Arbasino, cronache fiorentine di un grande
Ricordo dello scrittore scomparso ieri, tra Maggio, Vieusseux e «Le due orfanelle»
In un caldo pomeriggio di primavera del 2002, improvvisamente arrivò Alberto Arbasino, scomparso ieri a 90 anni, tutto vestito di giallo, in una scalatura da cromo a canarino, sussurrandomi all’orecchio: «parola in codice: yellow». Il riferimento era al coloratissimo, quanto discusso, allestimento al Maggio de Les Troyens di Berlioz, firmato da Graham Vick.
Dello scrittore Firenze conserva all’Archivio Bonsanti del Vieusseux, numerosi testi, tra cui il dattiloscritto originale di
Le due orfanelle. Un pamphlet scatenato, edito da Feltrinelli nel 1968, che trattava di Firenze e Venezia come luoghi propensi a un eccessivo culto del proprio passato, usando come titolo il romanzone ottocentesco di D’Ennery e Cormon che sullo schermo aveva interpretato il suo amico Paolo Poli, a fianco di Miriam Bru, in una dimenticata pellicola di Giacomo Gentilomo. Del Maggio frequentava invece gli spettacoli dagli anni ’50. Aveva anche interpellato Bonsanti per sapere se gli intellettuali delle Giubbe Rosse fossero stati in massa al primo festival del 1933, con i famosi e controversi Puritani con le scene squillanti di De Chirico, ma pare che in quei circoli all’inizio avessero dato poca confidenza alla manifestazione. Invece il giovane scrittore, a lungo in contatto con Anna Banti per la redazione di Paragone, che ospitò molte sue pagine, ne fu a lungo un habitué.
Di andare a vedere spettacoli a Firenze già parlano le voci narranti della sua opera prima, Le piccole vacanze (1957), in cui il titolo civettava magistralmente con la provocazione estrema di Raymond Radiguet che ne Il diavolo in corpo aveva definito la Grande Guerra, come les grandes vacances. In tutti i vari su e giù per l’Italia di Antonio e l’Elefante, protagonisti di Fratelli d’Italia (1963) nelle loro varie scorribande si dirigono verso le rive dell’Arno. I legami con Firenze e la Toscana erano dati anche dalla frequentazione romana nella comune di Via dei due Macelli, in cui dimoravano Alfredo Bianchini, Mauro Bolognini, Piero Tosi, Franco Zeffirelli e passava spesso Poli, quando non faceva il professore di francese. Altrettanto forte il legame con Sylvano Bussotti, che cita, con una cartolina, nel romanzo pop-decadente Supereliogabalo (1969). Nel suo capitale Grazie per le magnifiche rose,
❞ Nel suo pamphlet del ‘68 scrisse che Firenze e Venezia erano propense a un eccessivo culto del passato
summa della sua opera di critico di teatro e opera, in cui spesso compare il Maggio, salutava da Palermo il trionfo di scandalo della Passion selon Sade. «Un gran bel colpo non solo di teatro musicale, ma di teatro tout court, la Passion selon Sade di Bussotti, pare basato sull’affascinante presupposto d’una intercambiabilità totale tra strumenti musicali e strumenti di tortura».