I BAMBINI L’ORA D’ARIA, L’ORIZZONTE
Che la quarantena sia una dura prova per i bambini è un dato di fatto: in questo momento hanno perso, per un periodo di tempo che comunque sarà limitato, scuola, attività sportive, musicali o ricreative in generale.
Tutto quell’insieme di rapporti sociali, cioè, che gli permetteranno di costruire pian piano una propria identità al di fuori del contesto familiare. Ma che sia necessaria una passeggiata di una mezzoretta per fargli vivere meglio questo momento delicato per la salute di tutti — grandi e piccini — è tutt’altro che dimostrabile. Ha detto bene il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, nella risposta alla petizione di un gruppo di genitori: «Credo proprio sia meglio avere bambini annoiati che bambini malati di coronavirus. Ma davvero un genitore ha bisogno di un’ordinanza per affrontare questa emergenza con i propri figli? Io sono convinto che basta usare buon senso, giocare sulle scale, davanti al proprio garage, a turni nei giardini condominiali, di fronte casa». L’impressione, insomma, è che la passeggiata sia d’aiuto più alle mamme e ai papà. Certo, non è facile gestire uno, due, tre bambini in casa, soprattutto se poi il padre o la madre (e in alcuni casi entrambi) sono impegnati nel cosiddetto «lavoro agile», che poi diventa tutt’altro che agile. Situazioni straordinarie però hanno bisogno di risposte straordinarie, cioè fuori dagli schemi seguiti finora. Nei ritmi frenetici della vita pre pandemia molti genitori non erano abituati a vivere una presenza così costante con i figli. Ma ciò che conta non è tanto esserci o non esserci fisicamente, ma mantenere un rapporto sempre profondo con i bambini. È questo quello che sentono, è questo quello che chiedono, in mille modi diversi, a noi adulti. La casa, inoltre, non è solo mura, mobili ed elettrodomestici: dovrebbe essere anche il luogo degli affetti, un rifugio sicuro. Più i bambini lo avvertono, meno hanno bisogno della mezzora d’aria. «Se avete la possibilità — scriveva qualche giorno fa su Facebook la scrittrice e psicologa Costanza Jesurum — attivate dei canali perché possano parlare con i loro pari: skype, telefonate. Levatevi dalla testa che il decreto avrebbe dovuto scrivere delle cose sul portare i bambini fuori, perché è una finta, non è il problema vero, non è così drammatico per loro, ma se lo pensate vi crederanno». La permanenza forzata in casa durerà ancora qualche settimana, ma prima o poi finirà. La sfida piuttosto è gettare ora le basi per il dopo, quando noi e i nostri figli dovremo confrontarci con un mondo ferito e completamente diverso, a cominciare proprio dai rapporti sociali. Ed è allora che si dovrà pensare prima di tutto a loro, ai bambini e agli adolescenti, perché abbiano di fronte un orizzonte molto più vasto di una passeggiata di qualche minuto.