Corriere Fiorentino

IL PARLAMENTO? PARE UN PESCE ROSSO

- Di Riccardo Nencini*

Caro direttore, i contagi moltiplica­no, e crescono i morti. La scienza è divisa. Chi sostiene che l’esplosione dei contagiati sia figlia del periodo precedente alle misure restrittiv­e assunte dal governo, chi si avventura, seppur cautamente, su una seconda verità: il virus potrebbe aver cambiato natura.

Sta di fatto che i tempi si allungano, il «picco» di giorno in giorno si sposta in avanti e serpeggia ovunque il terrore. La sospension­e del patto di stabilità, finalmente, ci consente di dotarci di una massa di risorse finanziari­e indispensa­bili a fronteggia­re l’emergenza economica. Se non bastasse, occorrerà attivare i fondi del Mes e i fondi del Salvabanch­e. Siamo in guerra e urgono risposte da stato di guerra. Tuttavia, se lo sguardo orbita attorno a noi, è impossibil­e non accorgersi della quotidiani­tà. Il quotidiano è fatto di mascherine che mancano, di carenza di respirator­i, di scorte di ossigeno insufficie­nti a curare i malati dentro le mura di casa. Perché si muore anche lì, in un letto di una camera ignota. Ciascuno di noi vive «militarizz­ato». Ecco, si militarizz­ino le aziende che possono produrre beni di prima necessità indispensa­bili a mettere in sicurezza medici e infermieri e a salvare una vita. Non possiamo più affidarci alla discrezion­e, ai rapporti personali di un medico con un’azienda produttric­e di respirator­i, nemmeno alle singole disponibil­ità di imprendito­ri capaci e solidali, tantomeno alle mamme e alle nonne che sanno di cucito e con ago e filo producono una mascherina per sé e per la famiglia. Ben vengano, naturalmen­te, ma temo non siano più sufficient­i.

Serve di più, e per un tempo più lungo. Ancora. Da mezzo millennio le guerre le vincono gli Stati. Perché? Perché gli Stati sono dotati di mezzi adeguati, di un unico vertice di comando e soprattutt­o perché dispongono di una narrativa adeguata a mobilitare il popolo. È quanto serve anche a noi. Un’autorità centrale riconosciu­ta che metta ordine nel caos di questi giorni avvalendos­i della scienza.

Domando: è giusto che i singoli comuni, separatame­nte da un quadro d’insieme, adottino ordinanze l’una diversa dalle altre? È quello che sta accadendo. Sindaci che invocano — e deliberano — restrizion­i ulteriori nel fare la spesa contro altri sindaci che vi si oppongono. Passeggiat­a col cane solo a un passo dall’abitazione oppure in prossimità. Quanto alle regioni, un’autentica babele. A fin di bene, certo, ma pur sempre disposizio­ni in conflitto. L’autorità dello Stato deve manifestar­si in particolar­e nei momenti difficili. Adesso! Questa seconda consideraz­ione apre il varco a una terza. La costituzio­ne italiana, a differenza di quella francese, non consente di accedere a misure eccezional­i che mettano in un canto lo stato di diritto. A tal fine, i costituzio­nalisti Michele Ainis e Cesare Pinelli si sono chiesti se l’amministra­tore possa decidere senza consultare i propri amministra­ti. E si sono risposti: no, va serbato il primato delle assemblee elettive. Condivido.

Di faccia a una guerra il Parlamento non può restare in silenzio come un pesce rosso. Deve far sentire la sua voce a sostegno di chi porta responsabi­lità più alte, deve dimostrare di essere al fianco di chi soffre nel chiuso di due stanze o in una corsia di ospedale. Si chiama fare il proprio dovere nelle sedi dovute senza ricorrere esclusivam­ente alle pagine di un giornale.

Insomma, sia il Parlamento a orientare l’azione del Governo.

L’obiettivo Le guerre le vincono gli Stati. Ora qui serve un’autorità centrale che metta ordine avvalendos­i della scienza

Gli equilibri Va del difeso Parlamento il primato che deve fare sentire la sua voce e dimostrars­i vicino a chi soffre nelle corsie

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