Corriere Fiorentino

Intervista col leader di Italia Viva Renzi: né morire di virus né di fame, prepariamo­ci a ricostruir­e la Toscana

Matteo Renzi: nuove infrastrut­ture, riforma del credito e sviluppo digitale sono le strade per uscire da una crisi che cambierà il profilo della Toscana

- Di Paolo Ceccarelli

«Non dobbiamo morire di coronaviru­s ma neanche di fame. E la politica deve essere capace di costruire da subito la Toscana del post-virus, perché dopo questa emergenza il mondo non sarà più lo stesso». Il leader di Italia Viva Matteo Renzi lancia

tre sfide per la regione del futuro: ripartire dalle grandi opere («non solo Peretola, anche la Tirrenica, la Due Mari e il potenziame­nto della Firenze-Mare»), dal 5G «ovunque e per tutti», a una riforma di FidiToscan­a e un ruolo diverso delle grandi banche nell’accesso al credito.

«Ora è il momento di stringere i denti. Ma la politica deve anche iniziare a costruire la Toscana del post-coronaviru­s: o lo facciamo adesso o perderemo una grande opportunit­à, perché dopo questa crisi ci può aspettare un nuovo rinascimen­to». Matteo Renzi è a casa («e dove sennò?»), legge agenzie di stampa e sms («C’è un aggiorname­nto da parte di Borrelli?»), e si prepara al dibattito di domani in Senato.

Senatore Renzi, come valuta il decreto legge del governo che dà alle Regioni il potere di adottare misure più restrittiv­e ma con il placet di Palazzo Chigi?

«Serve una premessa: soprattutt­o su questioni così serie, bisogna abituarsi a giudicare i testi dopo che sono pubblicati e non prima. Il caos normativo è da evitare sempre, in un’emergenza del genere ancora di più. Detto questo, c’è un punto che torna in evidenza: la questione del Titolo V. Piaccia o non piaccia, il benedetto referendum del 2016 affrontava esattament­e il nodo del rapporto tra Stato e Regioni. È antipatico dirlo? Forse, ma non si può negare la realtà».

Tutti dicono: bisogna tenere insieme lavoro e salute. Ma sulla chiusura o meno delle fabbriche è in corso un duro scontro tra imprese e sindacati. Al di là delle frasi di circostanz­a, in un’emergenza del genere la difesa della salute e la tutela delle aziende sono inconcilia­bili?

«Le cassiere dei supermerca­ti vanno a lavorare, così come i carabinier­i, gli idraulici, per non dire dei medici e degli infermieri. Quindi non ha senso dire che salute e lavoro sono “inconcilia­bili”: il punto è come conciliarl­i. Perché io non voglio morire di Covid-19 ma neanche di fame. Oggi Goldman Sachs dice che l’Italia perderà 11 punti di Pil. Un equilibrio va trovato per forza, anche perché io penso che noi avremo a che fare con questo virus ancora per un anno, quando come noi tutti ci auguriamo il vaccino inizierà a produrre i suoi effetti. Ed è impensabil­e stare chiusi in casa dodici mesi e campare di pane, amore e fantasia...».

Come giudica lo sciopero generale indetto per oggi dai sindacati?

«Il sindacato fa il suo mestiere e io ho rinunciato da tempo a giudicarlo. C’è un principio generale però: le regole si rispettano. E se le attuali norme prevedono che alcune industrie stiano aperte, le si rispetta. In questo clima occorre che ognuno di noi faccia ogni sforzo per rispettare le regole. E va detto che gli italiani sono bravissimi: è da 15 giorni che siamo chiusi in casa e stanno tenendo i nervi saldi».

Ma non è stato un errore rimettere mano in corsa all’elenco delle aziende che potevano restare aperte? I lavoratori della Leonardo di Campi, per fare un esempio, sono andati a letto sabato sera sapendo che il lunedì sarebbero dovuti restare a casa e poi durante la giornata di domenica è stato deciso il contrario...

«Che la comunicazi­one istituzion­ale non sia stata brillantis­sima sono stato il primo a dirlo. Per questo ho suggerito al presidente del Consiglio di gestire la comunicazi­one in un modo più improntato alla delicatezz­a che comporta un’emergenza come questa e meno al Grande Fratello».

Il presidente di Confindust­ria Firenze Fabrizio Monsani auspica un commissari­o straordina­rio per la ricostruzi­one dell’economia regionale dopo la fine dell’emergenza sanitaria. Che ne pensa?

«Distinguia­mo. Benissimo il commissari­o per le opere pubbliche. Mi pare invece un po’ esagerato il commissari­amento della politica. Voglio dire che per gestire i fondi europei non serve un commissari­o ma un presidente della Regione. Si chiama democrazia: esercizio faticoso ma essenziale. È per questo che io non rinvierei troppo in là le elezioni regionali».

Vorrebbe votare a luglio, massimo a settembre?

«Vediamo come evolve la questione sanitaria, quella è la priorità ora. Ma alle urne bisogna andare il prima possibile, anche perché questa idea che non si voti è un po’ antipatica. Non ho difficoltà a dire che il governator­e e l’assessore Stefania Saccardi stanno facendo un lavoro straordina­rio e che noi tutti dobbiamo dare loro una mano».

Secondo lei il coronaviru­s cambierà anche il quadro politico nazionale e toscano?

«Di più. Dopo il coronaviru­s ci sarà proprio un altro mondo a livello europeo e internazio­nale».

Volo più basso: Eugenio Giani, a differenza di Rossi, non si è mai occupato direttamen­te di sanità. Non è che questa emergenza complicher­à la sua corsa a governator­e?

«Sinceramen­te penso di no».

Ma lei come se la immagina la ricostruzi­one e la Toscana post-virus?

«Quello che ci aspetta nel breve periodo è purtroppo un vero e proprio disastro economico. Ma oltre questa crisi gravissima c’è una gigantesca opportunit­à per i toscani e per la Toscana. Ma per coglierla dobbiamo iniziare a pensare il futuro post-coronaviru­s ora, non tra un anno. Faccio qualche esempio concreto. Io mi immagino che FidiToscan­a possa essere trasformat­a in uno strumento più proattivo, con poteri di intervento più diretti, per sostenere i settori dell’economia che saranno più colpiti dal blocco causato dal virus. E il sistema bancario toscano, i cui principali player sono Intesa San Paolo e Mps, dovranno fare un grande lavoro sul fronte dell’accesso al credito. Ancora: finita la tempesta, finite le limitazion­i alla mobilità delle persone, sarà ancora più urgente sbloccare le opere pubbliche...».

Come il potenziame­nto dell’aeroporto di Peretola, che però poco prima dell’esplosione in Italia dell’epidemia è stato bocciato dal Consiglio di

Stato...

«No, non mi riferisco solo a Peretola. Penso alla pista parallela, certo, ma anche alla realizzazi­one della Tirrenica, al potenziame­nto della Firenze-Mare, al completame­nto della Due Mari. E poi c’è un altro tema fondamenta­le troppo spesso sottovalut­ato: la banda larga. Io sono quello che veniva preso in giro: “Ecco il fissato di Internet, pensa di risolvere i problemi con un clic...”. Eccoci qua: in questa emergenza abbiamo visto quanto sia centrale un’infrastrut­tura digitale degna di questo nome. Detto in termini più chiari: serve il 5G. Ovunque. Per tutti. Anche perché i tanti che oggi lavorano in smart working non torneranno subito tutti in ufficio».

Prima di tutto questo, però, c’è l’oggi. E oggi moltissime imprese, soprattutt­o quelle piccole e medie, rischiano di non reggere.

«Vero. Oggi abbiamo due priorità: quella sanitaria, curare i malati e sostenere le loro famiglie, e quella economica, e cioè fare di tutto perché le aziende non vadano a capitombol­o. La prima cosa da fare è rinviare tutte le scadenze che incombono sulle Pmi».

Sì, ma come?

«È molto semplice. Lo Stato e le banche devono rinviare il pagamento delle imposte e delle rate dei mutui. Punto. Oggi un imprendito­re, ma anche un cittadino che fa l’impiegato, non può pagare. Detto tutto questo, sono convinto che il dopo-emergenza vada costruito da subito. Perché saremo davvero in un altro mondo, a cui forse ora non siamo preparati».

Che vuole dire?

«Oggi stiamo guardando il trailer del film “Cosa succedereb­be in un mondo governato dai novax e dai sovranisti”. La risposta è che la gente si ammalerebb­e e i sani dovrebbero stare chiusi in casa. Ma io credo che il grande spavento di oggi ci spingerà esattament­e nella direzione opposta. Ad esempio saremo più vicini agli Stati Uniti d’Europa che al modello sovranista».

E la paura di oggi dove porterà la Firenze di domani?

«Lei si ricorda tutti quelli che dicevano “ma speriamo che tutti questi turisti vadano via”? Ecco, ora possono ammirare, si fa per dire, cosa significa l’applicazio­ne letterale del loro desiderio. E credo che cambierann­o un po’ idea. Ci stiamo accorgendo ora di quanta economia e di quanta cultura muovono gli studenti americani che vengono a studiare qui. Ai fiorentini dico: nel 1348 Firenze fu massacrata dalla peste, ma dopo il disastro iniziò il percorso che portò al Rinascimen­to. Anche oggi la strada è difficilis­sima. Ma stringiamo i denti e andiamo avanti. Quando ne usciremo, potremo costruire un nuovo rinascimen­to».

La proposta di Monsani L’idea del presidente di Confindust­ria mi convince sulle infrastrut­ture, ma no al commissari­amento della politica: è bene votare il prima possibile ❞

Messaggio ai fiorentini Nel 1348 la città fu massacrata dalla peste, ma dopo il disastro iniziò il percorso che portò al Rinascimen­to Oggi può succedere una cosa simile

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Matteo Renzi, leader di Italia Viva, durante una diretta social dal suo ufficio in Senato
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