Il virus e la giustizia
MENO CRIMINI, SPERIAMO ANCHE DOPO
Caro direttore, come tante altre attività, quella dei giudici e dei pubblici ministeri, è rallentata progressivamente con l’avanzare della pandemia di coronavirus. Un decreto ha previsto la sospensione e il rinvio dei processi, a meno che non ci siano imputati in custodia cautelare o sottoposti a misure che limitano la libertà personale e che facciano richiesta di essere giudicati. Sono stati sospesi progressivamente tutti i termini che potevano scadere durante questo periodo. Quelli delle indagini preliminari, per la presentazione degli appelli, per il deposito delle sentenze. Molti Procuratori hanno previsto che le attività urgenti ad esempio gli arresti in flagranza, siano garantite da un numero ridotto di magistrati e personale amministrativo. Gli altri possono lavorare da casa al fine di circoscrivere al massimo le possibilità di contagio. In queste giornate rarefatte, con le citta semi vuote dove solo le persone che hanno giustificati motivi si muovono (salvo i soliti furbetti che rischiano di fare slittare ancora questo periodo in avanti contagiando altre persone), un pubblico ministero si interroga sull’utilità del suo lavoro. Certamente il nostro è un servizio pubblico essenziale, anche se meno di altri. Interveniamo laddove i cittadini non rispettano le regole di convivenza e violano le norme penali. Un pm indaga per raccogliere prove di reati commessi, chiede l’arresto delle persone per evitare che proseguano, sostiene l’accusa nei processi e chiede la condanna degli imputati se le prove sono solide. I giudici penali decidono se condannare o assolvere e scrivono poi le sentenze. Da quasi due settimane l’intera Italia si è fermata mentre il virus invisibile avanza. Quando si pensa a sopravvivere, i valori e anche i disvalori cambiano. Chi non deve lavorare in ospedale, ufficio, in fabbrica per salvare le vite e garantire i servizi essenziali, sta a casa. Il numero di crimini è diminuito. Gran parte di chi commetteva reati per vivere o per arricchirsi, si prende forzosamente una pausa. Nello sforzo di trovare in questi giorni un faro che ci guidi in queste tenebre di dolore e di paura, si è parlato dei valori della famiglia, dell’amore e dell’amicizia anche a distanza, dell’importanza della riflessione, dell’imparare, della lotta richiesta anche alle nuove generazioni nate in una società del benessere. Me ne viene in mente un altro. Chissà che la lotta per la vita non faccia rinascere in ognuno di noi il rispetto degli altri, delle regole, del vivere senza invadere, colpire, maltrattare, rubare, corrompere, frodare il fisco, uccidere. Che trovarsi a un passo dall’abisso non faccia comprendere che una società solidale è una potenza decuplicata. Fate diminuire il lavoro di noi magistrati, per favore, anche in tempo di pace.