INSEGNARE SENZA SGUARDI
Da due settimane le lezioni universitarie sono interrotte. Vengono sostituite da lezioni a distanza, secondo un rigido piano stabilito dal Rettore e dai presidenti delle Scuole.
Le lezioni avvengono per via telematica secondo programmi che generalmente accoppiano presentazioni a audio e talvolta anche a video. Non si sa quando questa sospensione cesserà e si tornerà alle lezioni frontali. Questa interruzione non è certamente dolorosa come quella che blocca attività economiche cruciali, ma non è priva di disagi e controindicazioni. Non si hanno informazioni su come una lezione telematica a distanza sia accolta e assimilata dagli studenti, forse in questo momento anche parecchio disorientati. Per molti docenti sono però un vero e proprio incubo, non tanto per l’impiego della tecnologia telematica, tutto sommato gestibile anche dai «vecchi» professori, quanto per il prodotto fornito che, malgrado tutte le «diavolerie» impiegabili, non diviene mai una lezione. Lo studente, cliccando su un’icona raffigurante un microfono, fa uscire la voce di commento alla slide, stentorea, distaccata, continua e priva di inflessioni, spesso anche irriconoscibile, del proprio docente. L’uso della presentazione con slide è ormai molto comune anche nelle classiche lezioni frontali. Ciò che adesso manca è lo sguardo degli studenti, quelli più attenti delle prime file, che accenna al docente un messaggio ora di assenso, ora di garbato dissenso. In quest’ultimo caso, l’indicazione potrebbe per esempio essere: vai alla lavagna e dettaglia il procedimento per arrivare all’espressione matematica nella slide. La mitica lavagna, già in parziale disuso, ora è del tutto eliminata. Manca anche il bisbiglio proveniente dagli studenti meno attenti degli ultimi banchi il cui messaggio è: rallenta, decanta con qualche battuta, magari con qualche subdolo riferimento all’attinenza dell’argomento trattato con il possibile testo del compito che attende gli studenti alla fine del corso. L’espediente il più delle volte funziona: il bisbiglio cessa d’incanto. Manca la vocina (generalmente di una studentessa più temeraria) che ferma il docente alla fine della lezione, mentre spenge il proiettore, chiude il pc e recupera le sue cose, per chiedere di ribadire un concetto, chiarire una nozione o esplicitare una formula.
Manca infine ciò che dà un senso compiuto a una lezione universitaria e alla missione del docente, ovvero la percezione di insegnare argomenti attinenti al mondo reale, pur partendo da argomentazioni generali e teoriche. Gli studenti mandano e-mail anche dettagliate in cerca di ausilio e spiegazioni, ma con la posta elettronica non si sorride, non si scambiano impressioni, non c’è umanità. L’intento di debellare la diffusione del coronavirus e dei suoi veleni ha interrotto, si sa, molti contatti sociali, il blocco di quello tra studenti e docenti universitari non è certamente tra i più dolorosi ma determina un impoverimento della trasmissione delle conoscenze e della cultura che forse avrà costi sociali elevati sebbene non quantificabili.