LA SPACCATURA CHE FA PIÙ MALE
ACareggi cominciano i test a tappeto su tutti quelli che sono più esposti al contagio del Covid19: è la carta che la Toscana ha deciso di giocarsi per evitare che qui si riproponga l’ondata di infezioni che ha travolto la Lombardia. Succede all’inizio di una settimana cruciale, dicono gli esperti, per capire l’evoluzione della pandemia. E con il fiato sospeso aspettiamo l’esito di questa partita, ispirata dagli studi del professor Sergio Romagnani, storico immunologo fiorentino e tenace sostenitore dell’idea che per frenare il coronavirus bisogna trovare e isolare gli asintomatici che però possono infettare, proprio a cominciare dagli ospedali.
Ma sono giorni cruciali anche per l’economia. Italiana e, naturalmente, anche toscana. Da una parte, c’è la necessità di garantire a ogni costo la salute dei cittadini e, dall’altra, pesano le preoccupazioni per un sistema produttivo che con lo stop deciso dal governo corre il pericolo di arrivare disastrato alla fine dell’emergenza. Con dubbi sulla capacità stessa di molte aziende di riprendere la loro corsa. I dati del nostro territorio che oggi, nell’intervista che pubblichiamo a pagina 5, dà il presidente di Confindustria Firenze, Fabrizio Monsani, sono drammatici. Eppure la salvezza delle vite non può che essere la priorità assoluta. Su questo imprenditori e sindacati dovrebbero convergere, pur nella consapevolezza che le imprese sono un patrimonio prezioso di tutti: di chi ne è proprietario, di chi ci lavora, della società tutta. Come non ricordare che dal 1943 al 1945 nel Nord dell’Italia gli operai furono in prima fila nella difesa delle fabbriche dai tedeschi.
Lo sforzo comune di Confindustria e sindacato dovrebbe essere quello di premere sul governo e sul Parlamento (che prima o poi si riunirà vivaddio) per garantire ogni azione possibile (non solo di pura assistenza) per la sopravvivenza delle aziende e per la loro ripartenza, quando l’incubo del coronavirus sarà passato. Il coronavirus ora però uccide. Nessuno può ignorarlo.