Il decreto e la Leonardo di Campi «State a casa, anzi no: lavorate»
Sciopero all’azienda ex Finmeccanica: «Necessario garantire la sicurezza»
«Sabato sera il presidente del Consiglio ci ha detto che non si lavorava, ma il giorno dopo abbiamo scoperto che non sarebbe stato più così». Stefano Angelini, delegato sindacale per lo stabilimento della Leonardo di Campi Bisenzio, è furente. Sono circa 900 i lavoratori dell’industria del gruppo ex Finmeccanica che ieri mattina hanno incrociato le braccia per protestare contro la scelta del governo.
Lo sciopero ai tempi del coronavirus è un manifesto di assenza, di rifiuto di recarsi al lavoro, come racconta l’immagine dell’ampio parcheggio vuoto di fronte allo stabilimento in via delle Officine Galileo. «Nella prima stesura del decreto le aziende dell’area Spazio erano state incluse nella lista di quelle che avrebbero sospeso le proprie attività perché non essenziali. Ci pareva normale e doveroso. Poi è intervenuta Confindustria — spiega Daniele Calosi, responsabile provinciale di Fiom — facendola depennare dalla lista, mentre semmai sarebbe opportuno si fermasse tutto tranne quello che riguarda la produzione per la sicurezza nazionale». Il punto di rivendicazione degli operai sta proprio nel fatto che il decreto, così com’era stato riferito dal presidente del Consiglio Giuseppe, sembrava tranquillizzare i dipendenti. Leonardo, infatti, è dotata di aree e funzioni strategiche, ma a quanto pare residuali rispetto al cuore della produzione: il migliaio di tute blu del sito si occupano per lo più di elettro-ottica e nuove tecnologie, funzioni che stando alle rivendicazioni sindacali sarebbero riconducibili per lo più alla possibilità d’esser ricondotte al lavoro da casa. Nelle prime settimane di emergenza e lotta contro la diffusione del coronavirus ad alcuni di loro è stata data questa possibilità. Ma sono centinaia quelli che anche ieri si sarebbero dovuti recare al lavoro per eseguire comunque mansioni meccaniche con macchinari a controllo numerico.
«Lo sciopero è un atto necessario alla messa in sicurezza dei lavoratori», spiega ancora Stefano Angelini, che a questo punto attende il pronunciamento del prefetto di Firenze Laura Lega. «Il decreto stabilisce che sia il prefetto ad autorizzare o meno le aziende a continuare a lavorare. Attendiamo il pronunciamento, consapevoli del fatto che a seconda del suo esito potremmo anche prolungare le nostre proteste». Il settore dell’aerospazio rimane comunque nella lista delle aziende che possono continuare le proprie attività inserita nel decreto governativo. I dipendenti della Leonardo lamentano però sia il merito che il metodo della decisione: «Non si può fare questa discussione pensando solo al codice Ateco (il codice identificativo alfanumerico acronimo di Attività Economiche che indica il tipo di filiera produttiva, ndr), bisogna che si parli delle funzioni. Leonardo si occupa infatti di diversi settori, dall’immobiliare alla logistica».
Il passo che chiedono gli operai sarebbe dunque quello di individuare quali sono le produzioni specifiche che sono essenziali all’interno dell’azienda. «A Campi Bisenzio — puntualizza Angelini — si produce soprattutto elettroottica per gli elicotteri. Se l’apparecchiatura per un velivolo non dovesse esser pronta tra 15 giorni come previsto — si chiede retoricamente — potrebbe esser considerata un’azione non funzionale alle necessità del Paese?». Gli operai attendono ora la decisione del prefetto, ricordando che lo spirito con cui si recherebbero al lavoro sarebbe «molto negativo, dato che si chiede a tutti di uscire il meno possibile se non per motivi essenziali e a noi si chiederebbe di andare ogni giorno al lavoro per una produzione che non lo è».
Dal loro canto i vertici di Leonardo hanno reso pubblica una nota nella quale si replica che «il settore dell’azienda è altamente strategico» e l’obiettivo «è garantire la continuità produttiva ma senza alcun compromesso sulla sicurezza e la salute».
La replica I vertici dell’industria: «Il nostro settore è strategico, vogliamo garantire la continuità produttiva senza compromessi sulla salute»