Corriere Fiorentino

Il medico costretto a casa dal virus «La cosa peggiore è essere inutile»

Contagiato forse in ospedale: avevo solo mascherine chirurgich­e

- di Giulio Gori

❞ La nostra categoria doveva essere protetta molto prima, ora si devono fare più tamponi possibili

«Se va avanti così, mi è andata bene. Per me è stata come una lieve influenza. Ho avuto febbre, tosse, dolori muscolari, mal di testa, stanchezza, spaesament­o. Ma tutto sommato nulla di grave. Il problema è che questo contagio non si ferma. E non a tutti va bene come a me». A parlare è un medico specialist­a di un ospedale fiorentino, da giorni chiuso in casa, da solo, con la conferma del tampone della sua positività al Covid.

Dottore, come sta vivendo la malattia?

«Poteva andare peggio. Sono a casa, da solo, ma sono autosuffic­iente, riesco ad accudire il gatto, soffro un po’ di solitudine. La mia fortuna è che prima di ammalarmi ero stato al supermerca­to, sia chiaro, con la mascherina, e avevo fatto una grossa spesa. Poi ho una vicina di casa che mi lascia quel che mi serve fuori dalla porta».

E l’isolamento?

«Male. La cosa peggiore è rendersi conto che stare a casa significa non poter aiutare i pazienti in ospedale, né dare una mano ai colleghi che sono sempre più soli. Per un medico è la cosa più frustrante».

Lei pensa di essere stato contagiato in ospedale o altrove?

«Non lo so, è probabile che sia successo in ospedale. Per chi come me lavora in un reparto Non Covid, i rischi in teoria sarebbero di meno, ma almeno fino a quando ero in corsia, prima di ritrovarmi in quarantena a casa, noi non avevamo che mascherine chirurgich­e, che non servono a non essere contagiati. Non so se ora i miei colleghi siano stati attrezzati, ma certi provvedime­nti avrebbero dovuto essere presi da molto tempo».

Lei ha avuto difficoltà a farsi fare il tampone?

«Sono stato qualche giorno a casa, febbricita­nte, prima di poterlo fare. So che in ospedale si sono mossi per me, altrimenti non l’avrei ottenuto».

Giusta quindi la strategia dei tamponi a tutti i sanitari?

«Credo poco nelle mezze misure. Farlo a noi sanitari sarebbe giusto, in teoria. Ma se lo fanno solo a noi e non si interrompe il contagio, il risultato è che noi ci infettiamo tutti, ci mandano a casa e in ospedale non resta più nessuno. Bisogna cambiare prospettiv­a su questo punto».

Ovvero?

«Fare i tamponi ai giovani, che sono il veicolo asintomati­co del contagio, per interrompe­rlo. Come hanno fatto in Corea del Sud».

Da medico, cosa si sente di dire ai cittadini?

«Le persone devono stare a casa. Uscire solo per necessità, farlo con le mascherine. E, magari andare pure a prendere un po’ d’aria, ma solo se non c’è nessuno intorno. Se le misure di contenimen­to non vengono rispettate, il virus continua a circolare. E noi medici ci ritroviamo infettati a nostra volta, e non possiamo più curare i pazienti. Se poi ci aggiungiam­o che non ci vengono dati gli strumenti per proteggerc­i, la cosa finisce male. È un circolo vizioso che dobbiamo interrompe­re».

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