Strategiche o no? C’è chi ci prova Ancora scioperi nelle fabbriche
L’allarme dei sindacati. Protesta anche alla Kme e al Nuovo Pignone
È lunga la lista delle aziende che hanno chiesto alle Prefetture della Toscana di poter rimanere aperte in deroga alle disposizioni del decreto che impone di fermare tutte le attività produttive, salvo quelle ritenute «strategiche». E si allunga anche la lista delle proteste dei sindacati che chiedono di non far scivolare la tutela della salute dei lavoratori dietro alle ragioni del business. Secondo i sindacati, infatti, non sono poche le aziende che stanno cercando di aggirare i paletti del decreto per rimanere operative anche se le loro attività sono tutt’altro che «strategiche», magari con l’obiettivo di conquistare quote di mercato in un momento di stallo globale a scapito di chi invece attua le rigide disposizione del Governo e ferma la produzione. Anche perché, le aziende che hanno fatto richiesta di deroga alle Prefetture, continuano a rimanere aperte in attesa del responso. Per questo lunedì e ieri hanno scioperato i lavoratori della siderurgia di Piombino, una protesta che è riuscita nello scopo: nel pomeriggio di ieri, infatti, Jsw, Piombino Logistics, Liberty Magona, Tenaris Dalmine e Gsi hanno incontrato i lavoratori e trovato l’accordo per fermare la produzione e mettere tutti i dipendenti in cassa integrazione fino al prossimo 3 aprile.
Ieri hanno incrociato le braccia anche i lavoratori della Kme, quelli della Abb e della Fimer di Arezzo. «Dalla provincia di Arezzo stanno arrivando alla Prefettura tantissime richieste da parte di aziende il cui codice Ateco non è previsto nell’elenco delle deroghe ammesse dal Governo ma che dichiarano di essere inserite in filiere strategiche, pur non essendolo», dice Ilaria Paoletti, segretario della Fim Cisl di Arezzo. «Queste aziende possono continuare a lavorare finché la Prefettura non si pronuncia, ma il decreto non prevede alcun termine perentorio per il pronunciamento. Noi stiamo segnalando alla Prefettura le tantissime situazioni dubbie, come quella della Fimer che produce inverter e schede digitali ma sostiene di poter rimanere attiva perché collegata della Fimer di Vimercate che, a suo volta, fornisce Enel».
Sciopero lunedì e ieri negli stabilimenti di Leonardo Finmeccanica, così come al Nuovo Pignone, dove però l’azienda ha convocato i sindacati per questa mattina: l’obiettivo è chiudere un accordo che consenta di proseguire soltanto nell’attività di manutenzione delle macchine di clienti che rappresentano l’interesse nazionale (come Snam ed Eni, ad esempio), sospendendo tutto il resto. Per le stesse ragioni oggi sciopereranno i 240 addetti della Atop di Tavarnelle in Val di Pesa, azienda che produce macchine per la realizzazione di motori elettrici.
I sindacati puntano il dito contro la scelta «incomprensibile e ingiustificabile da parte delle aziende che cercano di forzare la mano per rimanere aperte, mentre in questo momento è di prioritaria importanza tutelare al massimo la salute dei lavoratori e mettere in campo tutte le misure possibili per evitare un collasso del sistema sanitario nazionale».
Ma non sono solo le «tute blu» ad alzare la voce. Anche i sindacati dei bancari ieri hanno minacciato lo sciopero, rientrato dopo oltre tre ore di confronto con l’Abi: in filiale si potrà accedere solo su appuntamento, una misura chiesta dai lavoratori che hanno denunciato di non avere a disposizione sufficienti dispositivi di protezione dal contagio, soprattutto in vista dell’ondata di clienti attesa ad inizio aprile per le pensioni.
Fronte banche Anche i sindacati dei bancari hanno minacciato lo stop, poi ieri l’intesa: le filiali resteranno aperte soltanto su appuntamento