutta la popolazione?
«No, è chiaro che adesso è difficile, non ci sarebbero i mezzi per fare il tampone a tutta la popolazione italiana. Vo’ Euganeo ha rappresentato una situazione epidemiologica unica, ora invece sarebbero troppo alti i numeri. I campionamenti a tappeto possono essere fatti di fronte a piccoli cluster, quando i casi sono pochi e quindi non è difficile circoscriverli. Col senno di poi, sarebbe stato opportuno farlo, le indicazioni del governo e dell’Istituto Superiore di Sanità sono state probabilmente troppo restrittive. Ma non è il momento della polemica, anche perché c’è stato un elemento che ha condizionato le prime valutazioni». Quale?
«La Cina ha sempre detto che non c’erano positivi asintomatici. Faccio davvero fatica a credere che non si fossero accorti dell’esistenza degli asintomatici. Avessero mandato un altro messaggio le conseguenze su scala mondiale sarebbero state ben diverse. Perché le direttive nel resto del mondo sono state basate su quel tipo di informazione sbagliata: non si era capito che c’è un gigantesco sommerso di portatori sani».
Quindi ora è troppo tardi? «Tutt’altro. Se queste misure di contenimento decise dal governo funzioneranno, e ho ragione di credere che sarà così, allora bisognerà fare tamponi a tappeto attorno ai pochi casi che emergeranno tra qualche settimana. Bisognerà testare i contatti, i contatti dei contatti, il vicinato, campionamenti a tappeto ma mirati sui singoli cluster, non più di massa. È un aspetto decisivo, altrimenti si rischia un mese dopo di essere di nuovo daccapo, di ritrovarsi ancora in questa situazione con un’altra impennata di contagi. E di non finire mai»
Ma questa soluzione, al di là dell’esperimento di Vo’ Euganeo, non rischia di avere costi insostenibili?
«Dobbiamo pensare a quanti contagi e a quanti casi gravi potremmo evitare. Un malato ricoverato in terapia intensiva costa 2.500 euro al giorno. Un tampone e il test costano in tutto 30 euro».
La Regione Veneto come la pensa su questo punto?
«Il governatore Zaia sembra favorevole a questa prospettiva. E anche l’Oms ha cambiato avviso e ora chiede di fare test a tappeto».
Su Science è uscito uno studio cinese che dice lo stesso.
«Le evidenze oggettive hanno fatto cambiare opinione alla comunità scientifica».
Oltre ai test a tappeto cos’altro si può fare?
«Le misure di contenimento restano lo strumento essenziale, da cui non si può prescindere. Per ridurre il contagio non si può fare a meno delle regole di sorveglianza attualmente in vigore».
❞ Cosa fare ora Non è possibile fare i tamponi a tutti gli italiani, ma bisogna concentrarsi sui piccoli focolai e intervenire subito per circoscrivere l’infezione