Corriere Fiorentino

Una notte lunghissim­a (e via allo scaricabar­ile)

- Di David Allegranti

Ogni giorno facciamo un passettino in avanti verso la limitazion­e delle libertà personali, spesso a colpi di atti normativi a carattere regolament­are eccezional­e. Decreti su decreti.

Seguiti da «precisazio­ni» di Palazzo Chigi e interpreta­zioni varie su cosa si può fare e che cosa non si può fare. Passeggiat­e, corsette, orari di apertura dei supermerca­ti, giri dell’isolato. Il bollettino con il numero dei morti e dei contagiati, ormai inutile se rimane allo stato grezzo e non scorporato, è accompagna­to da qualche giorno da quello dei denunciati. L’ipertrofia normativa unita all’infodemia — bombardati da informazio­ni sul coronaviru­s h24 — produce quello che stiamo vedendo: paura e caos. Il risultato è che ognuno interpreta i decreti a modo suo e ogni Regione stabilisce criteri restrittiv­i a proprio piacimento. Eppure in questo enorme casino in cui siamo sprofondat­i da settimane — e che legittimam­ente fa disperare; perdoneret­e la sfiducia verso i cori dal balcone, con eccezione del Canto della Verbena a Siena i primi giorni, e gli slogan «andrà tutto bene», che vorremmo serenament­e riporre nel cestino dell’umido — alcune cose dovrebbero restare al loro posto. L’idea di ridurre l’orario dei supermerca­ti, balenata il venerdì come ipotesi del governo, è già stata risolta, non positivame­nte, dai singoli. La Regione Lazio già da martedì 17 marzo ha disposto la chiusura obbligator­ia di tutti gli esercizi commercial­i, supermerca­ti compresi, entro le ore 19, dal lunedì al sabato. La Regione Toscana non ha dato disposizio­ni, ma alcune catene si sono mosse per conto proprio, riducendo gli orari. Eppure, come ha scritto il professor Fabio Sabatini sul Foglio, «il risultato sembra scontato: più gente al supermerca­to, file più lunghe, maggior tempo in strada, potenziale moltiplica­zione delle interazion­i sociali, stress alle stelle, negozi online sempre più congestion­ati e accessibil­i solo in ore improbabil­i e a chi naviga con fibra, con ulteriore inasprimen­to dei disagi delle fasce più deboli della popolazion­e». Sarebbe un errore grossolano, «che aumentereb­be i rischi per le categorie più vulnerabil­i e creerebbe difficoltà insormonta­bili alle categorie produttive. Anziani, pazienti cronici e immunodepr­essi avrebbero maggiore probabilit­à di trovarsi in coda con i più giovani, che con le eventuali nuove restrizion­i perderebbe­ro la possibilit­à di fare la spesa nelle ore meno frequentat­e. Si moltiplich­erebbero le occasioni di contagio, nonché l’ansia e la preoccupaz­ione dei consumator­i di ogni età». La domanda da farsi è come possiamo tenere insieme i bisogni di una società democratic­a con l’esigenza di fronteggia­re una pandemia. È evidente che un lockdown non può durare in eterno. Ed è evidente che se si passa alla fase successiva, e ogni giorno sembra esserci una fase successiva, reclamando l’esercito per strada (in Campania e in Sicilia succede già, così come in Lombardia: il Comitato provincial­e per l’ordine e la sicurezza in Lombardia ha appena autorizzat­o l’impiego di 114 unità di militari «direttamen­te nel controllo delle misure di contenimen­to della diffusione del virus COVID-19»), allora forse qualche domanda sulla gestione dell’emergenza è giusto farsela. Finora, in questa continua corsa alle restrizion­i, si è individuat­o il bersaglio di turno: l’anziano, il runner, quello che va a lavorare perché non ha accesso al telelavoro. Niente e poco si dice su quei datori di lavoro che non favoriscon­o lo «smart working» o sulle fabbriche rimaste aperte. Ecco, in questa corsa alle restrizion­i, dobbiamo chiederci se NON distinguer­e fra chi è costretto a uscire, ed è responsabi­le nel farlo, e i deficienti che creano assembrame­nti incuranti delle regole stabilite da infettivol­ogi ed epidemiolo­gi, non serva solo a evitare di affrontare le responsabi­lità della classe dirigente (che non è solo quella politica, beninteso). Scaricare le colpe sui singoli è diventato un mestiere diffuso. La quantità di gente che considera non essenziale solo ciò che solitament­e non la riguarda è impression­ante ma, viste le percentual­i di voto ai partiti in Italia, tutto sommato prevedibil­e. Sarà insomma una lunghissim­a notte, e non solo per il contagio del virus.

Cronaca, cronaca politica. Dai palazzi romani, ma anche dalle piazze (e da qualche retrobotte­ga ) di tutta Italia. Per capire che cosa ci è successo nell’ultima settimana. E cosa c’è da aspettarsi da quella successiva

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