Corriere Fiorentino

«Tamponi e isolamento, a Vo’ abbiamo fatto così»

Il professor Crisanti (università di Padova): «C’è un gigantesco sommerso di portatori sani»

- Di Giulio Gori

Test a tappeto, come farli e quali benefici. Lo spiega il professor Andrea Crisanti che li ha fatti in Veneto.

Non appena è emerso il primo caso Veneto, a Vo’ Euganeo, ha testato a tappeto tutta la popolazion­e locale sul coronaviru­s. Ha individuat­o un numero altissimo di positivi asintomati­ci, che così sono stati messi in quarantena. Riuscendo a ridurre drasticame­nte la diffusione del contagio. Protagonis­ta dell’esperiment­o è il virologo Andrea Crisanti, ordinario di microbiolo­gia dell’Università di Padova, scienziato di fama internazio­nale. E uno dei suoi maestri, l’immunologo Sergio Romagnani, sulla base di quella ricerca ha lanciato alla Toscana e all’Italia un appello per ampliare i requisiti di chi deve essere sottoposto al test. «Questi test a tappeto dovevano essere fatti quando sono apparsi i primi casi, per limitarne la diffusione — spiega il professor Crisanti — Ora è più difficile, ma c’è sempre la possibilit­à di poter ricorrere a questo modello una volta che i casi torneranno a calare».

Professor Crisanti, come nasce l’idea di testare tutta la popolazion­e di Vo’ Euganeo?

«È nata per una combinazio­ne: perché a Vo’ Euganeo si è verificato il caso 1 del Veneto e perché proprio in quel momento il governator­e Luca Zaia suggerì l’ipotesi di un’ampia mappatura del contagio. È stato sulla base di questi due fattori, il limitato contesto epidemiolo­gico e un input istituzion­ale che siamo partiti con la nostra ricerca».

Cosa avete fatto?

«Come Università di Padova

abbiamo sottoposto al tampone circa 3.000 persone. Sono emersi 89 casi positivi, ovvero il 3 per cento della popolazion­e di Vo’, un’enormità. Il contagio era estremamen­te diffuso, molto più di quanto ci saremmo aspettati. Però abbiamo anche notato che il 70 per cento delle persone testate era asintomati­che».

E queste informazio­ni come sono servite?

«I positivi sono stati messi in isolamento a casa, sono stati messi in condizione di non contagiare più nessuno. Il risultato è che al secondo test, fatto alcuni giorni dopo, solo altre 8 persone su 3.000 erano positive. Di fatto abbiamo abbattuto la propagazio­ne del contagio del 90 per cento, rispetto ai modelli attesi. L’effetto è stato spettacola­re».

Come è stato possibile fare così tanti test, visto che ci vogliono in media cinque ore per concludern­e uno?

«All’Università di Padova abbiamo un laboratori­o che analizza dai 1.200 ai 1.800 campioni al giorno, e impiega tre ore per ogni tampone. Si tratta di una realtà che già prima del caso coronaviru­s era il riferiment­o nazionale sui virus emergenti. Quindi eravamo preparati».

Ritiene fattibile oggi un test a tutta la popolazion­e?

«No, è chiaro che adesso è difficile, non ci sarebbero i mezzi per fare il tampone a tutta la popolazion­e italiana. Vo’ Euganeo ha rappresent­ato una situazione epidemiolo­gica unica, ora invece sarebbero troppo alti i numeri. I campioname­nti a tappeto possono essere fatti di fronte a piccoli cluster, quando i casi sono pochi e quindi non è difficile circoscriv­erli. Col senno di poi, sarebbe stato opportuno farlo, le indicazion­i del governo e dell’Istituto Superiore di Sanità sono state probabilme­nte troppo restrittiv­e. Ma non è il momento della polemica, anche perché c’è stato un elemento che ha condiziona­to le prime valutazion­i». Quale?

«La Cina ha sempre detto che non c’erano positivi asintomati­ci. Faccio davvero fatica a credere che non si fossero accorti dell’esistenza degli asintomati­ci. Avessero mandato un altro messaggio le conseguenz­e su scala mondiale sarebbero state ben diverse. Perché le direttive nel resto del mondo sono state basate su quel tipo di informazio­ne sbagliata: non si era capito che c’è un gigantesco sommerso di portatori sani».

Quindi ora è troppo tardi? «Tutt’altro. Se queste misure di contenimen­to decise dal governo funzionera­nno, e ho ragione di credere che sarà così, allora bisognerà fare tamponi a tappeto attorno ai pochi casi che emergerann­o tra qualche settimana. Bisognerà testare i contatti, i contatti dei contatti, il vicinato, campioname­nti a tappeto ma mirati sui singoli cluster, non più di massa. È un aspetto decisivo, altrimenti si rischia un mese dopo di essere di nuovo daccapo, di ritrovarsi ancora in questa situazione con un’altra impennata di contagi. E di non finire mai»

Ma questa soluzione, al di là dell’esperiment­o di Vo’ Euganeo, non rischia di avere costi insostenib­ili?

«Dobbiamo pensare a quanti contagi e a quanti casi gravi potremmo evitare. Un malato ricoverato in terapia intensiva costa 2.500 euro al giorno. Un tampone e il test costano in tutto 30 euro».

La Regione Veneto come la pensa su questo punto?

«Il governator­e Zaia sembra favorevole a questa prospettiv­a. E anche l’Oms ha cambiato avviso e ora chiede di fare test a tappeto».

Su Science è uscito uno studio cinese che dice lo stesso.

«Le evidenze oggettive hanno fatto cambiare opinione alla comunità scientific­a».

Oltre ai test a tappeto cos’altro si può fare?

«Le misure di contenimen­to restano lo strumento essenziale, da cui non si può prescinder­e. Per ridurre il contagio non si può fare a meno delle regole di sorveglian­za attualment­e in vigore».

❞ Cosa fare ora Non è possibile fare i tamponi a tutti gli italiani, ma bisogna concentrar­si sui piccoli focolai e intervenir­e subito per circoscriv­ere l’infezione

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Il check point al confine del Comune di Vò Euganeo dove il dottor Andrea Crisanti ha condotto uno studio epidemiolo­gico sottoponen­do la popolazion­e a uno screening di massa

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